Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5396 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. I, 27/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 27/02/2020), n.5396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 31535/2018 proposto da:

H.V., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour

presso la cancelleria della Corte di cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Saverio Giangrandi che lo rappresenta e difende

per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., elettivamente

domiciliato per legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato in

Roma, Via dei Portoghesi, 12;

– intimato –

NONCHE’:

PROCURA GENERALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza 1235/2018 della Corte di appello di Genova

depositata il 26.10.2018;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia

nella camera di consiglio del 19/11/2019.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Genova, con la sentenza in epigrafe indicata, ha rigettato l’impugnazione proposta da H.V. avverso l’ordinanza del locale Tribunale che aveva rigettato l’opposizione promossa dal primo avverso il diniego della competente Commissione territoriale al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria.

Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al dichiarato fine di una eventuale sua partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per la decisione; la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e, in subordine, dedotta la sussistenza dei seri motivi per la concessione della protezione umanitaria, dell’art. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 e degli artt. 19, comma 1, e 5, comma 6 T.U. Immigrazione.

La Corte di merito avrebbe violato il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, statuendo sul solo status di rifugiato pur avendo l’appellante riproposto in quella sede tutte le istanze coltivate in primo grado in ordine alla protezione internazionale ed umanitaria.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto l’inesistenza della motivazione ex art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

La Corte di merito avrebbe solo dichiarato l’insussistenza dei requisiti sullo status di rifugiato, senza motivare, limitandosi a statuire sul luogo di provenienza che sarebbe stato tale da non integrare “una situazione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato”.

3. Il primo motivo è inammissibile per non autosufficienza.

La Corte di appello (p. 2 della sentenza) ha premesso in motivazione l’intervenuta rinuncia dell’appellante alle domande sulla protezione sussidiaria ed umanitaria avendo quegli riproposto in appello solo la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.

Il ricorrente nel dedurre, di contro, di aver coltivato in appello tutte le domande in origine proposte ha omesso di allegare il contenuto del motivo di appello con cui avrebbe chiamato la Corte di merito a pronunciare su tutte le forme di protezione internazionale ed umanitaria.

L’indicato difetto di specificità ed allegazione, portatore di una inammissibile “novità” della dedotta questione (tra le altre: Cass. n. 32804 del 13/12/2019), non ha consentito a questa Corte di legittimità di verificare agli atti la denunciata non corrispondenza tra “chiesto e pronunciato”, in violazione dell’art. 112 c.p.c., veicolando il sindacato di legittimità secondo censura tipica ed orientata.

4. Il secondo motivo è inammissibile ancora per difetto di autosufficienza.

Il ricorso non indica a questa Corte di legittimità quale situazioni di rischio individualizzato erano state poste alla valutazione del giudice di appello per poi consentire di apprezzare in questa sede la dedotta apparenza della motivazione; la genericità della motivazione ben può trovare corrispondenza nella genericità della deduzione difensiva, considerazione vieppiù forte là dove come nel caso di specie la censura si spinge a far valere una nullità della motivazione per violazione del canone di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Di fondo si ha che la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. n. 19197 del 28/09/2015; Cass. n. 27336 del 29/10/2018).

In materia di protezione internazionale resta fermo il principio dispositivo che – seppure derogato dalle speciali regole di cui al D.Lgs. 251 del 2007, art. 3 e al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, là dove si stabiliscono peculiari poteri-doveri istruttori in capo al giudice del merito – non trova alcuna deroga quanto alla necessità che la domanda su cui il giudice deve pronunciare corrisponda a quella individuabile in base alle allegazioni dell’attore, che con l’appello la parte provveda ad introdurre attraverso i correlati motivi.

I fatti costitutivi del diritto alla protezione internazionale devono dunque necessariamente essere indicati dal richiedente, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli in giudizio d’ufficio.

In materia di protezione internazionale in difetto di allegazioni circa la sussistenza di ragioni tali da comportare per il richiedente – alla stregua della normativa sulla protezione internazionale – il pericolo di un danno grave alla persona in caso di rientro in Patria, la vicenda narrata deve considerarsi di natura strettamente privata, come tale al di fuori dai presupposto per l’applicazione, sia dello status di rifugiato, sia della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b) (cfr. Cass. 15/02/2018, n. 3758).

Il ricorrente non deduce di aver allegato dinanzi alla Corte di appello situazioni in fatto legittimanti l’accesso alla invocata tutela e per tale ragione il motivo è inammissibile mancando di autosufficienza nel senso anzidetto.

5. Il ricorso è in via conclusiva inammissibile.

Nulla sulle spese in ragione della natura assolutamente formale delle difese dell’Amministrazione intimata.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera Sezione Civile, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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