Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5390 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. I, 27/02/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 27/02/2020), n.5390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32118/2018 proposto da:

J.M., rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Barone

giusta procura allegata in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1703/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/10/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1703/2018 pubblicata il 13/04/2018 la Corte d’Appello di Napoli ha respinto l’appello di J.M., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto, in via gradata, il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o di quella umanitaria, dando atto che il Tribunale aveva accolto la domanda di protezione umanitaria. La Corte territoriale ha ritenuto non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè aveva distrutto per due volte la casa che era stata costruita sul terreno già di proprietà del suo defunto padre e di cui si era impadronito il governo. La Corte territoriale ha dichiarato inammissibile il motivo d’appello relativo al riconoscimento dello status di rifugiato ed ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, avuto anche riguardo alla situazione generale del (OMISSIS), descritta nella sentenza impugnata, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, deliberato in via provvisoria ed anticipata dal C.O.A. di Napoli in data 17-7-2018, propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e 5 – D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, art. 27, comma 1 bis (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Lamenta che il Tribunale e successivamente la Corte d’appello abbiano formato il proprio convincimento sulla base della credibilità soggettiva del richiedente, omettendo di esercitare il potere istruttorio ufficioso.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 7, 8 e 11 – del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 2 (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Deduce che i fatti narrati, integranti atti di persecuzione sufficientemente gravi e valutati erroneamente dal Tribunale, non sono in contraddizione con le notizie e le informazioni generali sul Paese di provenienza, caratterizzato da una difficile situazione di sicurezza. Allega che in caso di rimpatrio rischia di subire atti di violenza fisica e psichica e non può avere protezione dallo Stato.

3. Con il terzo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c, (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Si duole dell’errata valutazione da parte del Tribunale circa l’insussistenza di violenza generalizzata in diverse aree e regioni del (OMISSIS), dato che la situazione di episodi violenti non era controllata effettivamente dalle autorità statuali. Richiama la giurisprudenza di questa Corte e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nonchè le notizie diffuse su diversi siti e sul sito viaggiare sicuri ed assume di avere diritto alla protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) cit. D.Lgs..

4. Con il quarto motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Lamenta la mancanza di specifica motivazione circa la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, ponendo in rilievo l’attuale situazione socio-politica-economica del (OMISSIS), con riferimento all’art. 2 Cost. e all’art. 3 CEDU. Rimarca che l’instabilità politica e sociale del suo Paese e l’insufficiente rispetto dei diritti umani, alla salute e all’alimentazione sconsigliano il rimpatrio, date le condizioni di vita precarie del Paese.

5. Tutti i motivi di ricorso sono manifestamente inammissibili.

5.1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo, che, nel giudizio di cassazione, risolvendosi in un “non motivo”, è sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, (tra le tante Cass. n. 17330/2015 e n. 22478/2018).

5.2 Nel caso di specie, preliminarmente la Corte territoriale ha dato atto che con l’ordinanza impugnata del Tribunale di Napoli era stata riconosciuta al richiedente la protezione umanitaria e ha quindi affermato che la riproposizione della domanda relativa a detta misura nell’atto di appello era da ascrivere a un refuso. La Corte d’appello ha ritenuto “radicalmente inammissibile” il capo di domanda relativo al riconoscimento dello status di rifugiato, rimarcando che: 1) il richiedente aveva dichiarato di essere emigrato per motivi connessi ad atti di danneggiamento da lui stesso compiuti, in conseguenza del fatto che il governo aveva riassegnato a terzi una casa prima assegnata al suo defunto genitore, e il Tribunale aveva negato il riconoscimento del rifugio motivando sulla base di detta circostanza; 2) l’appellante non aveva svolto alcuna specifica censura in ordine alla suddetta motivazione dell’ordinanza impugnata (pag.n. 4 sentenza impugnata).

