Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5399 del 07/03/2014
Civile Sent. Sez. 1 Num. 5399 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BENINI STEFANO
•
SENTENZA
sul ricorso 31634-2007 proposto da:
GIZZI SASSANO MARIA TERESA (c.f. GZZMTR30M61C479U),
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA B. TORTOLINI
34, presso l’avvocato PAOLETTI NICOLO!, che la
Data pubblicazione: 07/03/2014
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ALESSANDRA MARI, giusta procura in calce al
2014
ricorso;
– ricorrente –
93
contro
A.T.E.R.
AZIENDA
TERRITORIALE
EDILIZIA
1
RESIDENZIALE DELLA PROVINCIA DI FROSINONE, COMUNE
DI CEPRANO;
– intimati –
sul ricorso 2885-2008 proposto da:
COMUNE DI CEPRANO (C.F. 80001790601), in persona
in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso l’avvocato
SILVESTRI ALESSANDRO, rappresentato e difeso
dall’avvocato PIZZUTELLI VINCENZO, giusta procura a
margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro
A.T.E.R. – AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA
RESIDENZIALE DELLA PROVINCIA DI FROSINONE, già
I.A.C.P. – ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI per la
Provincia di Frosinone, in persona del Direttore
Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA ANAPO 29, presso l’avvocato TALARICO
DOMENICO, rappresentata e difesa dall’avvocato
del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato
FERRANTE SIMONETTA, giusta procura a margine del
controricorso al ricorso incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale
contro
GIZZI SASSANO MARIA TERESA;
– intimata –
2
avverso la sentenza n. 4751/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 16/01/2014 dal Consigliere
Dott. STEFANO BENINI;
NICOLO’ che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale;
udito,
per
il
ricorrente
controricorrente e
incidentale, l’Avvocato PIZZUTELLI VINCENZO che si
riporta;
udito,
per
il
controricorrente
al
ricorso
incidentale A.T.E.R., l’Avvocato TALARICO DOMENICO,
con delega, che ha chiesto l’inammissibilità del
ricorso principale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo del ricorso
principale, assorbimento del secondo motivo del
udito, per la ricorrente, l’Avvocato PAOLETTI
ricorso principale, rigetto del ricorso
incidentale.
3
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto di citazione notificato il 22.2.1985, Gizzi
Maria Teresa conveniva in giudizio davanti al Tribunale
di Frosinone il Comune di Ceprano, chiedendo il
risarcimento del danno per l’occupazione illegittima di
un appezzamento di terreno di sua proprietà, da
correlarsi al valore venale, dell’estensione di mq.
7.067, utilizzati dall’Iacp di Frosinone, concessionario
del
diritto
di
superficie
dal
Comune,
per
la
realizzazione di un complesso immobiliare.
Si costituiva in giudizio l’amministrazione convenuta,
contestando il fondamento della domanda, di cui chiedeva
il rigetto: era ancora in corso l’occupazione legittima,
era comunque intervenuta la prescrizione di ogni diritto,
e la responsabilità del fatto era dell’Iacp. Di
quest’ultimo provvedeva alla chiamata in causa per far
valere la rivalsa nel caso di condanna a favore della
Gizzi.
Si costituiva l’Iacp Frosinone, contestando la domanda
per la propria estraneità alla procedura espropriativa.
2.
Avverso la sentenza di primo grado depositata
1’11.7.1997, che condannava Comune di Ceprano e Iacp di
Frosinone al pagamento della somma di L. 93.408.463, con
applicazione del criterio riduttivo previsto dall’art. 5bis,
comma7-bis, d.l. 11.7.1992 n. 333, conv. in 1.
4
8.8.1992 n. 359, come aggiunto dall’art. 3, comma 65, 1.
23.12.1996 n. 662, proponevano appello l’Iacp Frosinone,
e in via incidentale, sia la Gizzi che il Comune di
Ceprano.
3. Con sentenza depositata il 6.11.2006, la Corte
d’appello di Roma accoglieva il gravame dell’Iacp,
osservando che nessuna domanda aveva spiegato la Gizzi
nei suoi confronti, e comunque la responsabilità per i
danni lamentati dalla proprietaria dovevano far carico
sul solo Comune, cui era demandata la conduzione della
procedura di esproprio, non essendovi state deleghe.
