Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5384 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5384 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 18740-2008 proposto da:
IMBASTARO MASSIMILIANO nq di titolare della Ditta
LAVANDERIA IDEAL, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA E. GIANTURCO 4, presso lo studio dell’avvocato
DELUIGI TESTI ANGELA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SETTEVENDEMMIE ANNA giusta
2014

delega a margine;
– ricorrente –

224
contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI SULMONA in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

Data pubblicazione: 07/03/2014

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende
ope legis;
– =esistente con atto di costituzione CA1I4 .rgta_2e61
avverso la sentenza n. 171/2007 della £.
/

di L’AQUILA, depositata il 14/01/2008;

udienza del 23/01/2014 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DELUIGI TESTI che
ha chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G. 18740/2008
Fatto
La Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, con sentenza n. 171/04/07, depositata il
14.1.2008, confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di L’Aquila n.
205/02/2006 che riteneva la legittimità dell’ avviso di irrogazioni sanzioni, relativo all’anno 2004,
nei confronti di Imbastaro Massimiliano, ai sensi dell’art. 3 1. 73/2002, a seguito di accesso Inps in
data per l’impiego di una lavoratrice subordinata, mamma del ricorrente, non iscritta nei libri
Proponeva ricorso per cassazione il ricorrente deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 D.Igs 546/1992, in relazione all’art. 360, n. 1, c.p.c.
rilevando, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 14/5/2008, n. 130, il difetto di
giurisdizione del giudice tributario sulle controversie relative alle sanzioni irrogate dagli uffici
finanziari per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie;
b) vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360,n. 5 c.p.c., non avendo la CTR valutato le risultanze
emerse, con particolare riferimento alla presunzione del rapporto di gratuità della prestazione resa
dalla mamma del ricorrente.
L’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 23.1.2014, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo è infondato.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è stata dichiarata la
illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del
2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie
relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari, anche quando conseguano a violazione di
disposizioni non aventi natura fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia appartiene alla
giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. 15846/2008).
Tuttavia la pronuncia del giudice delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale
– nella specie – il giudicato implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito
pronunciata in primo grado e non impugnata in sede d’appello in punto di difetto di giurisdizione,
sebbene tale difetto fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35
del 2006 e 395/2007, che avevano sottolineato l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione
del giudice tributario e la natura tributaria del rapporto.

1

obbligatori.

L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. S.U. 24 gennaio
n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n.
26019 del 30/10/2008;
La questione sul difetto di giurisdizione del giudice tributario in tema di sanzioni ex art. 3, comma
3,1.n. 73/2002 non è mai stata sollevata dall’odierna ricorrente nei pregressi gradi di giudizio.
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
Va, quindi, escluso che una pronuncia di incostituzionalità della norma che regola il riparto di
giurisdizione possa incidere sul processo in corso.in quanto “se per effetto della non impugnazione
della questioni di giurisdizione della sentenza che ha deciso il merito della controversia, si è
formato il giudicato implicito sulla sussistenza della giurisdizione, la pronuncia di incostituzionalità
della norma sul cui presupposto il giudice ha deciso nel merito non ha effetto su quel processo,
perché il rilievo del difetto di giurisdizione è ormai precluso”.( Cass., S.U., 18 ottobre 2012, n.
17839
2. Anche il secondo motivo va disatteso.
La sentenza della Corte Cost. 12.4.2005 n. 144 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in
relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 1992,
n. 12, convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 72, nella parte in cui non ammette
la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al
primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.
L’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. in
legge 23 aprile 2002, n. 73 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 36 bis del d.l. 4
luglio 2006, n. 223, conv. in legge 24 agosto 2006, n. 248) non richiede, da parte
dell’Amministrazione, alcun onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro irregolare,

2

2013, n. 1706; Cass. Sez. U, Sentenza n. 24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza

essendo sufficiente il mero accertamento dell’esecuzione di prestazione lavorativa da parte di
soggetto che non risulti da scritture o da altra documentazione obbligatoria.
È, invece, specifico onere del datore di lavoro dimostrare l’effettiva durata della prestazione
lavorativa o la sua mancanza per evitare che l’entità della sanzione pecuniaria sia determinata “ex
lege”, “per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione (cfr
Sez. 5, Sentenza n. 21778 del 20/10/2011)
Fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dall’art. 7 del d.lgs. 31
dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio proprio degli elementi
indiziari, i quali, possono concorrere a formare il convincimento del giudice, per garantire il
principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa.
I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonche sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresi, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)
Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il
recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.

dicembre 1992, n. 546, nel processo tributario, sussiste il potere di introdurre, per entrambe le parti,

Tuttavia non è sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del
dipendente (nella specie, peraltro, anche di natura in parte confessoria) in mancanza di ulteriori
elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale affermazione, (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n.
1960 del 10/02/2012)
Nel caso in esame i giudici di merito hanno fondato la decisione, oltre che sulla dichiarazione della
madre del ricorrente anche su elementi di carattere fattuale e logico evidenziando come in primo
grado il ricorrente si fosse difeso “escludendo categoricamente che vi fosse stato tra lui e la propria
madre alcun rapporto di lavoro subordinato mentre poi, solo successivamente, ammette
candidamente di aver provveduto ad assumere alle sue dipendenze la predetta …nei termini di
3

/

ESENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 261984
N. 131 TAD. ALL. – N. 5
MATERIA TRIBUTARIA

legge, con decorrenza dal 14.10.2004” elemento rafforzativo, unitamente alle dichiarazioni di
valenza confessoria della stessa lavoratrice (“…sostituisco mio figlio quando deve assentarsi per
qualche ora soltanto”)
Il motivo di ricorso sottopone, inammissibilmente, all’esame di questo giudice di legittimità mere
questioni fattuali, in ordine alle quali nella sentenza impugnata non si riscontra nessuna carenza
propriamente motivazionale o illogicità di valutazione.
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.

PQM
Rigetta il ricorso
Così deciso in Roma, il 23.10.2014

Nessuna pronuncia va emessa sulle spese in mancanza di attività difensiva dell’intimata.

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