Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5404 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 27/02/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 27/02/2020), n.5404

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3927-2014 proposto da:

ENTE NAZIONALE PER LA CELLULOSA E PER LA CARTA – LIQUIDAZIONE

UNIFICATA E.N. c.c. E SOCIETA’ CONTROLLATE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA

DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente-

contro

R.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO 2,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO ZAZA, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9941/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/02/2013 R.G.N. 10170/2007.

Fatto

RILEVATO

CHE:

R.L., già dipendente di Siva s.p.a, controllata dell’Ente Nazionale per la Cellulosa e per la Carta (ENCC), in esito all’apertura della liquidazione coatta amministrativa dell’Ente e delle sue controllate, con successiva soppressione di ENCC ed con unificazione della procedura liquidatoria del medesimo e delle predette controllate, è stata immessa, ai sensi del D.L. n. 240 del 1995, art. 2, comma 2 e 3, conv. in L. n. 337 del 1995, in un Ruolo Unico Transitorio (RUT), in vista del trasferimento presso amministrazioni pubbliche;

tale inquadramento nel RUT è avvenuto a decorrere dal 1.8.1995, sulla base di apposite tabelle di equiparazione, predisposte dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con collocamento nel quarto livello del comparto Ministeri, venendo poi essa trasferita presso I’ENFAP a far data dal 1.5.1999;

successivamente la R. aveva ottenuto dal Tribunale di Roma sentenza di riconoscimento dei confronti della Siva s.p.a. del diritto al superiore inquadramento a far data dal 1.1.1992 e fino al 31.7.1995;

in esito a tale sentenza la R. ha quindi ottenuto decreto ingiuntivo con cui è stato intimato alla Liquidazione unificata ENCC e società controllate al pagamento della somma di Euro 12.465,28 oltre accessori per il periodo 1.1.1992-30.4.1999; l’opposizione proposta avverso tale decreto ingiuntivo dalla Liquidazione unificata è stata rigettata dal Tribunale di Roma, con sentenza poi confermata dalla Corte d’Appello della stessa città;

la Corte territoriale riteneva la sussistenza della giurisdizione ordinaria, richiamando il decisum di Cass., S.U., 29 maggio 2012, n. 8521 e rimarcando l’irrilevanza dell’anteriorità al 30.6.1998 degli atti di inquadramento contestati, in quanto ciò che rilevava era “il possesso della qualifica corrispondente al profilo professionale”; nel merito il giudice di appello osservava come la sentenza di accertamento dello svolgimento di mansioni superiori e del relativo diritto al superiore inquadramento presso Siva s.p.a. fosse stata resa anche nel contraddittorio della Liquidazione Unificata e pertanto faceva stato verso di essa, sicchè il Commissario era tenuto a riconoscere, nell’inquadramento presso il RUT, del maggior livello accertato, trattandosi di successione a titolo universale con meccanismo analogo a quanto previsto dall’art. 2112 c.c.;

la Liquidazione Unificata dell’ENCC e società controllate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale pronuncia con cinque motivi, resistiti dalla R..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo la ricorrente afferma, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1, la violazione e falsa applicazione dell’art. 37 c.p.c., nonchè del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7;

il secondo motivo denuncia sempre la violazione dell’art. 69 cit., ma questa volta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3;

i due motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati;

va premesso che, con decreto 10 settembre 2018, il Primo Presidente ha disposto che fossero assegnati a questa Sezione i ricorsi che pongono questioni di giurisdizione attinenti al settore del pubblico impiego privatizzato ed è su tale base, con particolare riferimento al richiamo, nel predetto decreto, agli indirizzi in tema di “discrimine temporale del 31.12.1998”, che in questa sede si procede, senza remissione alle Sezioni Unite, alla disamina dei corrispondenti profili;

la questione di giurisdizione è peraltro infondata;

le pretese, riguardando il periodo che va dal gennaio 1992 all’aprile 1999, sono in parte anteriori ed in parte posteriori al momento temporale (30.6.1998) in cui la giurisdizione anche sul pubblico impiego è stata attribuita all’autorità giudiziaria ordinaria;