L’appello incidentale Gizzi era inammissibile,
corrispondendo a domanda nuova, in quanto la proprietaria
.10
mai aveva mosso contestazioni sulla dichiarazione di
pubblica utilità, caratterizzando la propria domanda come
inerente ad occupazione appropriativa (e non usurpativa),
pur con la pretesa di vedersi corrisposto il valore
venale. Il risarcimento era da determinare secondo il
sistema stabilito dalle legge, e dichiarato applicabile
ai rapporti ancora
sub iudice,
e utilizzando i dati
acquisiti in causa, era da liquidare in L. 192.023.458,
con riferimento alla scadenza dell’occupazione legittima.
L’appello del Comune nei confronti Iacp era da rigettare,
essendo quest’ultimo rimasto estraneo alla procedura
5
espropriativa, le cui conseguenze economiche erano da
attribuire unicamente al Comune.
4. Ricorre per cassazione Gizzi Maria Teresa, affidandosi
. a due motivi, al cui accoglimento si oppone con
controricorso il Comune di Ceprano, che a sua volta
propone ricorso incidentale fondato su cinque motivi, e
l’Ater di Frosinone, che controdeduce anche riguardo al
ricorso incidentale del Comune.
Hanno depositato memorie la Gizzi ed il Comune di
Ceprano.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.
Deve preliminarmente disporsi la riunione dei
procedimenti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., avendo essi
ad oggetto ricorsi avverso la stessa sentenza.
2. Con il primo motivo di ricorso, Gizzi Maria Teresa,
denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 5bis,
comma
addizionale
7 bis,
–
1.n. 359/92, dell’art. 1 prot. l
alla Convenzione
europea
dei
diritti
dell’uomo ratificata dall’Italia con 1. 4.8.1955 n. 848,
degli artt. 42, 111, 117 Cost, in relazione all’art. 360
n. 3 c.p.c., censura la sentenza impugnata per aver
liquidato
illegittima
il
dei
danno
terreni
conseguente
di
sua
all’occupazione
proprietà,
con
irreversibile trasformazione, secondo i criteri riduttivi
del risarcimento regolamentato, dichiarati illegittimi
6
dalla Corte costituzionale,
e prima ancora dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo,
e ciò a prescindere dalla connotazione dell’illecito come
occupazione appropriativa o usurpativa.
Con il secondo motivo di ricorso, Gizzi Maria Teresa,
denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 1
prot. 1 addizionale alla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo ratificata dall’Italia con 1. 4.8.1955 n. 848,
degli artt. 42, 111, 117 Cost, in relazione all’art. 360
n. 3 c.p.c., dell’art.
5-bis,
comma 7-bis,
1.n. 359/92,
ed omessa, motivazione su punto decisivo, in relazione
all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., censura la sentenza
impugnata per aver rigettato il proprio appello
–
incidentale con cui si era chiesto il risarcimento per
occupazione usurpativa, deducendo la novità della domanda
per essere stata introdotta l’azione senza muovere alcuna
contestazione sulla validità della dichiarazione di
pubblica utilità, mentre si trattava semplicemente di
deduzione di nuovi profili di diritto, anche perché, alla
luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti
dell’uomo, era chiaro non esservi alcuna differenza tra
le due ipotesi.
3. Con il primo motivo del ricorso incidentale, il Comune
di Ceprano, denunciando il difetto di giurisdizione
dell’AGO
per
rientrare
la
controversia
nella
7
giurisdizione dei giudici amministrativi, violazione e
falsa applicazione degli artt. 34 e 35 d.lgs. 31.3.1998
n. 80, come sostituiti dall’art. 7 l. 21.7.2000 n. 205 e
dell’art. 53 d.p.r. 8.6.2001 n. 327, in relazione
all’art. 360 n. l c.p.c., assume che la controversia
rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, attenendo al risarcimento del danno
ingiusto per occupazione del terreno e sua trasformazione
in opera di pubblica utilità non seguita da decreto di
espropriazione.
Con il secondo motivo il ricorrente incidentale,
denunciando
error in procedendo,
violazione e falsa
applicazione degli artt. 327, 342, 334 e 332 c.p.c. e del
loro combinato disposto, ed omessa pronuncia ed omessa
motivazione su fatto controverso e decisivo per il
giudizio in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.,
censura la sentenza impugnata per non aver esaminato la
specifica eccezione sollevata riguardo all’intervenuta
decadenza nella proposizione dell’appello incidentale da
parte della Gizzi perché proposto tardivamente contro il
Comune, che era parte diversa dall’impugnante principale
Iacp di Frosinone, dovendo essere notificato nel termine
annuale per la proposizione dell’impugnazione, per essere
causa scindibile.
