Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5389 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. I, 27/02/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 27/02/2020), n.5389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32115/2018 proposto da:

K.M., rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Barone,

giusta procura allegata in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2384/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/10/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2384/2018 pubblicata il 23/05/2018 la Corte d’Appello di Napoli, dichiarata ammissibile, in riforma dell’ordinanza impugnata del Tribunale di Napoli, la domanda di K.M., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto il riconoscimento della protezione internazionale o, in via gradata, di quella umanitaria, ha respinto nel merito la suddetta domanda. La Corte territoriale, rilevato che il ricorrente aveva riferito di aver lasciato il (OMISSIS) perchè la sua famiglia era in una condizione di indigenza, ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del (OMISSIS), nonchè considerando irrilevante la situazione della Libia, dove il ricorrente si era trattenuto per un paio di anni a motivo di precario lavoro.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 5 – del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, art. 27, comma 1 bis, (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Lamenta che il Tribunale e successivamente la Corte d’appello abbiano formato il proprio convincimento sulla base della credibilità soggettiva del richiedente, omettendo di esercitare il potere istruttorio ufficioso.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 7, 8 e 11 – del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 2 (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Deduce che i fatti narrati non sono in contraddizione con le notizie e le informazioni generali sul Paese di provenienza, caratterizzato da una difficile situazione di sicurezza. Allega che in caso di rimpatrio rischia di subire atti di violenza fisica e psichica e non può avere protezione dallo Stato.

3. Con il terzo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c, (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Si duole della valutazione circa l’insussistenza di violenza generalizzata in diverse aree e regioni del (OMISSIS), dato che la situazione di episodi violenti non era controllata effettivamente dalle autorità statuali. Richiama la giurisprudenza di questa Corte e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e assume di avere diritto alla protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c).

4. Con il quarto motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Lamenta la mancanza di specifica motivazione circa la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, ponendo in rilievo l’attuale situazione socio-politica-economica del (OMISSIS), con riferimento all’art. 2 Cost. e all’art. 3 CEDU. Rimarca che l’instabilità politica e sociale del suo Paese e l’insufficiente rispetto dei diritti umani, alla salute e all’alimentazione sconsigliano il rimpatrio, date le condizioni di vita precarie del Paese.

5. Sono inammissibili i primi tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, in quanto le doglianze involgono, sotto distinti ma collegati profili, il giudizio di credibilità della vicenda personale del ricorrente e la situazione generale del (OMISSIS).

5.1. La censura sul giudizio di credibilità non coglie la ratio decidendi, avendo la Corte territoriale affermato che il ricorrente è fuggito dal suo Paese per ragioni economiche, come dallo stesso reiteratamente dichiarato (pag. n. 4 della sentenza impugnata), sicchè non sono congruenti rispetto al decisum i riferimenti di cui al ricorso, peraltro del tutto generici, a persecuzioni asseritamente subite e ai doveri di cooperazione istruttoria sulla credibilità estrinseca del narrato.

5.2. Quanto alle censure sulla situazione politico sociale del (OMISSIS), la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5.

Nel caso di specie, il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto alla situazione del Paese di origine, difforme, inammissibilmente, da quella accertata nel giudizio di merito. La Corte territoriale ha infatti escluso, motivatamente, la sussistenza della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, accertando la relativa stabilità del Paese, con riguardo all’ordine pubblico.

6. E’ inammissibile anche il quarto motivo.

6.1. Il ricorrente, nel denunciare il vizio di violazione di legge e, nell’illustrazione del motivo, l’assenza di motivazione specifica, svolge doglianze totalmente generiche, senza alcun specificazione individualizzante relativa alla sua vulnerabilità soggettiva, nonchè limitandosi a richiamare la normativa applicabile. In buona sostanza il ricorrente sollecita un’inammissibile rivalutazione degli accertamenti di fatto effettuati dai Giudici di merito, che hanno, con adeguata motivazione, escluso, nel caso concreto, la sussistenza di fattori di vulnerabilità soggettiva ed oggettiva, ed hanno rimarcato, nuovamente, che, per espressa dichiarazione del ricorrente, la sua fuga era stata determinata solo da ragioni economiche. Questa Corte ha precisato che “La protezione umanitaria, nel regime vigente “ratione temporis”, tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico” (Cass. n. 3681/2019).

7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

8. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto (Cass. S.U. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro2.100 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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