vale pertanto il principio per cui “sono devolute al giudice ordinario le controversie nei confronti (…) riguardanti l’inquadramento superiore e le relative differenze retributive (…) con riferimento a mansioni svolte (…) “a cavallo” della data del 30 giugno 1998, in ragione del principio dell’infrazionabilità della giurisdizione nei casi contraddistinti dall’unitarietà della questione di merito dedotta in giudizio” (Cass. 28 novembre 2017, n. 28368) e quindi correttamente il giudice d’appello ha ritenuto, anche al di là della considerazione che fino al 31.7.1995 il rapporto è intercorso con una società per azioni, di poter decidere nel merito, senza pertanto ravvisare alcuna decadenza, ex art. 69 cit., dalla pretesa esercitata;

con il terzo e quarto motivo la Liquidazione Unificata afferma, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 e 2112 c.c., nonchè della L. n. 513 del 1994, artt. 1 e 2 sostenendo che il giudicato non poteva essere opposto al Commissario, che aveva preso parte al giudizio soltanto come “assuntore”, sicchè non vi era coincidenza tra la parte convenuta nel giudizio, ovverosia la Siva s.p.a. in l.c.a. e l’opponente del decreto ingiuntivo, ovverosia la Liquidazione Unificata, non potendosi neppure parlare di un unitario rapporto di lavoro, trattandosi di un nuovo rapporto intercorso con la gestione liquidatoria, privo di qualsiasi legame giuridico con quello precedente, non ricorrendo gli estremi per l’applicazione dell’art. 2112 c.c., nè determinandosi, sulla base del D.L. n. 240 del 2005, alcun fenomeno successorio tra le società preesistenti e la Liquidazione Unificata;

i motivi sono infondati;

il D.L. n. 513 del 1994 ha disposto la liquidazione dell’ENCC, con previsione (art. 1, comma 3) di possibile apertura della liquidazione coatta amministrativa per le società da esso controllate, come è pacifico sia avvenuto per la Siva s.p.a. di cui la R. era dipendente;

l’art. 3 medesimo D.L. ha previsto che il personale fosse trasferito, “con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri…. presso altre amministrazioni dello Stato, enti pubblici o regioni, su proposta del Ministro per la funzione pubblica e del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, previa intesa con l’amministrazione interessata”;

quindi, medio tempore i rapporti di lavoro, in attesa della definizione di quei trasferimenti, sono proseguiti presso l’ENCC o le controllate;

il D.L. n. 540 del 1995 ha poi stabilito la soppressione dell’ENCC e la unificazione della procedura liquidatoria del medesimo con quella delle società controllate;

Il D.L. n. 540 cit., art. 2 ha quindi affermato (comma 2) che “il personale dipendente dall’ENCC e dalle società controllate cessa dal servizio alla data del 31 luglio 1995”, stabilendosi che, a meno dei prepensionamento, esso fosse “iscritto, a domanda da presentare al commissario liquidatore entro il medesimo termine, con decorrenza giuridica ed economica dal successivo 1 agosto, in un ruolo unico transitorio, posto alle dipendenze dello stesso commissario”, con “trattamento giuridico ed economico (…) regolato dalle norme di legge e contrattuali riferite al personale del comparto Ministeri”, inquadramento (comma 3) “con le modalità e secondo le tabelle di equiparazione… definite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri” ed attribuzione di un “trattamento economico nella qualifica di inquadramento… determinato con il computo dell’anzianità di servizio posseduta nelle strutture di provenienza”;

il medesimo personale (comma 4) nelle more del perfezionamento dei trasferimenti di cui al D.L. n. 513 del 1994 cit., pur restando “a carico della gestione liquidatoria unificata” è stato “utilizzato temporaneamente presso le medesime amministrazioni dello Stato”;

la Liquidazione Unificata riconosce poi di essersi resa assuntore del concordato liquidatorio di Siva s.p.a., “con sdebitamento di questa”, omologato con sentenza 1494/1998 e la stessa sentenza di appello fa riferimento all’ENCC quale successore della Siva s.p.a.;

la complessa vicenda giuridica di cui sopra non può però essere letta, come afferma la Corte territoriale, nei termini di una successione a titolo universale;