8
Con
il
terzo motivo
il
ricorrente
incidentale,
denunciando error in procedendo, nullità della sentenza
per violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c.,
ed omessa pronuncia ed omessa motivazione su fatto
controverso e decisivo per il giudizio in relazione
all’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c., censura la sentenza
impugnata per aver rigettato la specifica eccezione
sollevata dal Comune sulla novità della domanda spiegata
con appello incidentale dalla Gizzi, mirata a conseguire
il risarcimento integrale in base a una nuova
causa
petendi.
Con il quarto motivo il ricorrente incidentale,
denunciando violazione e falsa applicazione degli artt.
2043, 2056, 1219 e 1224 c.c., in relazione alll’art. 55
d.p.r. 8.6.2001 n. 327, modificato dall’art. 1 d.lgs.
27.12.2002 n. 302 e dei principi generali,
ed omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione
su fatto controverso e decisivo per il giudizio in
relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., censura la
sentenza impugnata per aver liquidato il danno per
l’accessione invertita alla data 20.11.1984, anziché,
come esattamente la sentenza di primo grado, dall’inizio
dell’occupazione, e inoltre senza sottrarre l’importo
liquidato da una precedente sentenza, a titolo di
indennità di occupazione legittima, in quanto il danno
9
per
della proprietà
la perdita
onnicomprensivo,
e
è
da
ritenere
incompatibile con l’occupazione
legittima. La sentenza ha inoltre liquidato gli interessi
legali sulla somma via via rivalutata anno per anno dal
20.11.1984, senza che la Gizzi avesse provato e nemmeno
allegato il danno per il ritardo, e di quale entità
rispetto al tasso applicabile.
Con il quinto motivo il ricorrente incidentale,
denunciando violazione e falsa applicazione degli artt.
10 1. 8.4.1962 n. 167 e 35 1. 22.10.1971 n. 865 e dei
principi generali, ed omessa o insufficiente o
contraddittoria motivazione su fatto controverso e
decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 nn. 3
e 5 c.p.c., censura la sentenza impugnata per aver
rigettato la propria domanda di rivalsa nei confronti
dell’Iacp (ora Ater) di Frosinone, essendo invece
pacifico che quest’ultimo debba pagare al Comune il costo
di acquisizione dell’area, ritenendo invece che il
rapporto tra Iacp e Comune fosse autonomo rispetto a
quello fra Comune e Gizzi.
4. E’ preliminare l’esame del primo motivo del ricorso
incidentale, che pone la questione di giurisdizione
riguardo alla causa, avente ad oggetto il risarcimento
per l’occupazione illegittima. Esso va rigettato. A
prescindere alla questione se sia ravvisabile in causa
10
ipotesi di occupazione appropriativa o usurpativa,
giacché in questo secondo caso la giurisdizione sarebbe
comunque ordinaria (Cass. 13.2.2007, n. 3043), va
sottolineato che la causa è iniziata nel 1997, prima che
l’art. 34 d.lgs. 31.3.1998 n. 80 attribuisse la materia
urbanistica alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo (e prima che tale giurisdizione fosse
confermata dall’art. 7 1. 21.7.2000 n. 205, dopo che la
sentenza Corte cost. 28.7.2004, n. 281 aveva dichiarato
l’incostituzionalità dell’art. 34 d.lgs. 80/98), e com’è
noto, facendosi valere con la richiesta risarcitoria da
occupazione appropriativa, una posizione di diritto
soggettivo, si configurava fin dall’origine la
giurisdizione ordinaria, restando irrilevante, per l’art.
5 c.p.c., il sopravvenire della norma che attribuì la
giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo (Cass.
17.10.2003 n. 15559; 17.11.2005, n. 23241; 26.3.2007, n.
7249).
5. Ugualmente preliminare è la questione posta dal
secondo motivo di ricorso dell’amministrazione, attinente
alla proponibilità stessa della domanda risarcitoria
della proprietaria Gizzi nei confronti del Comune, il cui
accoglimento assorbirebbe ogni altra questione proposta
davanti a questa Corte. Va anche premesso che l’eccezione
di improponibilità venne ritualmente sollevata dal Comune
11
alla prima udienza davanti alla Corte d’appello, in data
30.9.992 (e ribadita in memoria depositata il 13.1.20003,
e confermata in sede di precisazione delle conclusioni).
