Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5385 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5385 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 20103-2008 proposto da:
ORLANDO ANTONINO, elettivamente domiciliato in ROMA
PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato DI
PAOLA NUNZIO SANTI GIUSEPPE con studio in CATANIA
CORSO ITALIA 171 (avviso postale), giusta delega a
2014

margine;
– ricorrente –

225

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE DI ROMA;
– intimationonchè contro

Data pubblicazione: 07/03/2014

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO LOCALE DI ENNA in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende ope legis;

avverso la sentenza n. 96/2007 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di CALTANISSETTA, depositata
il 01/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/01/2014 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

– resistente con atto di costituzione –

R.G. 20103/2008
Fatto
La Commissione tributaria regionale della Sicilia,sezione staccata di Caltanissetta, con sentenza
n.96/28/2007, depositata il 1.10.2007, confermava la sentenza della Commissione tributaria
provinciale di Enna che riteneva la legittimità dell’ avviso di irrogazioni sanzioni, relativo
all’anno 2003, nei confronti della ditta individuale Orlando Antonino, ai sensi dell’art. 3 1.
73/2002, a seguito di accesso dell’ispettorato provinciale del Lavoro in data 12.2.2003, per
Proponeva ricorso per cassazione il contribuente deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 D.L. gs 546/92, in relazione all’art. 360, n. 1, c.p.c.
rilevando, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 14/5/2008, n. 130, il difetto di
giurisdizione del giudice tributario sulle controversie relative alle sanzioni irrogate dagli uffici
finanziari per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in combinato disposto con
l’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c.,rilevando come, a seguito della sentenza della
Corte Costituzionale n. 14472005, il datore di lavoro è ammesso a provare che il rapporto di
lavoro irregolare abbia avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in cui è stata
accertata la violazione;
c) difetto di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi del’art. 360,n. 5
c.p.c., con riferimento alla erronea valutazione e al travisamento delle risultanze probatorie, avendo
fondato la propria decisione sul verbale degli ispettori del lavoro, assunto acriticamente dalla
Agenzia;
d) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12„ in relazione all’art. 360,n. 3 c.p.c., avendo la CTR erroneamente ritenuto

l’impiego di un lavoratore subordinato non iscritto nei libri obbligatori.

applicabile l’art. 16, comma 2, D.Igs 472/1997, escluso dall’art. 3, comma 3, D.L. 12/2002
L’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 23.1.2014, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo è infondato. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008,
con cui è stata dichiarata la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come
sostituito dalla L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione
tributaria le controversie relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari, anche quando
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conseguano a violazione di disposizioni non aventi natura físcale(quali quelle in esame), la presente
controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. 15846/2008).
Tuttavia la pronuncia del giudice delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale
– nella specie – il giudicato implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito
pronunciata in primo grado e non impugnata in sede d’appello in punto di difetto di giurisdizione,
sebbene tale difetto fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35
del 2006 e 395/2007, che avevano sottolineato l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione
L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. S.U. 24 gennaio
2013, n. 1706; Cass. Sez. U, Sentenza n. 24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza
n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n.
26019 del 30/10/2008;
La questione sul difetto di giurisdizione del giudice tributario in tema di sanzioni ex art. 3, comma
3, 1.n. 73/2002, formulata dal ricorrente nel ricorso introduttivo, è stata rigettata dal giudice di primo
grado, non è stata riproposta in grado di appello e si è formato, sul punto, il giudicato
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
È, quindi, inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità dalla parte che, soccombente nel merito in primo grado, aveva appellato la sentenza del
giudice tributario senza formulare alcuna eccezione sulla giurisdizione, così ponendo in essere un
comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando
acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art.
329, comma 2 cod. proc. civ..
La pronuncia di incostituzionalità della norma che regola il riparto di giurisdizione non può, quindi,
incidere sul processo in corso.in quanto “se per effetto della non impugnazione della questioni di
giurisdizione della sentenza che ha deciso il merito della controversia, si è formato il giudicato

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del giudice tributario e la natura tributaria del rapporto.

