Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5395 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. I, 27/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 27/02/2020), n.5395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36213/2018 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in Roma presso la cancelleria

della Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avv. Marco

Galati giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2064/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 03/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 19/11/2019 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. G.A., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Catania, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha confermato il diniego della misura di protezione umanitaria decretato in primo grado e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione ed erronea applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32 e del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, posto che il decidente del grado non avrebbe tenuto conto dei fattori di vulnerabilità principale, in particolare “eludendo la rappresentazione dei diritti umani lesi dallo zio e dalla comunità di appartenenza” e soffermando la propria attenzione solo sulla “circostanza relativa alla povertà”, nonchè di quelli concorrenti “relativi all’integrazione sociale e lavorativa dell’odierno ricorrente”; 2) dell’erronea applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater posto che il decidente nel rigettare l’impugnazione ha disposto anche il raddoppio del contributo unificato quantunque l’impugnazione fosse stata proposta “in ragione dell’orientamento della giurisprudenza di merito e di legittimità”.

Non ha svolto attività difensiva l’amministrazione intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo motivo – scrutinabile anche laddove involge valutazione di questioni di diritto intertemporale alla stregua del diritto vigente al tempo della domanda come di recente statuito dalle SS.UU. di questa Corte a composizione del contrasto insorto circa gli effetti del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132 sui giudizi pendenti (Cass., Sez. U, 13/11/2019 nn. 29459, 29460 e 29461) – è affetto da precoce inammissibilità.

3. Ribadito per vero con l’autorità delle sopradette SS.UU. che “in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza”, nonchè che in questo quadro “non può, peraltro, essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza”, la perorazione ricorrente, pur formalmente articolata nei termini dell’errore di diritto, rettamente intesa secondo il suo obiettivo contenuto, ostenta un mero dissenso motivazionale e rimprovera unicamente all’impugnata decisione di non aver adeguatamente ponderato gli elementi istruttori offerti in cognizione, in ciò però trascurando il diverso avviso già al riguardo espresso da questa Corte nelle note sentenze a SS.UU. 8053 e 8054 del 2014 e senza darsi cura di precisare in che modo il ragionamento decisorio, foriero solo di un dissonante apprezzamento dei fattori di vulnerabilità risulterebbe perciò viziato.

4. Inammissibile è del pari il secondo motivo.

La Corte distrettuale ha invero proceduto alla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato direttamente in uno con la decisione sul merito della controversia piuttosto che con separato decreto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2.

Ciò, tuttavia, non altera il relativo regime impugnatorio, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con il decreto che definisce il merito, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 113 (Cass., Sez. III, 8/02/2018, n. 3028).

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Nulla spese in difetto di costituzione avversaria.

Doppio contributo se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ove dovuto il raddoppio del contributo, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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