Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5378 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5378 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 27273-2009 proposto da:
AZIENDA AGRICOLA FONTANELLE DI FERRARI TERESIO &
FIGLI SNC in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DI
VILLA GRAZIOLI 20, presso lo studio dell’avvocato
BRANCADORO GIANLUCA, che lo rappresenta e difende
2014
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unitamente all’avvocato ANTONIO VINCENZI giusta
delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 07/03/2014

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ape legis;
– controri corrente –

avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

di

n.
PARMA,

50/2009

della

depositata

il

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

06/03/2009;

27273-09

Svolgimento del processo
L’agenzia

delle

entrate

notificava

un

avviso

di

liquidazione all’azienda agricola Fontanelle s.n.c. La
società aveva acquistato, con rogito in data 11 dicembre
2001, un appezzamento di terreno in comune di Castelbosco

fiscali a favore della piccola proprietà contadina.
Procedeva dunque al recupero dell’imposta di registro,
sebbene secondo il regime agevolato relativo agli
imprenditori agricoli a titolo principale.
La società proponeva opposizione.
L’adita commissione tributaria provinciale respingeva il
ricorso con sentenza confermata in appello.
La commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna,
sez. dist. di Parma, in particolare osservava che
l’estensione alle imprese agricole in forma societaria dei
benefici fiscali per la piccola proprietà contadina era
stata attuata con il d. lgs. n. 99 del 2004 e con il d.
lgs. n. 101 del 2005; ma l’equiparazione, ai detti fini,
non poteva essere riconosciuta, in mancanza di espresse
previsioni di stampo retroattivo, agli atti di acquisto
anteriormente stipulati, in quanto la tassazione di
ciascun atto dovevasi considerare cristallizzata al
momento della sua stipulazione.
La società ha proposto ricorso per cassazione deducendo
due motivi.
L’amministrazione ha replicato con controricorso.

di Sopra, e l’ufficio non riteneva spettanti i benefici

Motivi della decisione
I. – Col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione
e falsa applicazione degli artt. 12 e 13 della 1. n. 15475, nonché dell’art. 10 del d.lgs. n. 228-01.
Assume che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 10
ult. cit., poi sostituito dal d.lgs. n. 99 del 2004, le

società di persone in possesso della qualifica di
imprenditore agricolo a titolo principale già godevano
delle agevolazioni fiscali previste dall’art. 1-bis
dell’allegato A del d.p.r. n. 634-72 in tema di imposta di
registro, inizialmente riservate alle sole persone
fisiche.
Col secondo motivo la ricorrente denunzia invece la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 4 0 co., e 2
del d.lgs. n. 99 del 2004, 11 delle prel., per non avere
la commissione regionale considerato che la situazione di
fatto, insorta nel vigore della 1. n. 153 del 1975, i cui
effetti non erano esauriti, per essere la società in
attesa della documentazione amministrativa comprovante i
requisiti soggettivi, doveva trovare la propria
regolamentazione, ai fini del trattamento fiscale, in base
alle nuova disciplina tributaria esistente all’atto del
definitivo riconoscimento delle agevolazioni in capo al
titolare, alla stregua del ius superveniens.
II.

– I motivi, tra loro connessi e suscettibili di

unitario esame, sono infondati.
E’ da premettere che la controversia risulta originata
dalla pretesa della società di vedersi riconosciuti i

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benefici fiscali previsti per la piccola proprietà
contadina dall’art. l l. 6 agosto 1954 n. 604.
Tali benefici, secondo la costante giurisprudenza di
questa corte, possono essere invocati solo nei casi ivi
specificamente previsti (v. per l’affermazione di
principio Cass. n. 23900-07; n. 12609-08; e v. pure,

conf., Cass. n. 7224-03), e consistono nell’applicazione
dell’imposta di registro ridotta a un decimo e
dell’imposta ipotecaria in misura fissa sugli atti
inerenti la formazione o l’arrotondamento della piccola
proprietà contadina, quando ricorrono le condizioni e i
requisiti previsti dall’art. 2.
In questo senso i benefici sono applicabili quando:
“l) l’acquirente, il permutante o l’enfiteuta sia persona
che dedica abitualmente la propria attività manuale alla
lavorazione della terra;
2) il fondo venduto, permutato o concesso in enfiteusi sia
idoneo alla formazione o all’arrotondamento della piccola
proprietà contadina e, in ogni caso, in aggiunta a
eventuali altri fondi posseduti a titolo di proprietà od
enfiteusi dall’acquirente o comunque dagli appartenenti al
suo nucleo familiare, non ecceda di oltre un decimo la
superficie corrispondente alla capacità lavorativa dei
membri contadini del nucleo familiare stesso;
3) l’acquirente, il permutante o l’enfiteuta nel biennio
precedente all’atto di acquisto o della concessione in
enfiteusi non abbia venduto altri fondi rustici oppure
abbia venduto appezzamenti di terreno la cui superficie

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complessiva non sia superiore ad un ettaro, con una
tolleranza del 10 per cento salvo casi particolari da
esaminarsi dall’ispettore provinciale dell’agricoltura in
modo da favorire soprattutto la formazione di organiche
aziende agricole familiari”.
III. – Ora, la ricorrente sostiene, a comune premessa dei

due motivi, che l’ufficio aveva applicato, invece, il
regime agevolato per l’imprenditore agricolo principale
(con aliquota dell’8 %, in luogo del 15 %).
Lamenta tuttavia che l’ufficio non aveva tenuto conto
delle modifiche normative di cui al d. lgs. n. 99 del 2004
in punto di equiparazione della posizione di tale
imprenditore agricolo professionale a quella del
coltivatore diretto.
IV.

