Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5389 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2010, (ud. 08/02/2010, dep. 05/03/2010), n.5389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t., elettivamente

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende secondo la legge;

– ricorrente –

contro

F.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 23/11/06 della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 10.5.2006, notificata il

13.10.2006;

Udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

giorno 8.2.2010 dal relatore Cons. Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio;

Udito, per l’agenzia ricorrente, l’Avvocato dello Stato Fabrizio

Urbani Neri;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Ravenna, il signor F.F., esercente la professione di dottore commercialista, impugno’ il silenzio rifiuto opposto dal competente ufficio dell’agenzia delle entrate alla sua richiesta di rimborso delle somme versate a titolo di IRAP per gli anni 1999 e 2000.

1.2.- La sentenza n. 152/02/2004, con cui la commissione adita aveva respinto il ricorso, sul rilievo preliminare che il rimborso era impedito per avere il ricorrente presentato domanda di definizione della pendenza per condono, fu riformata, su appello del contribuente, dalla commissione regionale che, con la sentenza indicata in epigrafe, disattesa l’eccezione preliminare (questione non riproposta dall’agenzia col presente ricorso), giudico’ applicabile l’IRAP solo ai professionisti che si avvalgono di autonoma organizzazione, della quale era privo l’appellante.

1.3.- Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’agenzia delle entrate, con due motivi, cui non resiste l’intimato contribuente.

2.- Motivi del ricorso.

2.1.- Col primo motivo di ricorso, l’agenzia delle entrate – denunziando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2 e 3, (come modificati dal D.Lgs. 10 aprile 1998, n. 137) – censura la sentenza impugnata per avere, pur dopo l’interpretazione data alla norma dalla corte costituzionale con sentenza n. 156/2001, ritenuto soggetti ad IRAP solo gli esercenti di arti e professioni che si avvalgono di strutture organizzative costituite mediante impiego di capitali e di risorse umane; allorche’ l’imposta colpirebbe invece ogni attivita’ idonea a produrre valore aggiunto, inteso come “valore della produzione netta derivante dall’attivita’ esercitata” (D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 4, comma 1); sicche’, in presenza del comune requisito della capacita’ auto-organizzativa, tutti gli esercenti arti o professioni, che non si trovino in rapporto di subordinazione a terzi, sarebbero assoggettati all’IRAP. E’ formulato il seguente quesito:

2.1.1.- “se, per i soggetti che esercitano arti o professioni, l’autonoma organizzazione di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 debba essere intesa come struttura autonoma dal professionista, ovvero se non debba essere intesa, al contrario e piu’ correttamente, come auto – organizzazione dell’attivita’ professionale, gestita e svolta direttamente dalla persona fisica che la esercita, senza vincoli di subordinazione a terzi e organizzando propri mezzi”.

2.2.- Col secondo mezzo – deducendo violazione o falsa applicazione, sotto altro profilo, delle stesse norme — la ricorrente denunzia comunque l’erroneita’ dell’interpretazione, “inammissibilmente riduttiva” e sostanzialmente abrogativa dell’imposta, data dalla commissione regionale alla nozione di autonoma organizzazione, non ravvisandola nella presenza di elementi, anche minimi, di organizzazione (nel caso di specie presenti), ma soltanto in una struttura di personale e mezzi “collaterale all’attivita’ del professionista” e capace di prevalere sull’apporto personale del medesimo. Col seguente quesito:

2.2.1.- “se i soggetti che esercitano arti e professioni (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 53, comma 1, TUIR) siano soggetti passivi IRAP qualora impieghino beni strumentali, umani e/o materiali, indipendentemente dal numero e dal valore dei beni strumentali stessi, giacche’ tale impiego rivela quella coordinazione anche minima di fattori produttivi sufficiente per ritenere l’esistenza di elementi di organizzazione, presupposti dall’imposizione IRAP”.

3.- Decisione.

3.1.- Il ricorso deve essere rigettato.

3.2.- Nulla devesi disporre in ordine alle spese di questo giudizio di cassazione, perche’ la parte intimata non vi ha svolto difese.

4.- Motivi della decisione.

4.1.- I due motivi di censura (par. 2.1 e 2.2), esaminati congiuntamente perche’ strettamente connessi, sono infondati.

4.1.1.- Per l’agenzia ricorrente, la locuzione “autonomamente organizzata” – aggiunta al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, dal D.Lgs. 10 aprile 1998, n. 137, art. 1, comma 1 -, descriverebbe l’attivita’ di auto – organizzazione tipica del professionista, che non soggiace al controllo od alle direttive altrui; sicche’ resterebbe fuori dal campo dell’IRAP solo l’attivita’ del dipendente o del collaboratore.

4.1.2.- Una diversa lettura della norma – secondo la difesa erariale esposta nel primo motivo (par. 2.1) – non si accorderebbe neppure con l’interpretazione fornita dal giudice delle leggi, il quale ammette (nella citata sentenza di rigetto n. 156/ 2001 e nell’ordinanza n. 426/2002) che l’IRAP, imposta reale gravante non sul reddito, ma sul valore aggiunto prodotto mediante l’impiego di capacita’ organizzativa, colpisca sia le attivita’ imprenditoriali sia quelle professionali, in base al fattore comune dell’autonoma organizzazione; con la sola precisazione che di tale fattore, non definito dalla norma nei suoi elementi costitutivi, e’ sempre supposta l’esistenza nell’impresa mentre, per quanto riguarda gli esercenti di arti o professioni, la sussistenza di esso sarebbe ravvisabile nell’attitudine stessa del professionista o artigiano ad organizzarsi autonomamente per produrre reddito; attitudine che li renderebbe tutti ed indistintamente soggetti ad IRAP, anche se scelti dal cliente intuitu personae, esclusi soltanto quelli non dipendenti da terzi ne’ inseriti come collaboratori in un’organizzazione altrui.

