Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5390 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2010, (ud. 08/02/2010, dep. 05/03/2010), n.5390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t, elettivamente

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende secondo la legge;

– ricorrente –

contro

F.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 22/11/06 della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 12.4.2006;

Udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

giorno 8.2.2010 dal relatore Cons. Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Bologna, il signor F.S., esercente la professione di agente di commercio, impugno’ il silenzio rifiuto opposto dal competente ufficio dell’agenzia delle entrate alla sua richiesta di rimborso delle somme versate a titolo di IRAP per gli anni 1998, 1999 e 2000.

1.2.- La sentenza n. 50/10/2004, con cui la commissione adita aveva accolto il ricorso, sul rilievo dell’insussistenza del presupposto impositivo, impugnata dall’ufficio secondo il quale il contribuente aveva percepito reddito d’impresa, di per se’ soggetto ad IRAP -, fu confermata dalla commissione regionale che, con la sentenza indicata in epigrafe, giudico’ applicabile l’imposta solo ai professionisti che si avvalgono di autonoma organizzazione, della quale era privo l’appellante.

1.3.- Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’agenzia delle entrate, con un solo motivo, cui non resiste l’intimato contribuente.

2.- Motivo del ricorso.

2.1.- Con l’unico motivo di ricorso, l’agenzia delle entrate – denunziando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2 e 3, comma 1, lett. b); degli artt. 2082, 2083, 2222, 2229, 2195 c.c.;

del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 53 e 55 (TUIR) – censura la sentenza impugnata per non aver considerato che l’attivita’ di agente di commercio, svolta dal contribuente intimato, e’ di carattere imprenditoriale, poiche’ consiste in “un’attivita’ ausiliaria a quella di intermediazione nella circolazione dei beni”, per cui il titolare e’ tenuto all’iscrizione nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2195 c.c., n. 5; e quindi per avere erroneamente escluso l’esistenza, nel caso specifico, del presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione, la cui presenza e’ invece insita per definizione nell’attivita’ dell’imprenditore.

E’ formulato il seguente quesito:

2.1.1.- “se l’attivita’ di agente di commercio ha natura imprenditoriale e, come tale, e’ assoggettabile a IRAP senza necessita’ di indagini di fatto relative all’esistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, che e’ intrinseco alla natura stessa dell’attivita’ svolta”.

3.- Decisione.

3.1.- Il ricorso deve essere rigettato.

3.2.- Nulla devesi disporre in ordine alle spese di questo giudizio di cassazione, perche’ la parte intimata non vi ha svolto difese.

4.- Motivi della decisione.

4.1.- Le S.U. di questa suprema corte, risolvendo con la sentenza n. 12108/2009 questione identica a quella oggetto del presente ricorso, considerata di particolare importanza, hanno concluso nel senso che l’attivita’ non e’ sempre, ed in ogni caso, di carattere imprenditoriale.

4.1.1.- Infatti, l’attivita’ professionale dell’agente di commercio – per il cui svolgimento la legge e le direttive europee non esigono la struttura d’impresa, peraltro non deducibile necessariamente dall’obbligo d’iscrizione nel relativo registro -, pur essendo collocabile, sul piano civilistico, fra quelle ausiliarie contemplate dall’art. 2195 c.c., deve ritenersi organizzata ed espletata in forma d’impresa, ai fini tributari e specialmente in tema di applicazione dell’IRAP, sol quando il giudice accerti la ricorrenza nel caso concreto dei “requisiti minimi perche’ si possa parlare realmente d’impresa, e non invece, di lavoro autonomo…legittimamente inciso dall’IRAP solo qualora vi sia organizzazione di capitali o lavoro altrui, ossia quando vi sia un quid pluris che ecceda il lavoro personale di colui che svolge l’attivita’ di riferimento”.

4.1.2.- Cio’ perche’ sussiste una “area grigia” fra i concetti di impresa e di lavoro autonomo, rappresentata dalle attivita’ ausiliarie di cui all’art. 2195 c.c.; cosicche’ tali attivita’ ausiliarie, “pur essendo ai fini delle imposte sul reddito considerate produttive di reddito d’impresa, possono essere (e spesso sono) svolte dal soggetto senza organizzazione di capitali o lavoro altrui”; in quest’ultima ipotesi, non possono essere considerate attivita’ d’impresa ai fini dell’Irap, non trovando corrispondenza nella rado del tributo, “in contraddizione con una interpretazione costituzionalmente orientata del presupposto impositivo. Non e’, infatti, la oggettiva natura dell’attivita’ svolta ad essere alla base dell’imposta, ma il modo – autonoma organizzazione – in cui la stessa e’ svolta, ad essere razionale giustificazione di una imposizione sul valore aggiunto prodotto, un quid che eccede il lavoro personale del soggetto ed implica appunto “organizzazione di capitali o lavoro altrui” (le frasi fra virgolette sono tratte dalla motivazione della sentenza citata).

4.2.- I collegio, condividendo tale giurisprudenza, e non essendo offerti dalla ricorrente argomenti che inducano a diverse conclusioni, delibera quindi di rispondere al quesito di diritto riportato al par. 2.1.1 in senso conforme alla conclusione cui perviene la citata sentenza delle S.U.: “Pertanto, anche con riferimento all’agente di commercio… deve essere ribadito il principio che la soggezione ad IRAP della sua attivita’ e’ possibile solo nell’ipotesi in cui sussista il requisito dell’autonoma organizzazione che costituisce accertamento di fatto spettante al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato”.

4.4.- Nel caso di specie, la sentenza della commissione regionale, che ha riscontrato l’inesistenza di fatto degli elementi indicanti l’autonoma organizzazione, non e’ stata censurata sul punto per eventuali vizi di motivazione. La decisione e’ quindi nel senso indicato al par. 3.

5.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 8 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

 

 

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