Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5391 del 07/03/2014
Civile Sent. Sez. 1 Num. 5391 Anno 2014
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: BISOGNI GIACINTO
Rep. 9 1 0
SENTENZA
Ud. 8/11/13
sul ricorso proposto da:
Carlo Della Torre, elettivamente domiciliato in Roma,
via Claudio Monteverdi 16, presso lo studio Consolo,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Passaro e
Marco Tronci per delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
Giuliano Castellino, Gino Rosato e Giovanni Rosato;
– intimati
–
avverso la sentenza n. 922/2007 della Corte di appello
di Roma, emessa il 6 febbraio 2006, depositata il 22
febbraio 2007, RG n.
9906/03;
Data pubblicazione: 07/03/2014
sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Giuseppe Corasaniti che ha concluso per
la dichiarazione di inammissibilità o, in subordine,
per il rigetto del ricorso;
Rilevato che:
Tribunale di Roma, Giovanni Rosato, Gino Rosato e
Giuliano Castellino, soci della GB Auto s.n.c.,
per ottenere la dichiarazione di nullità della
delibera di esclusione dalla società per
violazione dell’art. 2287 primo comma c.c. Ha
dedotto il mancato rispetto della procedura
prescritta da tale norma e l’insussistenza dei
fatti contestati.
2. Si sono costituiti i soci e hanno chiesto il
rigetto dell’impugnazione della delibera o, in
subordine
e
in
via
riconvenzionale,
l’accertamento della sussistenza della causa di
esclusione.
3. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 7 luglio il settembre 2002, ha rilevato che la titolarità
attiva e passiva dei rapporti in cui sia parte la
società spetta ad essa e non ai soci sicché
questi ultimi difettano di legittimazione
passiva.
4. Ha proposto appello Della Torre contestando la
decisione di primo grado perché fondata su una
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1. Carlo Della Torre ha convenuto, davanti al
decisione di legittimità relativa a una diversa
domanda e rilevando che non era stata sollevata
alcuna eccezione di difetto di legittimazione
passiva da parte dei soci.
5. La Corte di appello di Roma ha respinto l’appello
ritenendo che il difetto di legittimazione
l’appello, quanto alla ritenuta insussistenza del
difetto di legittimazione, fosse privo di
specificità.
6. Ricorre per cassazione Carlo Della Porta con due
motivi illustrati da memoria difensiva.
7. Non svolgono difese Giovanni Rosato, Gino Rosato
e Giuliano Castellino.
8. Con il primo motivo di ricorso si deduce
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 e
161 c.p.c. in relazione agli artt. 1362 e segg.
c.c. nonché omessa e/o errata motivazione. Il
ricorrente ritiene che non sia necessaria una
puntuale analisi critica delle valutazioni e
delle conclusioni del giudice di primo grado
analoga a quella richiesta per i motivi di
ricorso per cassazione e contesta pertanto di
essere incorso in inammissibilità dell’appello
sostenendo di aver comunque enunciato i punti sui
quali ha chiesto al giudice del secondo grado il
riesame delle questioni costituenti il fondamento
della decisione.
9. Con il secondo motivo di appello si deduce la
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passiva fosse rilevabile d’ufficio e che
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 81,
101, 102 c.p.c. in relazione agli artt. 2266,
2267, 2291 c.c. nonché la omessa e/o errata
motivazione. Il ricorrente ritiene che; ai fini
di una rituale instaurazione del contraddittorio
nei confronti di una società di persone, è
soci facendo poi stato la sentenza emessa nei
loro confronti anche nei confronti della società.
Ritenuto che
/O. Il primo motivo di ricorso è fondato. Nell’atto
di appello vi è una chiara e specifica
contestazione alla sentenza di primo grado
proprio in quanto ha ritenuto decisivo, al fine
di escludere la legittimazione passiva dei soci
della società in nome collettivo, nel giudizio di
impugnazione della delibera di esclusione del
socio, il precedente delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione citato nella sentenza di
primo grado. L’appellante rappresenta infatti la
diversità del caso oggetto della decisione delle
Sezioni Unite da quello in esame e ritiene che
l’esclusione della necessità di chiamare in
giudizio i soci, di una società di persone, in
una causa relativa alla liquidazione della quota
del socio receduto o escluso o deceduto, non può
significare l’esclusione della legittimazione dei
soci nel diverso giudizio di impugnazione della
delibera di esclusione. Seppure in termini
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sufficiente la presenza in giudizio di tutti i
sintetici la questione della pertinenza del
precedente giurisprudenziale fondante la
decisione di primo grado è stato posta con
riferimento alla diversità della domanda decisa e
come tale doveva essere esaminatA dalla Corte
distrettuale.
riferimento ai precedenti giurisprudenziali
specifici, sia recenti che risalenti, in materia
di opposizione avverso l’espulsione del socio di
una società di persone
nn.
(Cass. civ. sezione I,
25860 del 2 dicembre 2012, 8570 dell’8 aprile
2009, 13438 del 12 settembre 2003, 3962 del 24
giugno 1980, 1781 del 9 maggio 1977)
in cui si
afferma che è consentita, come modalità
equipollente di instaurazione del
contraddittorio, la citazione di tutti i soci
invece che della società non essendo
configurabile un interesse della società, intesa
come autonomo soggetto giuridico, che non si
identifichi con la somma degli interessi dei
soci
medesimi. Di recente la giurisprudenza di
legittimità (Cass. civ. sezione I n. 5248 del 2
aprile 2012 e n. 12125 del 23 maggio 2006) ha
anche chiarito che la domanda di liquidazione
della quota
di una società di persone (o
di
fatto) da parte del socio receduto o escluso,
ovvero degli eredi del socio defunto, fa valere
un’obbligazione non degli altri soci, ma della
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//.Anche il secondo motivo appare fondato con
società
medesima
quale
unico
soggetto
passivamente legittimato e che
il
contraddittorio, nei confronti della società, può
ritenersi regolarmente instaurato anche nel caso
in cui non sia convenuta la società, ma siano
citati in giudizio tutti i suoi soci, solo se
della domanda e con apprezzamento di fatto
riservato al giudice di merito, che l’attore
abbia proposto l’azione nei confronti della
società per far valere il proprio credito nei
suoi confronti.
12.11 motivo di ricorso è pertanto fondato sia in
quanto evidenzila la diversità della ipotesi della
impugnazione della esclusione del socio di
società di persone da quella della domanda di
liquidazione della quota del socio cessato, sia
perché mette
in rilievo come la stessa pronuncia
delle Sezioni Unite civili n. 291 del 2000,
citata dai giudici di merito, ha escluso la
necessità dell’integrazione del contraddittorio
nei confronti della totalità dei soci
nell’ipotesi in cui il giudizio per la
liquidazione della quota sia stato proposto,
correttamente, nei confronti della società mad
non ha affatto escluso che tale chiamata in
giudizio dei soci possa avvenire. Né, secondo la
giurisprudenza successiva, può ritenersi che il
precedente delle Sezioni Unite abbia escluso
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risulti accertato, attraverso l’interpretazione
l’equipollenza della chiamata in giudizio di
tutti i
soci alla condizione, da verificare
attraverso l’interpretazione della domanda e con
apprezzamento di fatto riservato al giudice di
merito, che l’attore abbia proposto l’azione per
far valere il proprio credito nei confronti della
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza
impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma che,
in diversa composizione, regolerà anche le spese del
giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
dell’8 novembre 2013.
Il Giudice rel.
Giacintjo
ADCA,A.v3C./
cORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Si attesta la registrazione presso
Il resi ente
società.