si è infatti già affermato, per un verso, che la soppressione di un ente a termini della L. 4 dicembre 1956, n. 1404 (ipotesi cui si riporta l’apertura della liquidazione dell’ENCC ai sensi del D.L. n. 513 del 1994) non ne determina l’estinzione, ma segna soltanto il passaggio alla fase della liquidazione, sicchè permane la soggettività giuridica dell’ente stesso, che resta titolare sino all’esaurimento delle operazioni di liquidazione dei rapporti giuridici, attivi e passivi che ad esso fanno capo (Cass. 1 giugno 1993, n. 6099 e ancor prima, Cass., S.U., 10 maggio 1975, n. 1811);

non diversamente il passaggio della originaria liquidazione ex D.L. 513 cit. alla liquidazione “unificata” ai sensi del D.L. n. 540 del 1995 costituisce mera vicenda evolutiva della liquidazione stessa, senza determinare alcun fenomeno successorio tra distinti soggetti giuridici;

la definizione concordataria della liquidazione peraltro, con assunzione del concordato esdebitatorio, non comporta successione a titolo universale, ma soltanto a titolo particolare (plurimo) dell’assuntore nei diritti ed obblighi dell’ente liquidato (arg. da Cass. 30 ottobre 2010, n. 24263; Cass. 2 dicembre 2003, n. 18382);

l’assunto difensivo del ricorrente, secondo cui la sentenza resa nel contraddittorio di Siva s.p.a. (in liquidazione “unificata”) ed anche nei confronti del medesimo Commissario non sarebbe opponibile a quest’ultimo è tuttavia palesemente infondato;

se infatti, a quanto si afferma, il Commissario si è reso assuntore del concordato Siva, evidentemente nella propria veste di gestore (anche) della liquidazione dell’Ente controllante o comunque di altre soggettività giuridiche, non può non vedersi opporre, in tale veste, il corrispondente giudicato formatosi in un processo cui anch’esso ha partecipato;

va quindi confermata, pur se su basi giuridiche in parte diverse, l’affermazione della Corte territoriale in merito al proiettarsi dell’efficacia di giudicato anche nei confronti del Commissario della Liquidazione “unificata”;

il ricorso e la stessa sentenza impugnata riferiscono l’accertamento della predetta sentenza come esteso fino al 31.7.1995, momento dopo il quale la R. è stata inserita nel ruolo ad esaurimento di cui al D.L. 540 cit., all’art. 2, comma 2;

tuttavia, una volta accertato, con effetto di giudicato, il diritto della lavoratrice al superiore inquadramento fino a quella data, va da sè che, in applicazione del disposto dello stesso art. 2, comma 3 in suo favore debba operare anche il migliore inquadramento nel RUT e nel nuovo rapporto così istituito ex lege, sulla base delle tabelle di equiparazione di cui al conseguente decreto attuativo;

ciò per effetto tout court di tale complesso normativo e senza necessità di ulteriori qualificazioni giuridiche ed ovviamente con le relative conseguenze patrimoniali fino al momento del successivo trasferimento presso l’Amministrazione a cui la dipendente è stata poi destinata;

tanto basta per il rigetto dei motivi in esame;

con il quinto motivo la Liquidazione afferma la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., nonchè dell’art. 1224 c.c. e della L. n. 724 del 1994, art. 22, comma 360, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per avere la Corte di merito ritenuto inammissibile il motivo di appello con cui era stata censurata la sentenza di primo grado nella parte in cui, confermando il decreto ingiuntivo opposto, ha riconosciuto anche la rivalutazione monetaria;

il motivo va disatteso, in quanto formulato in spregio dei criteri di specificità richiesti dall’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 6, nonchè degli oneri di deposito (Cass. 7 marzo 2018, n. 5478) di cui all’art. 369 c.p.c., n. 4;

il decreto ingiuntivo non è infatti trascritto nella parte che interessa e neanche è indicato se, come e quando esso sia stato prodotto, il che impedisce di percepire ex actis, come necessario ai sensi della disciplina sul rito sopra indicata, la effettiva pregnanza delle ragioni impugnatorie così spese;

le spese restano regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere alla R. le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della Liquidazione ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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