Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5393 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. I, 27/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 27/02/2020), n.5393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36712/2018 proposto da:

M.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Angelicchio Francesca;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 874/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 25/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2019 da Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Genova, con sentenza in data 25/5/2018, ha riformato il provvedimento di primo grado pronunciato dal Tribunale di La Spezia di accoglimento del ricorso in ordine alle istanze avanzate da M.A. al Questore di La Spezia per il rilascio della carta di soggiorno per familiare di cittadino dell’Unione Europea e del permesso di soggiorno per motivi familiari D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 19 ed D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28.

Avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Genova ricorre M.A.’ per cassazione con ricorso affidato a tre motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 2, lett. C TUI in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto la Corte di Appello di Genova ha ritenuto che il divieto di espulsione di uno straniero convivente con cittadino italiano non è applicabile in caso in cui l’espulsione era stata comminata già prima del matrimonio.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20, art. 27 Cost. ed art. 27 e 28 dir. 2004/38 CE in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto la Corte di Appello di Genova non ha valutato la posizione del ricorrente, coniuge convivente di cittadino italiano, alla luce del D.Lgs. n. 30 del 2007 e non ha motivato sull’attualità della pericolosità sociale.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20, art. 29, 30,31 e 117 Cost. ed art. 8 CEDU in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto la Corte di Appello di Genova non ha valutato che l’allontanamento del padre dall’Italia ed il suo rimpatrio avrebbe causato ai figli minori un danno grave.

Appare opportuno per priorità logica valutare anzitutto il secondo motivo di ricorso relativo alla pericolosità sociale del ricorrente.

A tal riguardo la Suprema Corte con Sentenza n. 14159 del 07/06/2017 ha stabilito che: “In tema di immigrazione, allorchè lo straniero domandi il permesso di soggiorno in qualità di marito convivente con una cittadina italiana, e dunque si verifichi la condizione di inespellibilità di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, la condizione ostativa al rilascio del permesso, costituita dalla pericolosità sociale, può essere desunta unicamente dal parametro normativo costituito dai motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato di cui all’art. 13, comma 1 menzionato D.Lgs., non essendo sufficiente ad integrare tale condizione la commissione di reati gravi ma comuni che non appaiano indicatori di questo peculiare profilo di pericolosità”.

Inoltre secondo 6 – 1, Ordinanza n. 6666 del 15/03/2017 “In tema di immigrazione, il divieto di espulsione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c), costituisce condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare, sicchè non opera qualora, per ragioni di pericolosità sociale, sia stato revocato il titolo di soggiorno dello straniero, anche se fondato sulla medesima condizione soggettiva produttiva dell’inespellibilità (come il matrimonio con cittadina italiana). Inoltre, dal D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20, comma 1, si deduce che tale divieto non opera anche in ipotesi di comportamenti della persona che rappresentino una minaccia concreta ed attuale tale da pregiudicare l’ordine e la sicurezza pubblica, secondo un giudizio che il giudice di merito deve effettuare in concreto, senza ricorrere ad automatismi sulla base dei precedenti penali ma valutando, ad esempio, – come nel caso di specie – la rilevanza dei reati accertati, l’eventuale condizione di disoccupazione, il comportamento tenuto nelle occasioni in cui ha dichiarato false generalità.”.

Nella fattispecie il secondo motivo di ricorso si sostanzia in una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della Corte, dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento.

La Corte ha infatti stabilito l’attualità della pericolosità sociale del ricorrente già condannato in data 1/4/2014 alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione per trasporto e detenzione di un ingente quantitativo di droga.

Nella specie, i precedenti descritti nella sentenza impugnata sono indicatori di un peculiare profilo di pericolosità, trattandosi di reati gravi di allarme sociale ed il contesto relazionale induce ad una prognosi di pericolosità per l’ordine pubblico e sicurezza dello Stato.

L’accertata pericolosità sociale del ricorrente ed il rigetto del secondo motivo comporta il rigetto anche del primo e terzo motivo di ricorso dovendosi ritenere che la accertata pericolosità sociale sia ostativa a qualsiasi permesso di soggiorno e prioritaria rispetto al disagio psicofisico cui andrebbero incontro i minori ormai integrati in Italia in caso di allontanamento del genitore.

Il ricorso deve pertanto essere respinto. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

Non ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso. Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle persone riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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