Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5384 del 18/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2022, (ud. 18/01/2022, dep. 18/02/2022), n.5384

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16974/2013 R.G. proposto da:

CANTINA SOCIALE DI TRENTO LE MERIDIANE SCA, in persona del suo legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati

Alberto Paoletto e Massimo Letizia, con domicilio eletto presso

quest’ultimo in Roma viale Angelico 103;

– ricorrente –

Contro

COMUNE DI TRENTO in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e

difeso dagli avv.ti Paolo Stella Richter e Elena Stella Richter

elettivamente domiciliato nel loro studio, Roma viale Mazzini 11;

– controricorrente –

Nel procedimento n. 16974/2013 avverso la sentenza n. 38/2013 emessa

dalla CT II grado del Trentino e depositata in data 8 aprile 2013;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 18/01/2022 dal

Consigliere Rita Russo;

sentito il Procuratore generale che conclude per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società cooperativa Cantine Le Meridiane (oggi Cantina sociale di Trento Le Meridiane) ha chiesto il rimborso di Euro 9.205,00, pagati a titolo di ICI per gli anni 2001, 2002, 2003 sull’immobile ubicato in Trento (OMISSIS), deducendo che deve essere riconosciuta, ai sensi del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis, la natura rurale del fabbricato, in quanto asservito ai fondi agricoli dei soci della cooperativa e destinato alla trasformazione dei prodotti agricoli. Il Comune di Trento ha respinto la richiesta negando la ruralità del fabbricato. La cooperativa ha proposto ricorso, che in primo grado è stato accolto. Il Comune ha proposto appello che la Commissione Tributaria di II grado del Trentino ha accolto. La contribuente ha proposto ricorso per cassazione la quale, con sentenza del 20 maggio 2010 n. 15035, ha cassato la sentenza impugnata e rinviato al giudice d’appello, sul rilievo che la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, può essere accertato dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l’onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti. Tra i predetti requisiti per gli immobili strumentali, osserva la Corte di legittimità, “non rileva l’identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci”.

Riassunto il giudizio, la Commissione di II grado ha comunque confermato la decisione, rilevando che il fabbricato in questione è stato censito soltanto in data 22 aprile 2005 dunque, per quanto riguarda gli anni precedenti e cioè il 2001, 2002, 2003, si rientra nella seconda ipotesi espressa dal principio di diritto della Suprema Corte, che assegna alla parte interessata l’onere di fornire la prova che nei suddetti anni il fabbricato fosse stato asservito ai fondi agricoli dei soci, pur non rilevando l’identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo. Resa questa premessa, la Commissione ha affermato che l’asservimento non è stato dimostrato dalla cooperativa, dal momento che agli atti non vi sono verifiche o documenti tecnici da cui emerga la prova della sussistenza di tale requisito, contestato dalla controparte. Il giudice d’appello ha altresì rigettato la richiesta di disporre un accertamento per verificare se, negli anni in questione, sussistesse il requisito dell’asservimento, poiché l’onere della prova grava sul contribuente; ha osservato infine che nel 2005 è stata attribuita al fabbricato la classe D/1 che non corrisponde alle classi (A/6 o D/10) che vengono assegnate nel caso di riconoscimento della natura rurale.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente affidandosi a tre motivi. Si è costituito il Comune di Trento con controricorso.

Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.

Il ricorso è stato trattato in Camera di Consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla L. di conversione n. 176 del 2020, nonché del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7, conv. dalla L. 16 settembre 2021, n. 126, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale, e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 384 c.p.c., in quanto il giudice di rinvio non si sarebbe attenuto alle prescrizioni date dalla Corte di Cassazione che imponevano di accertare se il fabbricato avesse i requisiti di ruralità. La parte deduce che la Commissione non ha eseguito tale accertamento, rigettando le sue specifiche e dettagliate richieste istruttorie, e cioè la richiesta di chiarimenti agli organi tecnici dell’amministrazione dello Stato e di altri enti pubblici per acquisire elementi conoscitivi sull’esistenza dei requisiti di ruralità e, in subordine, la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio.

Il motivo è infondato.

