Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5376 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5376 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso 17333-2007 proposto da:
MAFFEI VINICIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA G.G.BELLI 39, presso lo studio dell’avvocato
LEMBO ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PULITI GUIDO,giusta delega in
calce;
– ricorrente –

2013
contro

3772
MINISTERO DELL’ECONOMIA

E

DELLE FINANZE, in persona

del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

Data pubblicazione: 07/03/2014

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrentinonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI LIVORNO;
– intimata-

TRIBUTARIA CENTRALE di ROMA, depositata il
07/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/10/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il controricorrente, l’Avvocato GUIDA, che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

/

I

avverso la decisione n. 5215/2006 della COMMISSIONE

Svolgimento del processo

Con sentenza 7.6.2006 n. 5215 la Commissione tributaria centrale , premesso che
Maevo Mantoflex s.a.s in liquidazione aveva impugnato tre ingiunzioni di pagamento e
due avvisi di rettifica emessi dall’Ufficio Iva di Livorno aventi ad oggetto il recupero

liquidata su operazioni passive aventi ad oggetto la riparazione di autovetture e
l’acquisto di un “autoroller”, ritenuti beni non inerenti l’attività economica, e premesso
altresì che le decisioni del Giudici di prime cure di rigetto dei ricorsi erano state
integralmente riformate con le sentenze di appello della Commissione tributaria di II°
grado di Livorno in data 11 dicembre 1991 nn. 3227-3231 che avevano, invece, ritenuto
provato che i beni in questione erano utilizzati come beni strumentali nell’attività
d’impresa, tutto ciò premesso, previa riunione dei giudizi, accoglieva i ricorsi proposti
dall’Ufficio finanziario e dichiarava legittimi gli atti di ingiunzione e gli avvisi di
rettifica.

I Giudici della CTC, rilevato che la società aveva svolto lavorazioni di
impermeabilizzazione ed isolamento fino alla cessazione della attività avvenuta
nell’anno 1979, quando era stata collocata in liquidazione, e rilevato che i costi relativi
alle fatture utilizzate in detrazione erano stati sostenuti durante il periodo della
liquidazione protrattosi fino al 1985, ritenevano che difettasse il presupposto, richiesto
dal’art. 19co2 lett. a) del Dpr n. 633/72 (nel testo vigente ratione temporis), della
“esclusiva” destinazione dei beni all’esercizio della impresa, alla stregua delle stesse
affermazioni del liquidatore della società secondo cui gli autoveicoli erano stati
impiegati “non solo per la liquidazione contabile ma anche per le garanzie sui lavori
eseguiti rilasciate ai clienti, per i contratti con i fornitori e per la vendita delle
proprietà” nonchè “per esitare riscossioni, fare pagamenti, seguire le cause i periti e gli

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ric. Maevo Mantoflex di Maffei Vinicio s.a.s c/Ag.Entrate+1

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Stefano

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dell’IVA dovuta per gli anni 1983 e 1984 in relazione alla indebita detrazione dell’IVA

avvocati” e considerato altresì che non risultava fosse stata intrapresa una nuova attività
produttiva.

Avverso la sentenza della CTC ha proposto ricorso per cassazione Maffei Vinicio n.q.
di “ex liquidatore” della società Maevo Mantoflex s.a.s. deducendo tre mezzi ai quali
resistono con controricorso la Agenzia delle Entrate ed il Ministero della Economia e

Con ordinanza in data 22.10.2013 questa Corte rilevava “ex officio” la questione della
legittimazione processuale della parte ricorrente assegnando termine alle parti per fornire
chiarimenti e svolgere difese in ordine alla questione pregiudiziale

“in quanto ove

dovesse emergere che la società risulta cancellata dal registro delle imprese, con
efficacia dalla data 1.1.2004 ex art. 2495 c.c. nel testo novellato dal Dlgs n. 6/2003,
ovvero in data successiva ma comunque anteriore alla proposizione del ricorso per
cassazione, quest’ultimo dovrebbe essere dichiarato inammissibile in quanto proposto
da soggetto non più titolare dei poteri di rappresentanza processuale di un soggetto da
ritenersi ormai estinto”.

