Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5386 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. I, 27/02/2020, (ud. 15/10/2019, dep. 27/02/2020), n.5386

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32908/2018 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dall’avvocato Rosa Vignali, come

da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1378/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 11/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/10/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1378/2018 depositata il 11-9-2018 la Corte d’appello di Genova ha respinto l’appello proposto da S.M., cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Genova con la quale era stata rigettata la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di essere fuggito dal Paese di origine perchè con il proprio lavoro di contadino non riusciva a mantenere la famiglia. La Corte territoriale, rilevato che le ragioni del richiedente erano di natura meramente economica, nonchè esaminata la situazione generale del (OMISSIS) con indicazione delle fonti di conoscenza, ha ritenuto, in conformità a quanto statuito dal tribunale, che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 in relazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6”.

2. Con il secondo motivo lamenta “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione”. Deduce il ricorrente, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, che la Corte territoriale non ha adeguatamente valutato la situazione del (OMISSIS), sotto il profilo della sicurezza e del rispetto dei diritti umani, provenendo il ricorrente da una zona, sita nell’estremo est del Paese, che è la più turbolenta politicamente. Si duole inoltre dell’omesso esame della documentazione prodotta attestante la sua assunzione lavorativa a tempo indeterminato. Inoltre rileva che la sua audizione avanti al Tribunale di Genova era avvenuta senza ausilio di interprete e il Collegio non aveva tenuto conto della sua conoscenza della lingua italiana. Deduce che trattasi di fatti decisivi comprovanti l’integrazione sociale e lavorativa nel territorio italiano, di cui tenere conto, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 4455/2018).

3. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

3.1. Il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge (primo motivo), attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta (secondo motivo), quanto alla sua vulnerabilità, difforme, inammissibilmente, da quella accertata nei giudizi di merito.

La Corte territoriale, esaminando i fatti allegati a sostegno della domanda di protezione umanitaria, ha ravvisato insussistente ogni profilo di vulnerabilità, rimarcando che lo stesso richiedente aveva dichiarato di essere fuggito dal (OMISSIS) per motivi economici. La Corte d’appello ha affermato, descrivendo la situazione del Paese in base alle fonti di conoscenza citate nella sentenza impugnata, che negli ultimi anni si è ridotta la crescita della popolazione e sono migliorate le condizioni di vita quanto a salute e istruzione ed ha escluso che, nel caso concreto, fosse ravvisabile una particolare vulnerabilità collegata alla situazione del Paese di origine.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, una volta esclusa la vulnerabilità, con accertamento di merito insindacabile, se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’integrazione sociale e lavorativa nel territorio italiano diventa fattore recessivo (Cass. n. 4455/2018, citata anche in ricorso).

Peraltro, nel caso di specie, non solo vi è stato l’esame del fatto che si assume omesso e che non rileva nel senso prospettato (secondo motivo -integrazione sociale), ma il ricorrente, denunciando il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, e non dimostra che esse sono tra loro diverse. Ricorre, pertanto, un ulteriore profilo di inammissibilità, vertendosi in ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, che è applicabile ratione temporis, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (Cass. n. 26774/2016 e Cass. n. 20994/2019).

3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendosi disporre sulle spese del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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