Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5394 del 07/03/2011

Cassazione civile sez. III, 07/03/2011, (ud. 03/02/2011, dep. 07/03/2011), n.5394

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZALE CLODIO 13, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO

PORFIDIA, rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

COMUNE di CASERTA (OMISSIS), in persona del Sindaco Pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA/FIUMICINO, VIA BORROMINI 34 INT. 12

P.CO LEONARDO, presso lo studio dell’avvocato G. CENTORE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MANZELLA PIETRO, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6633/2008 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA del 18/01/08, depositata il 12/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato Crisci Francesco, (delega avvocato Domenico

Porfidia) difensore del ricorrente, che preliminarmente si riporta

alla querela di falso depositata, nel merito si riporta agli scritti;

udito l’avvocato Manzella Pietro, difensore del controricorrente che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. NICOLA LETTIERI che ha

concluso per l’inammissibilità della querela di falso e nel merito

aderisce alla relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, Letti gli atti depositati, osserva:

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 24 aprile 2009 P.D. ha chiesto la cassazione (rectius: revocazione) della sentenza depositata in data 12 marzo 2008 dalla Corte di Cassazione con la quale era stato rigettato il ricorso da lui proposto avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli che, in riforma della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione distaccata di Caserta – aveva rigettato le sue domande relative al contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile locato al Comune per la sede della Procura circondariale.

Il Comune di Caserta ha resistito con controricorso.

2 – Oggetto del ricorso è il rigetto della domanda principale relativa alla responsabilità contrattuale. Si assume che la sentenza, confermando quella della Corte territoriale, poggia sulla presupposizione del fatto (la delibera 1/93 equivale ad atto interno) che la realtà processuale documentata in atti esclude tassativamente. In sostanza, l’assunto è che la Corte di Cassazione ha scambiato detta delibera per atto interno obliterando l’esistenza e la funzione della precedente Delib. n. 1165 del 1992. Inoltre si fa riferimento a deposizioni testimoniali e ad alcuni documenti.

E’ jus receprum (Cass. n. 5076 del 2008 confr. anche 26022 del 2008) che l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, è applicabile anche al ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. contro le sentenza della Corte di Cassazione (pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del detto D.Lgs.), atteso che detta norma è da ritenere oggetto di rinvio da parte della previsione del primo comma dello stesso art. 391 bis, là dove dispone che la revocazione è chiesta “con ricorso ai sensi dell’art. 365 e segg.”; la formulazione del motivo deve, pertanto, risolversi nell’indicazione specifica, chiara e immediatamente intelligibile, del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 c.p.c. Ma i requisiti richiesti non sono stati soddisfatti dal ricorrente, in quanto il quesito formulato (Dica la Suprema Corte se costituisce errore di fatto risultante dagli atti della causa l’avere considerato alla stregua di prova documentale un documento obiettivamente privo di tale valore, cioè un verbale di deliberazione commissariale contenente valutazioni contraddittorie e, comunque, riferibili alla parte sì da non potere mai assurgere a dignità di prova) non rende nè chiara, nè immediatamente intelligibile la riconducibilità del caso specifico alle ipotesi previste dall’art. 395 c.p.c. 3. – Il ricorso è inammissibile anche sotto diverso profilo. Infatti (Cass. n. 8180 del 2009) l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione, si configura come una falsa percezione della realtà, una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggetti vita. Per quanto poi riguarda, in particolare le sentenza della Corte Suprema, è pacifico che (Cass. n. 8907 del 2010) l’errore di fatto che può legittimare la domanda di revocazione della sentenza di cassazione deve riguardare gli atti “interni” al giudizio di legittimità (ossia quelli che la Corte deve, e può, esaminare direttamente con la propria indagine di fatto all’interno dei motivi di ricorso) e deve incidere unicamente sulla sentenza di cassazione, restando escluso, per converso, che possano essere comunque considerati “atti interni” al giudizio gli atti del fascicolo di merito, e in specie del giudizio di appello, che non debbano essere esaminati direttamente dalla Corte di Cassazione.

L’errore denunciato non riguarda un fatto incontestabile nè interno al giudizio di cassazione. Le argomentazioni a sostegno implicano esame e apprezzamento delle risultanze processuali, cioè un’attività che non è consentita non solo nel giudizio per revocazione ma neppure nell’ordinario giudizio di cassazione. E infatti la sentenza di cui si chiede la revocazione si è limitata ad esaminare i motivi di ricorso dando per scontato i fatti così come accertati dalla Corte territoriale, come del resto si riconosce nello stesso ricorso (vedi pag. 12).

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria e successivamente querela di falso; entrambe le parti hanno chiesto d’essere ascoltate in camera di consiglio;

La querela di falso è inammissibile poichè rivolta contro il verbale di deliberazione del commissario straordinario di Caserta in data 1 novembre 1993, laddove è orientamento più che consolidato (confronta, per tutte, Cass. Sez. 3^, n. 986 del 2009) che la querela di falso è proponibile in via incidentale nel giudizio di cassazione, dando luogo alla sua sospensione, solo quando riguardi atti dello stesso procedimento di cassazione (il ricorso, il controricorso e l’atto – sentenza) o i documenti di cui è ammesso, nel suddetto procedimento, il deposito ai sensi dell’art. 372 c.p.c., e non anche in riferimento ad atti del procedimento che si è svolto dinanzi al giudice del merito e la cui falsità vuole essere addotta per contestare il vizio di violazione di norme sul procedimento in cui sia incorso il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata;

Le argomentazioni addotte con la memoria non inducono a diversa statuizione poichè, per costante insegnamento giurisprudenziale, il quesito deve essere formulato secondo i criteri indicati nella relazione e deve avere il requisito dell’autosufficienza, nel senso che deve essere esaustivo e non richiedere l’attività interpretativa della Corte;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza; visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2011

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