La Corte territoriale ha inoltre negato il diritto dell’appellante al riconoscimento della protezione sussidiaria rilevando che: a) l’appellante non aveva allegato neppure che in patria fosse stato iniziato un processo penale a suo carico per i fatti dallo stesso commessi, nè aveva dedotto il timore di pericoli di sorta nel caso di suo rientro in (OMISSIS); b) in base alle fonti citate nella sentenza impugnata era in atto un processo di democratizzazione del Paese di origine del richiedente e il quadro complessivo del contesto socio-politico del (OMISSIS) consentiva di escludere che vi fosse in atto qualche rischio di persecuzione per l’appellante e che vi fosse una situazione di violazione dei diritti civili o di violenza indiscriminata o conflitto armato (pag. n. 5 e 6 della sentenza impugnata).

5.3. Ciò posto, le censure svolte in ricorso con i primi tre motivi non hanno alcun collegamento con il percorso argomentativo di cui alla sentenza impugnata appena riassunto. Le doglianze sul diniego del rifugio politico e della protezione sussidiaria (motivi secondo e terzo) sono espressamente svolte con riferimento alla decisione del Tribunale di Napoli, e non a quella della Corte d’appello (pag. n. 4, 5 e 7 del ricorso). Invero anche nel frontespizio del ricorso e nelle conclusioni si legge che oggetto di impugnazione è il “decreto” del Tribunale di Napoli, anche se la data di emissione e pubblicazione del provvedimento impugnato in cassazione, nonchè il numero di R.G. che il ricorrente ha indicato sono quelli della sentenza della Corte d’appello n. 1703/2018, prodotta in allegato al ricorso.

In ogni caso, anche a voler ritenere trattarsi di reiterati refusi, non è dato rinvenire nel ricorso alcuna critica specifica alla motivazione della Corte territoriale con cui è stato ritenuto inammissibile l’appello nella parte relativa alla concessione al ricorrente dello status di rifugiato ed è stato invece rigettato il gravame quanto alla protezione sussidiaria.

Solo con il primo motivo il ricorrente censura, del tutto genericamente, la valutazione di credibilità soggettiva effettuata anche dalla Corte d’appello, ma ancora una volta non si confronta con il percorso argomentativo della sentenza impugnata. Infatti neppure riporta la ricostruzione dei fatti effettuata dal Giudice di secondo grado, nè minimamente confuta quanto argomentato da detto Giudice sui motivi della fuga del richiedente dal (OMISSIS), nonostante che la denunciata omissione dei poteri istruttori ufficiosi sui riscontri di credibilità risulti logicamente incompatibile con la ricostruzione della vicenda personale effettuata dai Giudici di merito proprio sulla base delle dichiarazioni ed allegazioni dello stesso richiedente.

Resta da aggiungere che il quarto motivo di ricorso prescinde dalle motivazioni della sentenza impugnata al punto tale che viene riproposta la domanda diretta al riconoscimento della protezione umanitaria, decisa, sin dal primo grado, con statuizione favorevole al ricorrente.

6. Alla stregua delle considerazioni espresse nel paragrafo che precede, ricorre, nella fattispecie scrutinata, la violazione dell’obbligo di lealtà e probità processuale di cui all’art. 88 c.p.c., da intendersi integrata anche in ogni ipotesi di inutile dispendio di attività processuale, posta in essere in dispregio del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo derivante dall’art. 111 Cost., comma 2, e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (ex plurimis Cass. Sez. U. n. 26373/2008 e n. 18810/2010). Si impone, conseguentemente, la trasmissione della presente ordinanza, ai sensi del citato art. 88, comma 2 al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati a cui è iscritto il difensore del ricorrente, per quanto di competenza.

7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendosi disporre circa le spese del presente giudizio, atteso che il Ministero si è costituito tardivamente.

8. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. S.U. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e, visto l’art. 88 c.p.c., comma 2, dispone la trasmissione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati a cui è iscritto il difensore del ricorrente, per quanto di competenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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