Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5380 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 05/03/2010), n.5380

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso principale rgn 16790/2006, proposto da:

Agenzia delle entrate, di seguito “Agenzia”, in persona del Direttore

in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– ricorrente principale –

contro

il signor D.F.L., di seguito anche “Contribuente”,

rappresentato e difeso dagli avv. Del Federico Lorenzo e Laura Rosa,

presso i quali è elettivamente domiciliato in Via F. Denza 20, Roma;

– intimato e controricorrente –

e sul ricorso incidentale rgn 21265/2006, proposto da:

Contribuente, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;

– ricorrente incidentale –

contro

l’Agenzia, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR)

dell’Aquila, Sezione staccata di Pescara, 17 marzo 2005, n. 19/9/05,

depositata il 7 aprile 2005;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio del

18 dicembre 2009 dal Cons. Dr. Achille Meloncelli;

vista la requisitoria scritta del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dr. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il

rigetto di entrambi i ricorsi per la loro manifesta infondatezza.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Considerato:

a) che il 23-24-29 maggio 2006 è notificato al Contribuente un ricorso dell’Agenzia per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha parzialmente accolto l’appello del Contribuente contro la sentenza della CTP di Pescara n. 55/03/2004, che aveva respinto il suo ricorso contro il silenzio rifiuto dell’Ufficio formatosi sulla sua istanza di rimborso dell’Irap 1998-2001;

b) che il 7 luglio 2006 è notificato all’Agenzia un documento incorporante il controricorso del Contribuente e un suo ricorso incidentale contro la medesima sentenza;

c) che i ricorsi devono essere riuniti ex art. 335 c.p.c.;

d) che la sentenza impugnata afferma che “nel caso specifico, dall’esame degli atti, dalle dichiarazioni – Modd. Unico – presentate per gli anni d’imposta dal 1998 al 2001, si rileva che il contribuente per gli anni 1999-2000 (non risulta prodotto il Mod.

unico per l’anno 2001) ha svolto la propria attività professionale, avvalendosi di una autonoma struttura organizzativa, utilizzando beni strumentali di notevole importo, nonchè con l’impiego di personale dipendente; risultano, peraltro, indicati altri costi, quote di ammortamento e spese per importi rilevanti. E’ da ritenere, pertanto, che per le annualità dal 1999 al 2001 sia stata posta in essere un’attività professionale autonomamente organizzata che realizza il presupposto per l’applicazione dell’IRAP. Per l’anno d’imposta 1998, dal Mod. Unico prodotto, non risultano indicate spese per il personale dipendente e quindi resta escluso il presupposto impositivo, in assenza di elementi di organizzazione. Per le considerazioni svolte, l’appello va accolto parzialmente e dichiarato dovuto il rimborso dell’imposta IRAP limitatamente all’anno 1998”;

e) che l’unico motivo del ricorso principale è inammissibile, perchè l’Agenzia non contesta specificamente l’accertamento in fatto correttamente operato dalla sentenza d’appello, per l’anno 1998, in base ai principi fissati da questa Corte in tema di IRAP, secondo cui: 1) ai fini dell’Irap, da un lato l’autonoma organizzazione si ha quando il contribuente sia il responsabile dell’organizzazione e, dall’altro, quando egli impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’uso ordinario, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività (Corte di Cassazione 8 febbraio 2007, n. 3677); 2) inoltre, l’utilizzazione di personale dipendente, anche nella misura minima di una persona, configura il presupposto dell’autonoma organizzazione (Corte di Cassazione 16 febbraio 2007, n, 3673); 3) infine, “in tema di IRAP, l’esistenza di un’autonoma organizzazione … postula che l’attività abituale ed autonoma del contribuente si avvalga di un’organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la sua capacità produttiva; non è invece necessario che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, nè assume alcun rilievo, ai fini dell’esclusione di tale presupposto, la circostanza che l’apporto del titolare sia insostituibile per ragioni giuridiche o perchè la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle sue particolari capacità” (Corte di cassazione 5 marzo 2007, n. 5011), cosicchè è irrilevante per l’IRAP che la prestazione professionale possa esser resa esclusivamente dal professionista, come accade per coloro che esercitano attività di lavoro autonomo in regime di professione protetta;

f) che per la medesima ragione – conformità della sentenza all’orientamento della giurisprudenza di legittimità – è infondato il primo motivo del ricorso incidentale, per la parte riferita al diniego del diritto al rimborso dell’Irap per gli anni 1999 e 2000, mentre, per quanto riguarda il 2001, il motivo è infondato perchè la prova del diritto al rimborso dev’essere fornita dal contribuente che lo richiede; quanto, infine, al secondo motivo del ricorso incidentale, con il quale s’ipotizza la violazione e la falsa applicazione dell’art 33 della Sesta Direttiva comunitaria, la sua infondatezza deriva dalla sentenza della Corte di giustizia 3 ottobre 2006, in causa C. 475/03, che ha riconosciuto la compatibilità del regime dell’IRAP con l’art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE;

g) che le precedenti considerazioni comportano il rigetto di entrambi i ricorsi;

h) che la soccombenza di entrambe le parti conduce alla compensazione tra di esse delle spese processuali relative al giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando tra le parti le spese processuali del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

 

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