implicito sulla sussistenza della giurisdizione, la pronuncia di incostituzionalità della norma sul cui
presupposto il giudice ha deciso nel merito non ha effetto su quel processo, perché il rilievo del
difetto di giurisdizione è ormai precluso”.( Cass., S. U, 18 ottobre 2012, n. 17839
2. Gli ulteriori motivi, stante la loro connessione logica, possono essere esaminati congiuntamente.
Gli stessi sono infondati anche se occorre correggere la motivazione della sentenza impugnata ai
sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c.
L’ art. 3, comma 3, D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, (nel testo originario, introdotto dalla Legge di
incostituzionale, per “lesione del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost.”, dalla competente
Corte (sentenza 12 aprile 2005 n. 144) “nella parte in cui non consente al datore di lavoro di provare
che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in
cui è stata constatata la violazione”. Tale norma è stato introdotta per inasprire ulteriormente il
trattamento sanzionatorio per coloro che continuino ad impiegare lavoratori irregolarmente,
nonostante le agevolazioni di varia natura colte ad incentivare l’emersione del lavoro sommerso. Il
predetto meccanismo presuntivo esclude qualsiasi obbligo dell’ente, che irroga la sanzione, di
provare l’effettiva prestazione di attività lavorativa subordinata per il periodo intermedio compreso
tra il giorno di accertamento dell’infrazione ed il primo gennaio dello stesso anno e prescrive al
medesimo ente di commisurare la sanzione a quella durata, fino a prova contraria, facente carico
all’autore della violazione. (Cass. Sez. U, del 13/01/2010 n. 356)
Non opera più, a seguito della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 144/2005, il diverso
meccanismo di determinazione della sanzione fondato su una presunzione assoluta, divenuta
relativa, comminandosi la sanzione in base al tempo intercorso tra l’inizio dell’anno e la
constatazione della violazione, fatta salva la prova contraria da parte del datore di lavoro.
Nessun vizio motivazionale della sentenza è riscontrabile in quanto legittimamente l’ufficio può
porre a base dell’accertamento il verbale degli organi ispettivi, spettando al datore di lavoro fornire
la prova del diverso (dall’inizio dell’anno solare) inizio del rapporto di lavoro irregolare
A tal fine, il rapporto ispettivo dei funzionari dell’ente previdenziale, pur non facendo piena prova
fino a querela di falso, resta, comunque, liberamente valutabile dal giudice in concorso con gli altri
elementi probatori. (Cass. Sez. L, Sentenza n. 14965 del 06/09/2012).
Quindi legittimamente il giudice di merito, in mancanza di elementi probatori di segno contrario,
può ritenere sufficiente a integrare la prova contraria prevista dalla legge le risultanze del verbale
dell’Inps, che possono fornire utili elementi di giudizio anche nell’eventuale, successivo giudizio
tributario, pur non essendo forniti di completa efficacia probatoria.

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Conversione 23 aprile 2002 n. 73, applicabile alla specie ratione temporis), è stata dichiarato

ESENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26,44/1984
– N. 5
N. 131 TA».

MATERIA TRIBUTARIA
Inoltre il terzo e quarto motivo difettano anche di autosufficienza anche ove dovessero intendersi
riferiti alla omessa allegazione all’atto impositivo di altri documenti richiamati nel verbale ispettivo,
in quanto, da un lato, neppure si specifica quale pregiudizio al diritto di difesa sia derivalo (tenuto
conto che il contribuente, come emerge dalla svolgimento del processo descritto nella sentenza
impugnata, è stata in grado di spiegare compiute difese contestando nel merito la fondatezza della
pretesa tributaria); dall’altro – in difetto di integrale trascrizione del contenuto dell’avviso notificato impedisce di verificare la dedotta carenza motivazionale e la dedotta violazione di legge dell’avviso
caso di osservare – costituendo oggetto di distinte ed autonome censure – che, altro è la
contestazione e l’accertamento della esistenza degli elementi di validità dell’atto impositivo (nella
specie riferiti al contenuto minimo motivazionale dello stesso come prescritto dal D.P.R. n. 600 del
1973, art. 42); altro è, invece, la contestazione e l’accertamento della fondatezza della pretesa fatta
valere con l’avviso di accertamento, che attiene al differente piano della valutazione di merito degli
elementi probatori. In conclusione i motivi devono anche essere dichiarati inammissibile, non
avendo adempiuto la parte ricorrente all’onere di trascrizione degli atti sopra indicati e risultando
privo di autosufficienza, atteso che per consolidata giurisprudenza di questa Corte, tanto nel caso di
deduzione del vizio di irrituale od omessa ammissione di prove ovvero di omessa od inesatta
valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, quanto nei caso in cui si intenda far valere un
vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, la parte ricorrente è onerata non soltanto
alla specifica indicazione del documento (eventualmente mediante individuazione della sede
processuale in cui la prova è stata richiesta o prodotta: Corte cass. sez. lav. 7.2.2011 n. 2966; id. 1^
sez. 13.11.2009 n. 24178; id. 3^ sez. ord. 4.9.2008 n. 22303; id. 3″ sez. 25.5.2007 n. 12239) e della
chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e a pronuncia emessa in concreto (cfr.
Corte cass. 1^ sez. 17.5.2006 n. 11501), ma deve provvedere altresì alla completa trascrizione
dell’integrale contenuto degli atti documenti in modo da rendere immediatamente apprezzabile da

in ordine alla esplicazione delle ragioni in fatto e diritto a supporto della pretesa, essendo appena il

parte della Corte il vizio dedotto (cfr. Corte cass. SU 24.9.2010 n. 20159; id. 6^ sez. ord. 30.7.2010
n. 17915; id. 3^ sez. 4.9.2008 n. 22303; id. 3^ sez. 31.5.2006 n. 12984; id. 1 sez. 24.3.2006 n. 6679;
id. sez. lav. 21.10.2003 n. 15751; id. sez. tav. 12.6.2002 n. 8388).
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.
Nessuna pronuncia va emessa sulle spese in mancanza di attività difensiva dell’intimata.
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Rigetta il ricorso

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Così deciso in Roma, il 231.2014

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