Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5391 del 07/03/2011

Cassazione civile sez. II, 07/03/2011, (ud. 02/02/2011, dep. 07/03/2011), n.5391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.F. (OMISSIS), C.O. elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA TRIONFALE 5637, presso lo studio

dell’avvocato D’AMARIO FERDINANDO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

e contro

C.E.;

– intimata –

e sul ricorso n. 22852/2005 proposto da:

C.E. (OMISSIS) elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato LAURI

ALESSANDRO ST MANFREDONIA & ASSOCIATI LANZI, difesa unitamente

agli

avvocati SUCAPANE GIORGIO, CASELLA ARMANDO;

– controricorrente ricorrente incidentale –

e contro

C.O., C.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 420/2004 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 22/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/02/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso previa riunione dei ricorsi rigetto di

entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 26-4-1988 i germani C.O. e C.F. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Avezzano la sorella C.E. chiedendo dichiararsi la divisione dei beni relitti dalla madre P.C., deceduta in data (OMISSIS), beni di cui, da allora, la sorella aveva usufruito in maniera esclusiva.

La convenuta costituendosi in giudizio chiedeva il rigetto della domanda attrice deducendo che la madre le aveva alienato, con un contratto di vitalizio, l’unico suo bene (un piccolo fabbricato sito in (OMISSIS)) e, di seguito, aveva ribadito tale volonta’ con un testamento, a mezzo del quale le aveva assegnato la quota disponibile, al tempo stesso esprimendo la volonta’ che in essa venisse ricompreso l’immobile di cui si discute.

Il Tribunale, accertata l’inefficacia del vitalizio nei confronti degli attori e l’indivisibilita’ dell’immobile, lo assegnava per intero alla convenuta che, titolare della quota maggiore (posto che le era stessa assegnata col testamento la quota disponibile) ne aveva fatto richiesta, la condannava a pagare i conguagli dovuti ai fratelli e respingeva la domanda attrice relativa alla condanna al pagamento dei frutti.

Proposta impugnazione da parte di C.O. e C. F. cui resisteva C.E. che formulava altresi’ appello incidentale la Corte di Appello de L’Aquila con sentenza del 22-6-2004, in parziale accoglimento dell’appello principale, ha condannato C.E. al pagamento dei frutti percetti nella misura e con le decorrenze di cui in motivazione.

Per la cassazione di tale sentenza C.O. e C. F. hanno proposto un ricorso affidato a quattro motivi cui C.E. ha resistito con controricorso introducendo anche un ricorso incidentale articolato in tre motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.

Per ragioni di priorita’ logico – giuridica occorre anzitutto esaminare il ricorso incidentale con il quale C.E., deducendo violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, assume che il giudice di appello, confermando sul punto la decisione dei Tribunale di Avezzano, ha erroneamente rigettato la domanda dell’esponente per il riconoscimento in proprio favore della proprieta’ esclusiva dell’intero fabbricato sito in (OMISSIS), in forza del contratto di vitalizio del 2/7/1967 con il quale P.C. aveva ceduto alla figlia E. tale immobile in cambio di assistenza morale e materiale;

invero la Corte “ha ritenuto inopponibile il suddetto vitalizio agli appellanti principali per essere privo di data certa e perche’ la P. a quel tempo non poteva ancora disporre del bene di cui era semplice assegnataria senza che le controparti avessero contestato sotto qualsiasi profilo il vitalizio.

Con il secondo motivo la ricorrente incidentale, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1478 e 2704 c.c. ed insufficiente motivazione, assume che comunque il suddetto vitalizio aveva data certa, posto che alla data del 22-10-1984 il notaio Prandi aveva riportato nell’atto di ultima volonta’ la dichiarazione di P.C. “di non poter sottoscrivere il presente testamento per infermita’ alla mano destra dovuta all’eta’”;

ricorreva quindi l’impossibilita’ fisica contemplata dall’art. 2704 c.c. dalla quale si desumeva che il vitalizio alimentare, precedendo il testamento, aveva privato la P. del potere di disporre con un atto di ultima volonta’ dell’unico bene a lei appartenente, avendolo gia’ trasferito alla figlia C.E.; secondo quest’ultima si perverrebbe alle stesse conclusioni qualora si ritenesse che solo l’evento morte aveva attribuito data certa al vitalizio, posto che anche in questo caso il testamento non potrebbe produrre effetti, avendo la P. ceduto il fabbricato immediatamente prima del decesso.

La ricorrente incidentale ritiene poi irrilevante la circostanza che al momento della stipula del vitalizio in data 2-7-1967 la P. non fosse ancora proprietaria del bene, atteso che, essendo costei divenuta proprietaria dell’immobile il 2-3-1982 a seguito di compravendita stipulata con il Provveditorato alle Opere Pubbliche, tale effetto traslativo si era verificato contestualmente alla vendita ai sensi dell’art. 1478 c.c., comma 2.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono fondate.

