Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5382 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. I, 27/02/2020, (ud. 01/10/2019, dep. 27/02/2020), n.5382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

O.S., nato in (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

Polesella (RO), via Don Minzoni 251, presso lo studio dell’avv.

Antonino Giroldini, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, ((OMISSIS));

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il

29/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/10/2019 dal consigliere Dott. Alessandro M.

Andronio.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 2884/2018, comunicato il 29 maggio 2018, il Tribunale di Venezia ha rigettato il ricorso proposto dall’interessato avverso il provvedimento di diniego della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Vicenza.

2. Avverso il provvedimento l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con unico motivo di doglianza, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per mancata valutazione della situazione del paese di origine del richiedente e dell’integrazione dello stesso in Italia, ai fini del riconoscimento della sussistenza dei presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Si afferma che il ricorrente aveva trascorso un lungo periodo lontano dal paese di origine, tra il Mali e la Libia, in condizioni di seria difficoltà, avendo lavorato senza retribuzione, e aveva passato circa due anni in Italia, dove aveva acquisito competenze professionali, come dimostrato da diplomi in corsi in lingua italiana, nonchè da un brevetto per operatore di muletto e saldatore meccanico. Con successiva memoria, la difesa produce buste paga e documentazione relativa all’attività lavorativa del richiedente.

3. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è inammissibile.

Deve ricordarsi che in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Sez. U, n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02). Tale valutazione comparativa è stata compiutamente effettuata dal Tribunale, che – con argomentazioni del tutto logiche e coerenti e, dunque, insindacabili in sede di legittimità – ha ritenuto non credibile la versione fornita dall’interessato, secondo cui egli aveva paura di essere ucciso dal diavolo, come era già capitato al padre, e al fratello, che erano stati guaritori di indemoniati, ed era stato costretto per questo a lasciare il paese per il Mali e la Libia, trattandosi di un racconto evidentemente inverosimile. Il Tribunale ha anche valutato l’insussistenza di una situazione di pericolo nel paese di origine, ben oltre la prospettazione dell’interessato, sulla base di documentazione proveniente da organizzazioni internazionali e associazioni umanitarie reperita e presa in considerazione d’ufficio. Ha, infine, correttamente evidenziato che l’integrazione sociale del ricorrente in Italia non può essere considerata determinante ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, perchè egli non presenta profili di vulnerabilità nel suo paese di origine.

2. Nulla è dovuto per le spese dal ricorrente soccombente, non essendosi costituita la controparte nel presente grado di giudizio.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte, dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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