Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5381 del 05/03/2010
Cassazione civile sez. trib., 05/03/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 05/03/2010), n.5381
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.A., di seguito anche “Contribuente”, in proprio e con la
difesa e con la rappresentanza anche degli avv. Cardarelli Italo e
Ida Cardarelli, presso i quali e’ elettivamente domiciliato in Via
Alessandria 208, Roma;
– ricorrente principale –
contro
l’Agenzia delle entrate, di seguito “Agenzia”, in persona del
Direttore in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale
dello Stato, presso la quale e’ domiciliata in Roma, Via dei
Portoghesi 12;
– intimata e controricorrente –
e sul ricorso incidentale rgn 30621/2006, proposto da:
l’Agenzia, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;
– ricorrente incidentale –
contro
il Contribuente, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di
Genova 14 marzo 2005, n. 53/14/2005, depositata il 15 giugno 2005;
udita la relazione sulla causa svolta nella Camera di consiglio del
18 dicembre 2009 dal Cons. Dott. Meloncelli Achille;
vista la requisitoria scritta del P.M., in persona del Sostituto
Procuratore Generale Velardi Maurizio, che ha concluso per il rigetto
dei primi due motivi del ricorso principale, inammissibili gli altri,
e per l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Considerato:
a) che il 13 luglio 2006 e’ notificato all’Agenzia un ricorso del Contribuente, integrato con memoria, per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha rigettato l’appello del Contribuente contro la sentenza della CTP di Genova n. 151/11/2003, che aveva respinto il suo ricorso contro il diniego n. (OMISSIS) dell’istanza di rimborso dell’Irap 1998 – 2001;
b) che il 5 settembre 2006 e’ notificato al Contribuente un documento incorporante il controricorso dell’Agenzia e un suo ricorso incidentale contro la medesima sentenza;
c) che i ricorsi devono essere riuniti ex art. 335 c.p.c.;
d) che la sentenza impugnata afferma che “dalla disamina degli atti, emerge che in effetti il contribuente esercita la professione di avvocato, con l’utilizzo di una struttura organizzativa non ostativa al rimborso dell’Irap. Tuttavia, nel caso di specie risulta che il contribuente ha effettuato la definizione automatica delle pendenze fiscali ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 7 e segg.
comprese quelle relative agli anni tra il 1998 e il 2001…; e si aggiunge che “poiche’… la definizione automatica rende definitiva la liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione con riferimento anche all’applicabilita’ di esclusioni, questa Commissione ritiene che la domanda di condono cristallizza la dichiarazione risultante al momento dell’adesione, rendendo pertanto illegittima l’istanza di rimborso Irap antecedentemente presentata.
Per quanto sopra, nel caso di specie, i versamenti effettuati per Irap, riferiti al 1998, 1999, 2000 e 2001, non possono dar luogo a rimborsi”;
e) che dei motivi addotti a sostegno del ricorso principale del Contribuente: 1) il primo, con cui si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli art. 115 e 345 c.p.c. e’ inammissibile per inosservanza dell’onere di autosufficienza del ricorso per Cassazione, perche’ non si riproducono testualmente quelle parti degli atti processuali nelle quali sarebbero descritti i comportamenti e i fatti che starebbero alla base della doglianza;
2) che e’ infondato il secondo motivo, con il quale s’ipotizza la violazione di legge nei confronti della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 7, n. 13 e l’esistenza di tutte le specie di vizi di motivazione della sentenza impugnata, e a conclusione del quale si chiede “se la definizione automatica delle annualita’ di imposta L. n. 289 del 2002, ex art. 7 e segg. impedisca il rimborso al contribuente ricorrente dell’IRAP indebitamente versata”, perche’, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il condono tributario premiale attribuisce al contribuente un diritto potestativo di scelta tra il procedimento amministrativo di accertamento ordinario, con conseguente pretesa all’eventuale rimborso del tributo indebitamente pagato, e il procedimento amministrativo di accertamento straordinario di condono, che si articola in un oggetto qualitativamente e quantitativamente diverso da quello dichiarato e nella determinazione di una quantita’ del contenuto dell’imposta diversa da quella risultante dall’esercizio del potere di accertamento ordinario, con la conseguenza che l’opzione del contribuente per il condono preclude ad entrambi i soggetti del rapporto il ricorso al procedimento di accertamento ordinario e, quindi, anche ogni pretesa al rimborso da parte del contribuente, il cui eventuale ricorso al giudice tributario diviene inammissibile per sopravvenuta mancanza di interesse (in questo senso, in generale Corte di cassazione 8 settembre 2009, n. 22559, e, specificamente per l’IRAP, Corte di cassazione 16 febbraio 2007, n. 3682);
3) il terzo motivo, con cui si denuncia la violazione di legge per incompatibilita’ dell’Irap con l’IVA, e’ infondato, perche’ la sentenza della Corte di giustizia 3 ottobre 2006, in causa C. 475/03, ha riconosciuto la compatibilita’ del regime dell’IRAP con l’art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, escludendo il suo carattere duplicativo dell’IVA;
4) che il quarto motivo e’ infondato, perche’ non si e’ formato alcun giudicato sull’affermazione della CTR, secondo cui il contribuente esercita la professione di avvocato, con l’utilizzo di una struttura organizzativa non ostativa al rimborso dell’Irap, perche’, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale e quella di legittimita’, per tutti i lavoratori autonomi si tratta di accertare, caso per caso, cioe’ con riguardo al caso di specie ultima oggetto di controversia, se in un dato anno d’imposta, il lavoratore autonomo abbia svolto la sua attivita’ utilizzando un’autonoma organizzazione oppure no;
5) il quinto motivo, relativo all’onere della prova, con il quale si chiede “se l’onere della prova della sussistenza della struttura autonomamente organizzata gravi sull’ufficio impositore, costituendo elemento costitutivo e presupposto dell’IRAP indebitamente versata dal professionista”, e’ manifestamente infondato, perche’ e’ onere del contribuente, che chieda il rimborso di un’imposta indebitamente pagata, dimostrare l’esistenza del presupposto della sua pretesa (Corte di cassazione 26 maggio 2009, n. 12111);
f) che le precedenti considerazioni comportano il rigetto del ricorso principale del contribuente e l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato dell’Agenzia;
g) che, dati i tempi di consolidamento della giurisprudenza di legittimita’ sulle questioni sollevate, le spese processuali relative al giudizio di cassazione meritano la compensazione tra le parti.
P.Q.M.
LA CORTE Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale, e compensa tra le parti le spese processuali del giudizio di cassazione.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010