La sentenza impugnata ha ritenuto che il contratto di vitalizio con il quale P.C. aveva alienato alla figlia C. E. l’unico suo bene era inopponibile agli appellanti principali;

perche’ privo di data certa; inoltre, premesso che il suddetto immobile, realizzato dal Genio Civile dopo il terremoto che aveva colpito la Marsica nel 1915, era stato alienato dal Provveditorato alle Opere Pubbliche alla P. in data 2-3-1982, il giudice di appello ha rilevato che all’epoca di stipula del vitalizio suddetto (anno 1967), quest’ultima non poteva disporre del bene, non essendone ancora proprietaria, ma semplice assegnataria.

Sotto un primo profilo deve rilevarsi che la scrittura privata avente ad oggetto il suddetto vitalizio, di cui non e’ contestata la sottoscrizione, aveva comunque data certa ai sensi dell’art. 2704 c.c. anteriormente al giorno del decesso della P., avvenuto il (OMISSIS); tale rilievo quindi, relativo alla operativita’ nella specie di un evento idoneo per dettato normativo a conferire efficacia alla data di redazione della suddetta scrittura privata nei confronti dei terzi, rende superata la questione riguardante la opponibilita’ di essa agli attuali ricorrenti principali.

Deve poi aggiungersi, quanto all’assunto che la P. al momento della conclusione del vitalizio aveva alienato un bene di cui non era ancora proprietaria, che al contratto di rendita vitalizia costituito mediante trasferimento di un bene sono applicabili per analogia le norme sulla vendita di cosa altrui (Cass. 24-10-1978 n. 4801), cosicche’ ai sensi dell’art. 1478 c.c., comma 2 l’effetto reale del vitalizio suddetto in favore di C.E. si e’ realizzato dal momento in cui la P. era divenuta proprietaria dell’immobile per cui e’ causa in seguito alla compravendita del 2-3-1982.

Con il terzo motivo C.E., deducendo contraddittoria ed insufficiente motivazione, censura la sentenza impugnata per aver condannato l’esponente al pagamento dei frutti percetti relativi all’immobile per cui e’ causa per averne avuto il possesso esclusivo insieme alla madre P.C..

Tale motivo resta assorbito all’esito dell’accoglimento dei precedenti motivi di ricorso.

Venendo quindi al ricorso principale, si rileva che con il primo motivo O. e C.F., deducendo vizio di motivazione e violazione dell’art. 112 c.p.c., assumono che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto indivisibile il fabbricato per cui e’ causa sulla base dell’accertamento operato dal C.T.U. ingegner Pa. secondo cui l’edificio era costituito da due vani al piano terra e due vani al primo piano per una superficie totale di soli mq. 67,30.

Con il secondo motivo i ricorrenti principali deducono omesso esame dell’eccezione sollevata secondo cui le due porzioni abitative del fabbricato per cui e’ causa erano perfettamente corrispondenti alle due quote (mq. 35,40 corrispondenti ai 5/9 di spettanza di C. E., e mq. 31,90 corrispondenti ai 4/9 di spettanza degli appellanti principali).

Con il terzo motivo i ricorrenti principali, deducendo vizio della motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver assegnato la proprieta’ dell’intero immobile alla controparte invece che agli esponenti avendo rilevato che, mentre questi ultimi vivevano altrove, l’appellata aveva sempre vissuto in quella casa insieme alla madre.

Con il quarto motivo i ricorrenti principali, deducendo violazione dell’art. 720 c.c. e segg., assumono che la Corte territoriale non ha considerato, quanto al valore del fabbricato per cui e’ causa, che gli appellanti principali avevano dedotto che i lavori sull’immobile erano stati eseguiti da Pe.Co., figlia di C. E., cosicche’ erroneamente la sentenza di primo grado, nel decidere sui rapporti economici tra le parti, aveva riconosciuto alla controparte, che pure non aveva eseguito tali lavori, un credito di L. 95.000.000 riferibile a terzi.

Tutte le enunciate censure restano assorbite, considerato che, all’esito dell’accoglimento dei primi due motivi del ricorso incidentale, vengono meno tutte le questioni che presuppongono, con riferimento all’immobile sopra menzionato (che esauriva l’intero asse ereditario, come rilevato dalla sentenza impugnata), la sua natura di bene oggetto di comunione ereditaria tra le parti.

In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la domanda introdotta nel primo grado di giudizio da C.O. e C.F. deve essere rigettata.

Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla natura peculiare della controversia, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio di appello e del presente giudizio.

PQM

LA CORTE Riunisce i ricorsi, accoglie i primi due motivi del ricorso incidentale, dichiara assorbito il terzo motivo ed il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta nel primo grado di giudizio da C.O. e C.F.;

dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di appello e del presente giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, il 2 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2011

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