Il motivo è infondato.
L’appello incidentale, che, effettivamente, si rivolge
contro parti della sentenza concernenti obblighi del
Comune, è stato ritualmente proposto: la sentenza
impugnata fu pubblicata il 15.5.2001; l’appello dell’Ater
Frosinone fu notificato ai litisconsorti il 4.6.2002, con
invito a comparire all’udienza 30.9.2002. In data
28.6.2002 la Gizzi si costituì in giudizio depositando
comparsa di risposta, nella quale spiegava l’appello
incidentale. Come si vede, pur se l’impugnazione era
diretta a parte diversa dall’appellante principale, essa
fu proposta nel termine di cui all’art. 327 c.p.c.,
giacché alla data di costituzione non era ancora
trascorso un anno aumentato della durata della
sospensione feriale 2001, termine che sarebbe scaduto il
30.6.2002. Né potrebbe sostenersi, come sembra adombrare
l’attuale ricorrente incidentale, che entro quella data
la Gizzi dovesse notificare l’appello incidentale. Tale
impugnazione deve proporsi con la comparsa, all’atto
della costituzione, ponendosi l’obbligo di notifica nei
confronti delle sole parti contumaci (Cass. 24/08/2012,
n. 14635): ed il Comune di Ceprano non lo era stato.
12
6. E’ preliminare anche il terzo motivo. Che è infondato.
Secondo il ricorrente incidentale, il giudice d’appello
non ha dichiarato inammissibile (pur rigettandola nel
merito) la domanda di risarcimento del danno che la
proprietaria avrebbe formulato con criteri di integralità
solo con l’atto d’appello. In realtà già con l’atto di
denunciando la perdita della
citazione la Gizzi,
proprietà a causa dell’illegittima occupazione seguita
dall’irreversibile
trasformazione
del
fondo
con
destinazione a edilizia economico-popolare, richiese il
risarcimento commisurato al valore venale, avallando poi
tale richiesta in appello, sulla scorta dell’evoluzione
giurisprudenziale della Corte europea dei diritti
dell’uomo, in applicazione dei principi cui agli artt. l
e 6 della Convenzione e l prot. 1 addizionale alla
stessa.
7. Si può ora passare all’esame delle doglianze sugli
aspetti sostanziali della vicenda, iniziando dal primo
motivo del ricorso principale.
La doglianza è fondata.
I criteri riduttivi del risarcimento regolamentato in
relazione al sistema di determinazione dell’indennità di
esproprio (art. 5-bis, comma 7-bis d.l. 11.7.1992 n. 333,
conv. in l. 8.8.1992 n. 359, come introdotto dall’art. 3,
comma 65, 1. 23.12.1996 n. 662), sono stati dichiarati
13
incostituzionali dalla sentenza Corte cost. 24.10.2007,
n. 349, nella parte in cui non prevede, per il caso di
occupazione acquisitiva, il ristoro integrale del danno
subito dal proprietario dell’immobile, per contrasto con
l’art. 117 Cost. Tale norma condiziona l’esercizio della
potestà legislativa dello Stato e delle Regioni al
rispetto degli obblighi internazionali, fra i quali
rientrano quelli derivanti dalla Convenzione europea dei
diritti dell’uomo, le cui norme, così come interpretate
dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, costituiscono
fonte integratrice del parametro di costituzionalità.
A seguito della dichiarazione di illegittimità
costituzionale, i richiamati criteri riduttivi non
possono più trovare applicazione, ai sensi dell’art. 136
Cost. e della 1. 113.3.1953, n. 87, art. 30, terzo comma,
dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza
della Corte costituzionale.
La
sentenza
dichiarativa
dell’illegittimità
costituzionale si traduce in un ordine rivolto, tra
l’altro, ai giudici di non applicare più la norma
illegittima: ciò significa che gli effetti della sentenza
di accoglimento non riguardano soltanto i rapporti che
sorgeranno in futuro, ma anche quelli che sono sorti in
passato, purché non si tratti di rapporti esauriti. Per
costante giurisprudenza di questa Corte (tra le altre,
14
Cass. 28.7.2005, n. 15809), infatti, le sentenze di
accoglimento di una questione di legittimità
costituzionale pronunciate dalla Corte costituzionale
hanno effetto retroattivo, in quanto connesse a una
dichiarazione di illegittimità che inficia fin
dall’origine la dichiarazione colpita, con l’unico limite
delle situazioni già consolidate, attraverso quegli
eventi che l’ordinamento riconosce idonei a produrre tale
effetto, tra i quali si collocano non solo la sentenza
passata in giudicato (e l’atto amministrativo non più
impugnabile), ma anche altri fatti rilevanti sul piano
sostanziale o processuale, quali, ad esempio, la
prescrizione e la decadenza.