– E’ da osservare che la doglianza in tal modo

espressa, siccome limitata a sottolineature afferenti il
profilo soggettivo, non appare pertinente.
Invero la tesi che ne costituisce supporto non coglie il
profilo differenziale ricavabile dall’elemento funzionale
di cui al ripetuto art. 2, caratterizzante la specifica
agevolazione di cui alla 1. n. 604 del 1954. La quale
riguarda, appunto, il riordino della piccola proprietà
contadina in base alle specifiche caratteristiche di
questa così come definite nella legge istitutiva. Sicché
dal mero richiamo alla evoluzione di disciplina che, dalla
l. n. 153 del 1975 in poi, ha caratterizzato la nozione
dell’imprenditore agricolo principale ai fini delle
relative provvidenze non possono ricavarsi elementi

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decisivi in vista della pretesa di riconoscimento delle
differenti agevolazioni di cui alla citata l. n. 604 del
1954.
L’agevolazione per la piccola proprietà contadina, essendo
legata a presupposti affatto specifici, non è quella alla
quale può accedere il contribuente che semplicemente abbia

la qualifica di imprenditore agricolo professionale ex
d.lgs. n. 99 del 2004. E pertanto non risente del
dibattito dottrinale e giurisprudenziale che si è
sviluppato in coerenza di tale nozione, attorno alla
parificazione delle persone giuridiche e delle società ai
soggetti rientranti nell’anteriore categoria dell’
imprenditore agricolo a titolo principale, resa possibile
in base alla l. n. 153 del 1975 (che ha dato attuazione
alla direttiva comunitaria 17 aprile 1972, n. 12-159 per
la riforma dell’agricoltura e per il miglioramento
dell’efficienza delle strutture agrarie).
V. – A tal riguardo reputa la corte di fare le seguenti
precisazioni, in vista della migliore comprensione del
profilo di diritto inciso dal ricorso.
La parificazione – sulla quale la ricorrente insiste opera limitatamente alla disciplina normativa nazionale
che, appunto, costituisce attuazione della richiamata
direttiva comunitaria. Ma la norma nazionale ben può
disciplinare in piena autonomia la materia relativa al
trattamento tributario degli atti di acquisto di terreni
agricoli da parte di imprenditori agricoli; materia che
esula dall’ambito di applicazione della menzionata

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direttiva (v. già Cass. n. 6213-90; n. 3247-96; n. 1169397; ma v. anche, in egual senso, corte giust. CE 15-101992, in causa C-162/91).
Erra la ricorrente nel sostenere che l’impostazione sopra
detta, secondo la quale il beneficio per la piccola
proprietà contadina non è estensibile alle società,

sarebbe stata disattesa dall’art. 10 del d.lgs. n. 228 del
2001.
E’ infatti da osservare che, con disposizione di carattere
innovativo (e non applicabile retroattivamente), la norma
citata ha semplicemente esteso la qualifica di
imprenditore agricolo a titolo principale alle società di
persone e alle società di capitali, il cui oggetto sociale
preveda l’esercizio esclusivo dell’attività agricola e che
rispettino le ulteriori condizioni previste dalla medesima
norma. Non ha invece mutato lo specifico quadro del
trattamento fiscale, così come non hanno inciso su di esso
le successive decisioni della corte di giustizia europea
6-11-1997, in causa C-164/96, e 11-1-2001, in causa C403/98, le quali hanno attinto pur sempre il tema
dell’attribuzione dello status di imprenditore agricolo a
titolo principale.
In sostanza, le fonti dianzi dette non hanno sottoposto a
riesame la questione della compatibilità con la normativa
comunitaria relativa al miglioramento dell’efficienza
delle strutture agrarie – solo in parte richiamata
nell’odierno ricorso (art. 3, n. l, della direttiva CEE 17
aprile 1972, 72/159; art. 2, n. 5, del regolamento CEE 12

