Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5382 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5382 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 18132-2008 proposto da:
CASTIGLIONE FRANCESCO nq di titolare della Ditta
individuale, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA
CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DI
PAOLA NUNZIO SANTI GIUSEPPE con studio in CATANIA
CORSO ITALIA 171 (avviso postale), giusta delega a
margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO LOCALE DI ENNA;

intimato –

Data pubblicazione: 07/03/2014

avverso

la

sentenza

n.

50/2007

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di CALTANISSETTA, depositata
il 02/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/01/2014 dal Consigliere Dott. DOMENICO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

CHINDEMI;

R.G. 18132/2008
Fatto
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Caltanissetta, con sentenza
n.50/28/07, depositata il 2.7.2007, confermava la sentenza della Commissione tributaria
provinciale di Enna n. 16/01/2004 che riteneva la legittimità dell’ avviso di irrogazioni sanzioni,
relativo all’anno 2003, nei confronti della ditta Castiglione Francesco, ai sensi dell’art. 3 1.

non iscritto nei libri obbligatori.
Proponeva ricorso per cassazione il contribuente deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 D.Igs 546/1992, in relazione all’art. 360, n. 1, c.p.c.
rilevando, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 14/5/2008, n. 130, il difetto di
giurisdizione del giudice tributario sulle controversie relative alle sanzioni irrogate dagli uffici
finanziari per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in relazione all’art. 360, n. tre,
c.p.c.,rilevando come, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 14472005, la CTR non
abbia preso in esame le dichiarazione resa dal lavoratore agli ispettori dell’Inps;
c) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in combinato disposto con
l’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c.,rilevando come, era onere dell’amministrazione
finanziaria provare che il lavoratore sorpreso a lavorare presso la ditta ricorrente non era suo
dipendenti.
d) vizio di motivazione, in relazione all’art. 360,n. 5 c.p.c., avendo la CTR tenuto conto della data
di effettivo inizio del rapporto di lavoro risultante dal verbale Imps;
e) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, avendo la CTR erroneamente
ritenuto applicabile l’art. 16, comma 2, D.lgs 472/1997 la cui applicazione era espressamente
vietata dall’art. 3, comma 3. D.L. 12/2007.
L’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 23.1.2014, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
1. Anche a volere prescindere dalla astrattezza dei quesiti il ricorso è comunque infondato.
1

73/2002, a seguito di accesso Inps in data 9.6.2003, per l’impiego di un lavoratore subordinato


Con riferimento al primo motivo va osservato che a seguito della sentenza della Corte
Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è stata dichiarata la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n.
546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui
attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative a tutte le sanzioni irrogate dagli
Uffici finanziari, anche quando conseguano a violazione di disposizioni non aventi natura
fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia appartiene alla giurisdizione del giudice
ordinario (Cass. S.U. 15846/2008).

– nella specie – il giudicato implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito
pronunciata in primo grado e non impugnata in sede d’appello in punto di difetto di giurisdizione,
sebbene tale difetto fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35
del 2006 e 395/2007, che avevano sottolineato l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione
del giudice tributario e la natura tributaria del rapporto.
L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. S.U. 24 gennaio
2013, n. 1706; Cass. Sez. U, Sentenza n. 24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza
n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n.
26019 del 30/10/2008;
La questione sul difetto di giurisdizione del giudice tributario in tema di sanzioni ex art. 3, comma
3,1.n. 73/2002 non è mai stata sollevata dall’odierna ricorrente nei pregressi gradi di giudizio.
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello, così
ponendo in essere un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di
giurisdizione e prestando acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo
grado, ai sensi dell’art. 329, comma 2 cod. proc. civ..
Va, quindi, escluso che una pronuncia di incostituzionalità della norma che regola il riparto di
giurisdizione possa incidere sul processo in corso.in quanto “se per effetto della non impugnazione
2

Tuttavia la pronuncia del giudice delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale

della questioni di giurisdizione della sentenza che ha deciso il merito della controversia, si è
formato il giudicato implicito sulla sussistenza della giurisdizione, la pronuncia di incostituzionalità
della norma sul cui presupposto il giudice ha deciso nel merito non ha effetto su quel processo,
perché il rilievo del difetto di giurisdizione è ormai precluso”.( Cass., S.U., 18 ottobre 2012, n.
17839
2. Gli ulteriori motivi di ricorso, in quanto logicamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.
La sentenza della Corte Cost. 12.4.2005 n. 144 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in

n. 12, convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 72, nella parte in cui non ammette
la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al
primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.
L’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. in
legge 23 aprile 2002, n. 73 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 36 bis del d.l. 4
luglio 2006, n. 223, conv. in legge 24 agosto 2006, n. 248) non richiede, da parte
dell’Amministrazione, alcun onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro irregolare,
essendo sufficiente il mero accertamento dell’esecuzione di prestazione lavorativa da parte di
soggetto che non risulti da scritture o da altra documentazione obbligatoria.
È, invece, specifico onere del datore di lavoro dimostrare l’effettiva durata della prestazione
lavorativa per evitare che l’entità della sanzione pecuniaria sia determinata “ex lege”, “per il periodo
compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione (Sez. 5, Sentenza n. 21778
del 20/10/2011)
Fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dall’art. 7 del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, nel processo tributario, sussiste il potere di introdurre, per entrambe le parti,
dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio proprio degli elementi
indiziari, i quali, possono concorrere a formare il convincimento del giudice, per garantire il
principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa.
1 verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonche sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresi, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)
3

/

relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 1992,

290CrE DA *TRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 26é4/198
N. 131 TAB. ALL. – N. 5

MATERIA TRIBUTARIA

Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il
recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.
Tuttavia non è sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del
affermazione, (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1960 del 10/02/2012)
Nella fattispecie non emergono elementi probatori ulteriori rispetto alle dichiarazioni del lavoratori
o della parte stessa.
L’ultimo motivo difetta di autosufficienza in quanto i non viene riprodotta testualmente la
motivazione dell’ avviso di irrogazione sanzioni, documento al quali questa Corte non può
accedere direttamente e la cui conoscenza è necessaria per valutare la fondatezza della censura di
violazione di legge in relazione all’asserito non rilevato difetto di motivazione dell’atto proposta in
questa sede.
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.
Nessuna pronuncia va emessa sulle spese in mancanza di attività difensiva dell’intimata.
PQM
Rigetta il ricorso
Così deciso in Roma, il 23.1,20121‘

dipendente, in mancanza di ulteriori elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale

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