Il giudice del rinvio si è attenuto strettamente al principio di diritto formulato dalla Corte di Cassazione, secondo il quale l’accertamento che il giudice di merito conduce al fine di verificare il requisito dell’asservimento del fondo è regolato dal principio dell’onere della prova. In questi termini, la Commissione regionale ha rilevato che la parte non ha fornito prova alcuna della sussistenza del requisito e che gli elementi in atti deponevano anzi in senso contrario, essendo stato il fabbricato successivamente accatastato in categoria D/1. La stessa contribuente conferma implicitamente la correttezza di tale statuizione, poiché deduce che le prove offerte consistevano in richieste volte a sollecitare i poteri discrezionali da parte del giudice di merito, quali la richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione e la consulenza tecnica d’ufficio, e il cui mancato esercizio non è sindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 34158 del 20/12/2019; Cass. n. 3720 del 15/02/2011; Cass. n. 7472 del 23/03/2017). Dette richieste, pertanto, non valgono a sollevare la parte dall’onere della prova su di essa incombente.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 115 c.p.c., comma 1, che impone al giudice di porre a fondamento alla sua decisione i fatti non specificamente contestati; la parte deduce che a fronte della sua categorica affermazione sull’asservimento, il Comune non abbia contestato il presupposto principale della richiesta avversaria, cioè la funzionalità del fabbricato all’attività agricola svolta dalla cooperativa; rileva inoltre che l’eccezione relativa alla mancata prova della funzione strumentale del fabbricato è stata sollevata solo in appello, così contravvenendo al divieto dei nova nel secondo grado di giudizio.

Il motivo è infondato.

Il giudice d’appello dà atto che la contestazione vi è stata, come del resto si desume anche dalla sentenza di cassazione con rinvio, laddove questo fatto non è dato per pacifico, anzi è considerato fatto da accertare secondo il richiamato principio dell’onere della prova.

Inoltre la non contestazione può rilevare solo a condizione che l’altra parte alleghi in modo preciso, analitico e dettagliato le circostanze su cui fonda la propria domanda o le proprie eccezioni (Euro 21871/2018; Euro 21311/2018; Euro 21847/2014; Cass. n. 31619/2018), con esclusione, in ogni caso, di fatti il cui accertamento presuppone un procedimento essenzialmente valutativo, (Cass. 21460/2019; Cass. 6172/2020; Cass. 35037/2021; Cass. 6172/2020).

L’asservimento non è un fatto, ma una qualifica della cosa indicante una relazione con altra res che si deve desumere da fatti specifici inerenti l’attività che ivi si svolge; si tratta quindi di una valutazione che presuppone un processo conoscitivo fondato su fatti storici che la parte avrebbe dovuto allegare e dimostrare; invece, come la parte stessa deduce, l’asservimento è stato solo enunciato (“categoricamente”) e non sono stati specificamente indicati i fatti dai quali desumere che sussiste questo preteso rapporto tra il bene e l’attività.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 329 e 324 c.p.c., per quanto attiene al precetto che determina l’acquiescenza anche parziale alla sentenza in caso di atti incompatibili con la volontà di impugnare, e la conseguente formazione della cosa giudicata per le parti non impugnate. La ricorrente deduce che non è stato impugnato il capo della sentenza di primo grado che aveva attestato la natura funzionale del fabbricato allo svolgimento delle attività agricole della cooperativa.

Il motivo è inammissibile.

Richiamato quanto sopra si è detto sulla operatività del principio di non contestazione, si osserva che il thema decidendum è quello fissato dal giudice di legittimità con la sentenza di cassazione con rinvio, che, come sopra si è detto, demanda al giudice del rinvio l’accertamento sulla sussistenza del requisito richiesto dalla norma tributaria. Il giudizio di rinvio è un giudizio “chiuso”, ove non è ammesso un nuovo e diverso accertamento dei fatti sui quali è fondata la sentenza di annullamento (Cass. 10/2019; Cass. n. 26894/2017). Come correttamente osserva il controricorrente, con questa censura la parte tende a riaprire il sindacato sullo svolgimento della fase di merito nel giudizio di rinvio.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

– Rigetta il ricorso.

– Condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, Euro 200,00 per spese non documentabili, oltre accessori di legge.

– Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, Camera di Consiglio, il 18 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

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