Nel caso di specie, il rapporto non è ancora esaurito
perché al momento in cui è intervenuta la sentenza n.
349/07, era ancora in corso (come lo è tuttora) la
controversia sulla misura del risarcimento da occupazione
appropriativa.
Riguardo alla disciplina applicabile, il risarcimento è
ora commisurato al valore venale del bene (art. 55 d.p.r.
32701, come modificato dall’art. 2, comma 89, lett. e),
1. 24.12.2007 n. 244, a seguito della citata sentenza di
incostituzionalità).
Non risulta che all’utilizzazione a fini di interesse
pubblico dell’immobile sia seguito un provvedimento di
15
acquisizione sanante, ai sensi dell’art.
43 d.p.r.
327/01: tanto più che questa norma ha subito alterne
vicende, con una prima dichiarazione d’incostituzionalità
per violazione dell’art. 76 Cost. (Corte cost. 8.10.2010,
n. 293), cui è seguita la rieditazione dell’istituto, ad
opera dell’art. 34, comma 1, d.l. 6.7.2011 n. 98, conv.
in 1. 15.7.2011 n. 111, che ha introdotto l’art.
42 bis
–
nel corpo del d.p.r. 327/01. Riguardo a quest’ultima
norma si ripropongono tutti i dubbi di legittimità
costituzionale già professati per l’art. 43 (e ritenuti
assorbiti dalla sentenza 293/10, che si è arrestata al
profilo dell’eccesso di delega).
La questione di
applicabilità di tale norma, tuttavia, non si pone per il
giudizio in corso, che dunque resta regolata, in virtù
della sopravvivenza della tradizionale disciplina delle
occupazioni illegittime, dall’art. 55 d.p.r. 327/01
(Cass. 28.7.2008, n. 20543; 21.10.2011, n. 21867).
La sentenza va dunque cassata, con rinvio ad altra
sezione della Corte d’appello di Roma, che provvederà a
una nuova liquidazione del danno, in applicazione dei
nuovi criteri.
8. Non può invece accogliersi il secondo motivo, con il
quale la Gizzi censura il capo della sentenza impugnata
in cui si rigetta la richiesta di qualificare il fatto
illecito come occupazione usurpativa, quale mero
16
A
comportamento
generatore
di
danno,
a
carattere
permanente, con conseguenti misure risarcitorie.
Appare corretta la statuizione del giudice d’appello,
nella parte in cui considera la novità della domanda,
di occupazione usurpativa, per essere stata
specie
sub
introdotta l’azione senza muovere alcuna contestazione
sulla validità della dichiarazione di pubblica utilità.
Non può avallarsi la tesi della ricorrente incidentale,
secondo cui si sarebbe semplicemente trattato di
deduzione di nuovi profili di diritto anche perché, alla
luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti
dell’uomo, era chiaro non esservi alcuna differenza tra
le due ipotesi.
E’
–
appena il caso di rammentare che la netta
caratterizzazione dei due tipi di fatto illecito,
appropriativo e usurpativo, non consente di accomunare le
categorie in un indifferenziato
genus
di occupazione
illegittime. E’ pur vero che nell’elaborazione
giurisprudenziale della Corte europea dei diritti
dell’uomo si è fatto comunemente riferimento alla
violazione dell’art. 1 prot. 1 add. alla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo, per ogni tipo di
occupazione illegittima, rientrando ogni fenomeno nel
concetto di “espropriazione indiretta”, ma nella
disciplina positiva dell’ordinamento interno, la diversa
17
regolamentazione degli istituti impone di fare specifico
riferimento alla specifica tipologia di fatto illecito
che viene denunciato, specie ove se ne chieda il
risarcimento (Cass. 21.4.2006, n. 9410). Non può infatti
obliterarsi che l’art. 55 d.p.r. 327/01 disciplina le
conseguenze economiche dell’occupazione assistita da
pubblica utilità, per i fatti avvenuti prima del
30.9.1996: e, come la Corte costituzionale ha sancito
nella stessa sentenza con cui ha dichiarato
l’illegittimità dei criteri riduttivi di risarcimento
(art.