4.1.3.- A tutto concedere – e cioe’, pur ipotizzando l’autonoma organizzazione come fattore oggettivo, distinto dalla stessa capacita’ organizzativa del soggetto e costituito da personale dipendente e da mezzi strumentali – la commissione regionale avrebbe violato sotto altro profilo le stesse norme di legge (secondo motivo, par. 2.2), nel subordinare l’applicabilita’ dell’IRAP all’impiego, da parte del professionista, di risorse umane o strumentali di un certo rilievo; dovendo invece ritenersi sufficiente a costituire il presupposto dell’autonoma organizzazione anche il coordinamento di una minima quantita’ di fattori produttivi.

4.2.- Tali argomentazioni non possono essere condivise.

Ai quesiti riportati ai par. 2.1.1 e 2.2.1 si deve quindi rispondere nei termini seguenti.

4.2.1.- In realta’, l’espressione “autonomamente organizzata”, assunto dalla legge quale connotato indefettibile dell’attivita’ abituale tassabile, e’ da interpretare necessariamente in senso oggettivo: non solo perche’ l’elemento dell’autonomia, se inteso in senso soggettivo, si risolverebbe in una petizione di principio (il professionista e’ autonomamente organizzato perche’ e’ un soggetto capace di organizzazione autonoma), che non avrebbe richiesto un intervento legislativo di precisazione; ma soprattutto perche’ e’ l’unica interpretazione “costituzionalmente orientata”, quindi obbligatoria per l’interprete (C. cosi, ordin. n. 452/2005, 361/2005, 283/2005, 433/2004; sent. nn. 198/2003, 107/2003, 316/2001, 113/2000), essendo stato acclarato dal giudice delle leggi, con la sentenza citata al par. 2.1 (non certamente smentita dalle successive ordinanze, come la n. 426/2002, di manifesta infondatezza delle identiche eccezioni gia’ rigettate con detta sentenza), che, se la norma fosse accolta nel senso di ritenere applicabile l’imposta anche nel caso d’inesistenza del suddetto elemento oggettivo, risulterebbero violati i principi di eguaglianza e di capacita’ contributiva, garantiti appunto dall’equiparazione, sotto questo specifico profilo fiscale, dell’attivita’ professionale a quella imprenditoriale sul filo comune ed indispensabile dell’autonoma organizzazione, connaturata all’impresa, ma soggetta ad accertamento nel caso del professionista; sicche’, “nel caso di una attivita’ professionale che fosse svolta in assenza di elementi di organizzazione… risultera’ mancante il presupposto stesso dell’imposta”.

4.2.2.- Discende da questa premessa che l’esatto senso da attribuire all’espressione “autonomamente organizzata” non e’ quello di carattere soggettivo, sostenuto dalla ricorrente, in virtu’ del quale tutti gli esercenti arti e professioni, indistintamente, sarebbero “autonomamente organizzati” e, quindi, assoggettati all’imposta. At contrario, l’autonoma organizzazione, quale presupposto impositivo dell’IRAP, e’ un dato di carattere oggettivo, sussistente in presenza di due contestuali condizioni: che il contribuente stesso sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione (non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interessi) e che impieghi beni strumentali eccedenti il minimo normalmente (id quod plerumque accidit) indispensabile per l’esercizio dell’attivita’, o che si avvalga in modo non occasionate di lavoro altrui (in tal senso, Cass. n. 3676/2007 e, da ultimo, S.U. nn. 12108 e 12111/2009, giurisprudenza condivisa dal collegio).

4.2.3.- La rilevanza riconosciuta all’aspetto oggettivo dell’organizzazione autonoma – al fine d’individuare gli esercenti di arti e professioni soggetti ad imposta – comporta il rigetto, per infondatezza, di entrambi i motivi di censura in esame, basati su inesistenti violazioni di legge.

4.2.4.- D’altra parte, l’accertamento circa l’esistenza di una autonoma organizzazione, che il giudice tributario di merito deve compiere analizzando le prove offerte da chi agisca per ottenere il rimborso dell’IRAP versata, costituisce giudizio non soggetto a controllo di legittimita’, se non per vizi logici della motivazione.

4.2.5.- La sentenza della commissione tributaria regionale – che ha ritenuto non assoggettabile ad IRAP l’attivita’ professionale del contribuente, perche’ svolta in assenza di dipendenti, collaboratori e risorse strumentali tali da far ritenere “l’esistenza di una organizzazione che possa considerarsi autonoma rispetto alla singola figura del professionista” -, non e’ stata investita da censure per vizi della motivazione; deve comunque essere corretta, laddove fa dipendere la decisione, giuridicamente esatta, da criteri (come la “collateralita’” dell’organizzazione) diversi da quello del minimo comunemente necessario (v. par. 4.2.2).

4.3.- Segue la decisione, nei termini indicati al par. 3.

5.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 8 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

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