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marzo 1985, n. 797; art. 5, n. 5, del regolamento CEE 15
luglio 1991, n. 2328) – della disciplina legislativa
nazionale relativa all’imposta di registro da applicare
sull’acquisto di terreni agricoli da parte di imprenditori
agricoli. Hanno invece affrontato e risolto – le
differenti, anche se collaterali, questioni (a)

dell’esclusione di talune persone giuridiche, per il solo
motivo della loro forma, dalla possibilità di iscrizione a
un albo professionale di imprenditori agricoli a titolo
principale, istituito per determinare i beneficiari del
regime di aiuti instaurato dalla normativa comunitaria
sopra richiamata, e (b) della possibilità, per le società
di capitali, di far valere davanti a un giudice nazionale
la menzionata normativa comunitaria al fine di ottenere il
riconoscimento dello

status

di imprenditore agricolo a

titolo principale, anche quando lo Stato membro non abbia
adottato le misure necessarie per dare esecuzione nel suo
ordinamento interno alle disposizioni comunitarie di cui è
stata chiesta l’applicazione (cfr. sul tema Cass. n.
15665-04 e n. 17750-06).
Col d. lgs. 29-3-2004 n. 99, recante “Disposizioni in
materia di soggetti e attività, integrità aziendale e
semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma
dell’articolo l, comma 2, lettere d), f), g), l), ee),
della legge 7 marzo 2003, n. 38”, è stata definita (art.
l) la nozione di imprenditore agricolo professionale
(IAP), in luogo di quella di imprenditore agricolo a t10
principale, ai fini dell’applicazione della normativa

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statale. Nel senso che è tale “colui il quale, in possesso
di conoscenze e competenze professionali ai sensi
dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del
Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività
agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile,
direttamente o in qualità di socio di società, almeno il

cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro
complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il
cinquanta per cento del proprio reddito globale da
lavoro”. Contemporaneamente sono state fissate le regole
concernenti l’attività dei soci di società di persone e
cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, e degli
amministratori di società di capitali, e l’attività di
società di persone, cooperative e di capitali, anche a
scopo consortile, suscettibili di essere a loro volta
considerate imprenditori agricoli professionali, qualora
lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio
esclusivo delle attività agricole di cui all’art. 2135
c.c. e qualora ricorrano taluni specifici requisiti r(a)
nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia
in possesso della qualifica di imprenditore agricolo
professionale. Per le società in accomandita la qualifica
si riferisce ai soci accomandatari; (b) nel caso di
società cooperative, ivi comprese quelle di conduzione di
aziende agricole, qualora almeno un quinto dei soci sia in
possesso della qualifica di imprenditore agricolo
professionale; (c) nel caso di società di capitali o
cooperative, quando almeno un amministratore che sia anche

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socio per le società cooperative, sia in possesso della
qualifica di imprenditore agricolo professionale”].
A sua volta l’art. 2, nel disciplinare le società
agricole, ha completato il processo di parificazione a
mezzo della regola, per la prima volta coniata, secondo
cui “alle società agricole di cui all’articolo l, comma 3,

qualificate imprenditori agricoli professionali, sono
riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di
imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla
normativa vigente a favore delle persone fisiche in
possesso della qualifica di coltivatore diretto”.
Pertanto è corretta l’affermazione della commissione
tributaria regionale stando alla quale solo a seguito
dell’entrata in vigore del citato d. lgs. n. 99 del 2004 è
stata attuata l’estensione alle società agricole delle
agevolazioni dette.
Ma va integrata con la specificazione che trattasi di
estensione che non supera i confini delle provvidenze
fiscali relative: id est, delle provvidenze destinate agli
atti traslativi stipulati da imprenditori agricoli a
titolo principale.
Per cui, al di là della notazione dell’impugnata sentenza
a proposito della natura innovativa e quindi
dell’irretroattività – della citata riassuntiva estensione
quanto agli atti sottoposti a imposizione, è da ritenere
che la stessa non rileva allorché invece si discuta delle
agevolazioni funzionali al riordino della piccola
proprietà contadina.

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Mette in conto di osservare che dal ricorso risulta che
era stato del resto riconosciuto alla società ricorrente
il beneficio invocabile in relazione al regime agevolato
dell’imprenditore agricolo professionale, mentre era stato
negato quello avente un distinto presupposto, legato alle
caratteristiche oggettive del fondo siccome funzionali

alla formazione o all’arrotondamento della piccola
proprietà contadina (v. in part. art. 2, n. 2 e 3, della
1. n. 604-54).
VI.

Codesta notazione si rivela dirimente per

disattendere il ricorso.
In particolare che non giova affermare che nella specie la
società, al momento dell’entrata in vigore della normativa
citata, era “in attesa della documentazione comprovante i
requisiti soggettivi” all’uopo previsti.
Invero non da ciò può desumersi che gli effetti dell’atto
sottoposto a registrazione (rogato 1’11 dicembre 2001 e
registrato il 24 dicembre 2001) fossero da ritenersi non
ancora esauriti quanto al regime giuridico stabilito ai
fini dell’applicazione delle agevolazioni. E’ del tutto
ovvio che detto regime era in ogni caso quello dettato
dalle norme vigenti al momento della stipulazione
dell’atto traslativo.
Il ricorso è rigettato.
La complessità della questione giuridica sottostante
giustifica la compensazione delle spese processuali.
p.q.m.

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La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese
processuali.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

sezione civile, addì 9 gennaio 2014.

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