Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5391 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. I, 27/02/2020, (ud. 25/10/2019, dep. 27/02/2020), n.5391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 22646/17 proposto da:

-) X.A., e Xh.Al., sia in proprio che quali

esercenti la potestà familiare sul figlio minore X.B.,

elettivamente domiciliati in Roma, via Giorgio Scalia n. 12, presso

l’avv. Leonardo Casu, che li difende per procura apposta in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

-) Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di

Perugia;

– intimata –

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia 22 giugno 2017 n.

66;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25

ottobre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti;

udito il difensore del ricorrente, avv. Leonardo Casu;

udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Capasso Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. X.A. ed Xh.Al., coniugi e genitori del minore X.B. (dell’età, oggi, di 11 anni), nel 2017 chiesero al Tribunale per i minorenni di Perugia il permesso di soggiorno temporaneo di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3.

Il ricorso per cassazione non indica quali circostanze di fatto i ricorrenti dedussero a fondamento della domanda introduttiva del presente giudizio.

2. L’istanza venne rigettata dal Tribunale con decreto 22.5.2017, e reclamato dalle parti odierne ricorrenti.

La Corte d’appello di Perugia, con decreto 22.6.2017, rigettò il reclamo, osservando che “non si desumono dal reclamo” le ragioni giustificative della domanda, e che in esso “manca ogni allegazione di motivi di presumibile danno” per il minore.

3. Avverso tale decreto hanno proposto ricorso per cassazione X.A. ed Xh.Al. con ricorso fondato su tre motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi di ricorso.

1.1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31.

Sostengono che il proprio figlio, nato in (OMISSIS), vive però in Italia dal 2014, e qui frequenta la scuola e ha instaurato un solido rapporto affettivo con i genitori, i cugini e l’ambiente dove vive.

Se, quindi, fosse costretto a seguire i genitori nel Paese di origine, il distacco da questo contesto rappresenterebbe per lui un grave pregiudizio per la sua salute psicofisica.

Anche col secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 nonchè la “carenza e illogicità della motivazione”.

Vi si sostiene che i genitori del minore, persone dalla condotta irreprensibile, hanno avviato “un positivo processo di integrazione” in Italia, sicchè la loro espulsione provocherebbe “la lesione del diritto fondamentale del figlio minore all’unità familiare nell’ambito dell’integrazione raggiunta”.

Col terzo motivo, infine, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 29 Cost. e dell’art. 3 della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo.

Deducono che nel caso di specie sarebbe mancata “da parte della Corte d’appello qualsivoglia approfondimento sulla situazione reale concreta del minore e della sua famiglia”.

2. Questione preliminare.

2.1. I ricorrenti hanno dichiarato di proporre il ricorso per cassazione oggetto del presente giudizio sia in proprio che “nella qualità di genitori esercenti la patria potestà (sic) sul figlio minore X.B.”.

Tale ultima affermazione deve ritenersi tamquam non esset, in quanto non risulta essere stata formulata in giudizio alcuna domanda in nome e per conto del minore, ai sensi dell’art. 320 c.c..

Gli odierni ricorrenti hanno infatti inteso far valere un diritto proprio: quello di potere rimanere in Italia pur non avendo un titolo legittimante il soggiorno. E sebbene tale diritto sia subordinato all’accertamento dell’interesse del minore, titolare di esso restano i genitori del minore, non quest’ultimo.

3. Inammissibilità del ricorso.

3.1. Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

Esso, infatti, è totalmente privo dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, ed esordisce ex abrupto con l’esposizione dei motivi di impugnazione (cfr. pag. 2 del ricorso).

La mancanza dell’esposizione dei fatti di causa è sanzionata dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, con l’inammissibilità del ricorso.

Nè tale vizio può dirsi sanato dal raggiungimento dello scopo, ex art. 156 c.p.c..

A prescindere, infatti, dalla vexata quaestio circa la possibilità che il raggiungimento dello scopo possa sanare ex art. 156 c.p.c. non solo le nullità formali, ma anche i vizi di inammissibilità (disputa sulla quale non è necessario qui prendere posizione), quel che rileva è che l’esposizione dei motivi nulla consente di stabilire circa l’oggetto della domanda e lo sviluppo del processo.

Da essa, in particolare, non è dato desumere:

a) quali fatti concreti vennero dedotti nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, a fondamento della domanda (è significativo, a tal riguardo, rimarcare che la difesa dei ricorrenti non si è data cura nemmeno di indicare dinanzi al Tribunale per i minori di quale città venne proposta la domanda in primo grado);

b) con quali argomenti il Tribunale rigettò la domanda;

c) con quali argomenti la decisione del primo giudice venne censurata in appello.

L’omissione sub (a) impedisce di stabilire se le doglianze proposte in questa sede siano nuove oppur no; le omissioni sub (b) e (c) impediscono di stabilire se si sia formato un giudicato interno.

I rilievi che precedono non consentono di condividere le conclusioni formulate in pubblica udienza dal Procuratore Generale, nella parte in cui ha sollecitato la Corte a “desumere l’esposizione dei fatti di causa dalla illustrazione dei motivi di ricorso”. Operazione certamente consentita in teoria (come già ritenuto da Sez. 3 -, Sentenza n. 17036 del 28/06/2018, Rv. 649425 – 01), ma nella specie impossibile, per le carenze già sopra indicate.

3. Le spese.

3.1. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica.

3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), a condizione che esso sia dovuto: condizione che non spetta a questa Corte stabilire. La suddetta norma, infatti, impone all’organo giudicante il compito unicamente di rilevare dal punto di vista oggettivo che l’impugnazione ha avuto un esito infruttuoso per chi l’ha proposta.

Incidenter tantum, rileva nondimeno questa Corte che ai sensi del D.Lgs. 30 maggio 2012, n. 115, art. 10, comma 2, non è soggetto al contributo unificato il processo “comunque riguardante la prole”, ed in tale categoria di giudizi rientra anche il presente.

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto;

(-) visto il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, comma 4, u.p., ed il p. 4.2 della Circolare del Primo Presidente di questa Corte n. 47/06/SG del 17.1.2006, dispone che i dati personali relativi al minore di cui si fa menzione nella presente sentenza siano oscurati.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile della Corte di cassazione, il 25 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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