5-bis,
comma
7-bis,
d.l. 333/92), la violazione
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, così
come interpretata dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo, da parte di una legge statale, comporta che
tale legge debba essere dichiarata illegittima dalla
Corte costituzionale. Il che non è avvenuto per l’art.
55.
La
diversità
delle
fattispecie
dell’occupazione
appropriativa e dell’occupazione usurpativa comporta che
l’omessa doglianza delle parti sulla qualificazione
appropriativa dell’occupazione, in sede di giudizio di
merito, determina l’irretrattabilità della questione per
il formarsi del giudicato interno sul punto; pertanto, il
ricorso per cassazione non può essere formulato sulla
base di una diversa configurazione della fattispecie, in
18
termini di occupazione usurpativa, proponendo in tal modo
questioni nuove che alterano l’oggetto sostanziale della
domanda e i termini della lite e introducono un tema
d’indagine e di decisione mai prima dedotto (Cass.
19.10.2006, n. 22479; 23.4.2008, n. 10560).
Nella specie, la diversa qualificazione operata dalla
ricorrente è motivata dall’essere, la dichiarazione di
pubblica utilità, priva dell’indicazione dei termini di
inizio e compimento dei lavori e della procedura
espropriativa, posta dall’art. 13 1. 25.6.1865 n. 2359,
quale condizione di validità della procedura stessa.
La questione non è mai stata affrontata in causa.
L’accertamento della diversa tipologia di illecito
I
richiederebbe una nuova indagine di fatto, concernente i
–
presupposti dell’ iter amministrativo.
Peraltro, sulla validità della procedura della quale può
dirsi solo, a questo punto, non essere stata conclusa per
la mancata emissione del decreto di esproprio, va
rilevato un giudicato esterno, per essere la circostanza
alla base della determinazione dell’indennità di
occupazione legittima, richiesta dalla Gizzi, e ottenuta
in virtù di sentenza 27.9.1999 della Corte d’appello di
Roma (attestata nella pronuncia oggetto dell’attuale
impugnazione), che risulta passata in giudicato.
9
19
•.
Il secondo motivo del ricorso principale va dunque
rigettato.
9. Venendo al ricorso incidentale del Comune di Ceprano,
per i motivi di ordine sostanziale, che ancora non si
sono esaminati, il quarto attiene al momento di
valutazione del bene, e alla decurtabilità, dall’importo
risarcitorio, di quanto già percepito a titolo di
indennità di occupazione legittima.
La doglianza è infondata.
Ai fini del risarcimento del danno per l’irreversibile
destinazione del fondo, illegittimamente occupato, alla
realizzazione dell’opera pubblica,
con conseguente
estinzione del diritto di proprietà del privato e
•I
acquisizione del bene a titolo originario in capo
all’ente costruttore, occorre far riferimento al valore
dell’immobile al momento in cui il fatto illecito si è
consumato – ossia a quello della radicale trasformazione
del fondo, se è intervenuta durante l’occupazione
illegittima, ovvero, se essa si è verificata durante
l’occupazione legittima, a quello della scadenza di
quest’ultima – esprimendo poi il valore stesso in termini
monetari che tengano conto del fenomeno inflattivo fino
alla data della decisione (Cass. 11.2.2008, n. 3189).
Come prima sottolineato, l’occupazione appropriativa, che
ricorre nel caso di specie, si caratterizza per la
20
..
mancata emissione del decreto di esproprio durante
l’occupazione legittima all’interno del quale l’opera
pubblica sia stata condotta a termine. Sicché l’illiceità
si configura solo alla scadenza dell’occupazione, ed al
spetta
esautorato
l’indennità
di
proprietario
occupazione, ed il risarcimento per la perdita della
proprietà, al momento della scadenza dell’occupazione.
E’ inammissibile la parte della censura concernente
l’attribuzione degli interessi (che dunque competerà alla
espropriata anche all’esito della nuova determinazione
del danno cui è chiamato il giudice di rinvio): essi
erano stati liquidati dal Tribunale in aggiunta alla
rivalutazione, e la relativa attribuzione non fu oggetto
dar
di appello da parte degli enti obbligati, se non, da
parte del Comune,
il solo capo concernente la
rivalutazione (rigettato dalla Corte territoriale).
