Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5388 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. I, 27/02/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 27/02/2020), n.5388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32112/2018 proposto da:

H.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Barone

giusta procura allegata in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2553/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/10/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2553/2018 pubblicata il 30/05/2018 la Corte d’Appello di Napoli, Sezione Persone e Famiglia, ha accolto per quanto di ragione l’appello di H.A., cittadino del Pakistan, e, in riforma dell’ordinanza impugnata del Tribunale di Napoli emessa il 10-2-2017, ha riconosciuto all’appellante la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) compensando tra le parti le spese di lite. La Corte territoriale ha ritenuto credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè aveva rifiutato di arruolarsi tra i mujaheddin ed era perseguitato da questi ultimi. La Corte d’appello, dopo aver escluso che la vicenda narrata dal richiedente potesse configurarsi come ipotesi di rifugio politico, mancando una persecuzione diretta per ragioni di razza o politiche, ha invece ritenuto integrata, nel caso concreto, la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) rilevando che i fatti narrati dal richiedente trovavano riscontro estrinseco nelle fonti citate in sentenza, secondo le quali i (OMISSIS) operano in accordo con le autorità governative del (OMISSIS) per eseguire scorribande ed attentati nel vicino (OMISSIS), controllato dall'(OMISSIS).

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, deliberato in via provvisoria ed anticipata dal C.O.A. di Napoli in data 17-7-2018, propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 5 – del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, art. 27, comma 1 bis, (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Lamenta che il Tribunale e successivamente la Corte d’appello abbiano formato il proprio convincimento sulla base della credibilità soggettiva del richiedente, omettendo di esercitare il potere istruttorio ufficioso.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 7, 8 e 11 – del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 2 (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Deduce che i fatti narrati non sono in contraddizione con le notizie e le informazioni generali sul Paese di provenienza, caratterizzato da una difficile situazione di sicurezza. Allega che in caso di rimpatrio rischia di subire atti di violenza fisica e psichica e non può avere protezione dallo Stato e che pertanto il Tribunale ha errato nel non riconoscergli lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria (pag. n. 4 ricorso).

3. Con il terzo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c, (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Si duole della valutazione da parte del Tribunale di Napoli circa l’insussistenza di violenza generalizzata in diverse aree e regioni del (OMISSIS), dato che la situazione di episodi violenti non era controllata effettivamente dalle autorità statuali. Richiama la giurisprudenza di questa Corte e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e assume di avere diritto alla protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) citato D.Lgs..

4. Con il quarto motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Lamenta la mancanza di specifica motivazione circa la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, ponendo in rilievo l’attuale situazione socio-politica-economica del (OMISSIS), con riferimento all’art. 2 Cost. e all’art. 3 CEDU. Rimarca che l’instabilità politica e sociale, nonchè l’insufficiente rispetto dei diritti umani, alla salute e all’alimentazione sconsigliano il rimpatrio, date le condizioni di vita precarie del Paese.

5. Tutti i motivi di ricorso sono manifestamente inammissibili.

5.1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo, che, nel giudizio di cassazione, risolvendosi in un “non motivo”, è sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, (tra le tante Cass. n. 17330/2015 e n. 22478/2018).

5.2. Con la sentenza impugnata al ricorrente è stata riconosciuta la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b). La Corte territoriale ha ritenuto credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè aveva rifiutato di arruolarsi tra i (OMISSIS) ed era perseguitato da questi ultimi.

La Corte d’appello, dopo aver escluso che i fatti allegati dal richiedente potessero configurarsi come ipotesi di rifugio politico, mancando una persecuzione diretta per ragioni di razza o politiche o per quelle previste dalla normativa anche internazionale, ha ritenuto sussistente, nella specie, il danno grave, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) considerata l’attendibilità della vicenda personale narrata dal ricorrente, credibile anche perchè avente riscontro estrinseco nelle fonti citate in sentenza ed in particolare con riferimento al rischio per lo stesso di subire persecuzioni e violenze, in caso di rimpatrio, a causa del suo rifiuto di arruolarsi tra i (OMISSIS), favoriti dal governo del (OMISSIS).

5.3. Ciò posto, le censure svolte in ricorso prescindono totalmente dal percorso argomentativo di cui alla sentenza impugnata appena riassunto. Non può dolersi, all’evidenza, il ricorrente nè del giudizio di credibilità (primo motivo), nè del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria (terzo motivo) e di quella umanitaria (quarto motivo), la quale ultima, in quanto misura di tutela “minore” rispetto alla prima, è rimasta assorbita dall’accoglimento della tutela “maggiore”.

Le doglianze in ordine al rifugio politico (motivo secondo) si riferiscono espressamente alla decisione del Tribunale, e non a quella della Corte d’appello (pag. n. 4 ricorso). Invero anche nel frontespizio del ricorso e nelle conclusioni si legge che oggetto di impugnazione è il “decreto” del Tribunale di Napoli, anche se la data di emissione e pubblicazione del provvedimento impugnato in cassazione, nonchè il numero di R.G. che il ricorrente ha indicato sono quelli della sentenza della Corte d’appello n. 2553/2018, prodotta in allegato al ricorso.

In ogni caso, anche a voler ritenere trattarsi di reiterati refusi, non è dato rinvenire nel ricorso alcuna critica specifica alla motivazione della Corte territoriale con cui è stato rigettato l’appello nella parte relativa alla concessione al ricorrente dello status di rifugiato.

Dunque, nel caso di specie tre motivi d’impugnazione (il primo, il terzo e il quarto) prescindono dalle motivazioni della sentenza impugnata al punto tale che viene riproposta la domanda decisa con statuizione favorevole al ricorrente, nei termini già precisati anche con riguardo alla domanda “minore” assorbita. Avverso l’unico decisum sfavorevole, ossia quello di rigetto del rifugio politico, non solo la censura (secondo motivo) è svolta con riferimento alle statuizioni del Tribunale, ma neppure e in ogni caso minimamente si confronta con la ratio decidendi di quel capo di domanda.

6. Alla stregua delle considerazioni espresse nel paragrafo che precede, ricorre, nella fattispecie scrutinata, la violazione dell’obbligo di lealtà e probità processuale di cui all’art. 88 c.p.c., da intendersi integrata anche in ogni ipotesi di inutile dispendio di attività processuale, posta in essere in dispregio del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo derivante dall’art. 111 Cost., comma 2, e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (ex plurimis Cass. Sez. U. n. 26373/2008 e n. 18810/2010). Si impone, conseguentemente, la trasmissione della presente ordinanza, ai sensi del citato art. 88, comma 2 al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati a cui è iscritto il difensore del ricorrente, per quanto di competenza.

7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendosi disporre circa le spese del presente giudizio, atteso che il Ministero non ha svolto attività difensiva.

8. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. S.U. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e, visto l’art. 88 c.p.c., comma 2, dispone la trasmissione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati a cui è iscritto il difensore del ricorrente, per quanto di competenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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