Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5392 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. I, 27/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 27/02/2020), n.5392

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36050/2018 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliato in Roma V.le Angelico 38

presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale

Siracusa, Ministero Dell’interno (OMISSIS),

– intimato –

avverso la sentenza n. 316/2018 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 05/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2019 da dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Caltanisetta con sentenza in data 5/6/2018, ha rigettato l’appello avverso la ordinanza del Tribunale di Caltanisetta di conferma del provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale in ordine alle istanze avanzate da M.F. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dallo Stato del Pakistan, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese per timore di ritorsioni a causa della sua amicizia con un cristiano per cui temeva per la sua incolumità. Avverso la decisione della Corte di Appello di Caltanisetta il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo e secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia omesso esame circa un punto decisivo della controversia ed omesso esame delle dichiarazioni e circostanze decisive per il giudizio.

Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 del dovere di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, dell’art. 10 Cost. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la Corte di Appello di Caltanisetta ha ritenuto non credibile il racconto e violato il dovere di cooperazione istruttoria escludendo così i presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria.

Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost. e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Caltanisetta non ha riconosciuto il diritto ad un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il ricorso è inammissibile in ordine a tutti i motivi.

I motivi di ricorso da trattarsi congiuntamente in quanto tra loro avvinti, si sostanziano per la gran parte in una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della Corte, dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento circa la mera eventualità del pericolo paventato dal ricorrente e riconducibile a questioni di carattere privato prive di rilevanza ai fini della concessione della protezione internazionale.

Tale richiesta di riesame non è evidentemente deducibile quale motivo di impugnazione in questa sede di legittimità, ancor più in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente, cioè il Pakistan.

Il giudice territoriale non è venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 avendo semplicemente ritenuto, a monte, che sulla base dei fatti lamentati e le vicende riferite dal ricorrente non sussista la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) sia pure nell’ambito dell’onere probatorio cd. attenuato, e che in ogni caso doveva escludersi un’esposizione alla lesione dei diritti fondamentali della persona o l’esistenza di una situazione di pericolo legata alla situazione individuale dell’istante.

In particolare riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, la sentenza impugnata esamina la situazione della zona di provenienza e di conseguenza non ravvisa i presupposti per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) in quanto non risulta dalle indicate fonti reperibili interessata dalla presenza di un conflitto di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona.

Il motivo in ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria si rivela inammissibile in quanto censura senza peraltro alcun riferimento alla situazione individuale l’accertamento di merito compiuto dalla Corte in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente. Il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

In riferimento alla disposizione dell’art. 10 Cost., questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste dai tre istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251 e di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6; con la conseguenza che non vi è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3, in chiave processuale o strumentale, a tutela di chi abbia diritto all’esame della sua domanda di asilo alla stregua delle vigenti norme sulla protezione. (Cass. 10686 del 2012; n. 16362 del 2016).

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater ove dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile della Corte di Cassazione, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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