10. Venendo al quinto motivo del ricorso incidentale del
Comune, esso è rivolto verso il capo della sentenza che,
sul presupposto dell’estraneità dell’Iacp (ora Ater) alla
procedura
espropriativa,
esclude
ogni
rivalsa
dell’espropriante verso il chiamato in causa.
Va
preliminarmente
inammissibilità
della
controricorso dall’Ater,
disattesa
doglianza,
l’eccezione
di
sollevata
in
di una pretesa decadenza
dall’impugnazione incidentale, essendo stato il ricorso
21
..
per cassazione notificato all’Ater dopo la scadenza del
–
termine di cui all’art. 327 c.p.c.
E’ ravvisabile, nel rapporto tra il Comune e l’Ater
stesso, una causa dipendente da quella principale, che ha
ad oggetto l’accertamento del fatto illecito. La
proprietaria ricorre per cassazione non ritenendo
corretta la liquidazione del risarcimento da occupazione
illegittima, operata dalla Corte d’appello a suo favore.
E’ in seguito alla manifestazione di tale pretesa, con la
notifica del ricorso principale, che si configura
l’interesse del Comune a impugnare il capo della sentenza
con cui il soggetto, la cui responsabilità nel fatto
illecito è stata esclusa dalla sentenza, è stato assolto
ar”
da qualsiasi pretesa di rivalsa da parte del Comune.
Sussiste dunque, tra la causa principale e quella di
rivalsa, un rapporto di dipendenza di questa nei
confronti di quella, nel senso che questa potrebbe essere
accolta solo nell’ipotesi (e per il relativo importo), in
cui di quella sia riconosciuta la fondatezza. Nella
specie è venuto altresì a crearsi un litisconsorzio
processuale a seguito della chiamata in causa,
autorizzata dal giudice di primo grado, richiesta dal
Comune che, sul presupposto di una corresponsabilità
dell’Iacp, ne ha pretesa la presenza in causa al fine di
s
esercitare nello stesso giudizio la rivalsa di quanto
.
22
•
fosse condannato a corrispondere in conseguenza del fatto
o
illecito.
n.
Il motivo è tuttavia inammissibile in quanto contempla
una domanda nuova: si desume dalla sentenza impugnata che
il Comune chiese ed ottenne la chiamata in causa
dell’Iacp, pretendendo, fin dall’inizio, di esercitare la
rivalsa nei suoi confronti “per l’ipotesi di accoglimento
della domanda della Gizzi” riguardo ad “ogni somma
esborsando alla Gizzi, per il fatto e il giudizio”. In
entrambi i gradi di merito, dunque, la posizione
dell’Iacp è stata esaminata per i profili di
responsabilità che fossero configurabili a carico dello
stesso nella patologia dell’espropriazione nei confronti
or
della Gizzi (responsabilità affermata dal Tribunale e
negata dalla Corte d’appello).
Il giudice di secondo grado ha aggiunto, incidentalmente,
che quanto fosse dovuto da Iacp a Comune atterrebbe
semmai al corrispettivo della concessione, sulla base del
rapporto diretto autonomo tra i due enti.
Ora il Comune impugna tale capo della sentenza, facendo
però valere una pretesa, di corresponsione da parte del
Comune di quanto dovuto dall’Iacp in relazione alla
concessione del diritto di superficie per la costruzione
degli alloggi economico-popolari, mai avanzata nel corso
del giudizio e correttamente tenuta distinta dall’oggetto
23
del contendere: pretesa della quale è palese l’estraneità
dispetto a una rivalsa di ciò che il Comune dovrà versare
alla danneggiata a titolo di risarcimento di un danno che
l’Iacp non ha contribuito a determinare.
rinvio per la rideterminazione del danno da occupazione
appropriativa, secondo il valore venale dei beni
irreversibilmente trasformati.
Il rigetto del ricorso incidentale del Comune nei
confronti Iacp induce alla condanna alle spese
limitatamente a tale rapporto processuale, liquidate in
dispositivo.
P.Q.M.
‘
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del
ricorso principale, rigetta il secondo motivo ed il
ricorso incidentale.
In relazione alla censura accolta cassa la sentenza
impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giud
di cassazione nel rapporto tra Gizzi e Comune di Cepr
ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.
Condanna il Comune di Ceprano alle spese del giudi
favore dell’Ater Frosinone, liquidate in euro 8.20
cui euro 8.000 per compensi.
Così deciso in Roma, il 16.1.2014
11. In definitiva la sentenza deve essere cassata con