In allegato alla nota depositata dal difensore della parte ricorrente in data 27.12.2013,
che ha richiesto che il processo venga interrotto, è stato prodotto certificato di morte di
Maffei Vinicio, deceduto il 3.12.2013, nonché visura ordinaria di società di persone
della CCIAA di Livorno, in data 27.12.2013, da cui risulta che la società Maevo
Mantoflex del Perito Industriale Vinicio Maffei & C. s.a.s. era stata cancellata di ufficio
-ai sensi del Dpr 23.7.2004 n. 247- dal registro delle imprese in data 6.5.2008.

Riconvocata in data

2013 la camera di consiglio, la causa è stata decisa come

di seguito.

Motivi della decisione
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ric. Maevo Mantoflex di Maffei Vinicio s.a.s c/Ag.Entrate+1

Co
Stefano

ieri

delle Finanze che si difendono esclusivamente in ordine al primo motivo di ricorso.

0. La causa risulta correttamente instaurata nei gradi di merito ed anche nel presente
giudizio di legittimità, dalla società in accomandita semplice, in persona del liquidatore
Maffei Vinicio -titolare dei poteri rappresentativi della società-, essendo stato proposto il
ricorso per cassazione con atto notificato in data 4.6.2007, quando la società di persone
aveva cessato l’attività economica ma non era stata ancora cancellata dal registro delle
01 rz Z

dae

‘.

4.; 2°63

ifftorgli –

La estinzione della società di persone, parte processuale, verificatasi dopo la notifica
del ricorso per cassazione, è priva di effetti sullo svolgimento del processo pendente
avanti alla Corte in quanto, per consolidata giurisprudenza di legittimità, nel giudizio di
cassazione, che è dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto
dell’interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 e ss. cod. proc.
civ. (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 5626 del 18/04/2002; id. Sez. U, Ordinanza n. 17295 del
14/11/2003; id. Sez. U, Sentenza n. 14385 del 21/06/2007; id. Sez. 5, Sentenza n. 14786 del
05/07/2011; id. Sez. L, Sentenza n. 8685 del 31/05/2012), con la conseguenza che la

comunicazione da parte del difensore -con nota depositata in Cancelleria in data
27.12.2013- dell’evento interruttivo relativo alla cancellazione della società (dovendo
ritenersi irrilevante, ai fini interruttivi, il decesso della persona fisica del liquidatore, che ha agito in
rappresentanza dell’ente collettivo e non anche in proprio) non impedisce alla Corte di

pronunciare sul ricorso.

1. Va dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Economia e delle
Finanze.
Il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 ha previsto la istituzione delle Agenzie fiscali per la
gestione delle funzioni già esercitate dai vari dipartimenti e di quelle connesse svolte da
altri uffici del Ministero delle finanze.
In particolare l’art. 57co 1 dispone che “Per la gestione delle funzioni esercitate dai
dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di quelle connesse svolte da altri
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C
Stefanc7ivieri

impreso con effetti estintivi del soggetto giuridicoCe-

uffici del Ministero sono istituite l’agenzia delle entrate, l’agenzia delle dogane,
l’agenzia del territorio e l’agenzia del demanio, di seguito denominate agenzie fiscali.
Alle agenzie fiscali sono trasferiti i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze che
vengono esercitate secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna
agenzia”; l’art. 61co 1 attribuisce alle Agenzie fiscali personalità giuridica di diritto
pubblico e autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa,

controversie instaurate successivamente alla loro costituzione a mezzo del direttore che
ne ha la rappresentanza, avvalendosi, eventualmente, del patrocinio dell’Avvocatura
dello Stato, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43.
L’art. 62co1 stabilisce inoltre la competenza istituzionale generale di tali enti pubblici,
disponendo che “all’agenzia delle entrate sono attribuite tutte le funzioni concernenti le
entrate tributarie erariali che non sono assegnate alla competenza di altre agenzie, enti
od organi, con il compito di perseguire il massimo livello di adempimento degli obblighi
fiscali sia attraverso l’assistenza ai contribuenti, sia attraverso i controlli diretti a
contrastare gli inadempimenti e l’evasione fiscale”, mentre l’art. 63co1 definisce le
competenze della Agenzia delle dogane alla quale vengono trasferiti “i servizi relativi
all’amministrazione, alla riscossione e al contenzioso dei diritti doganali e della
fiscalità interna negli scambi internazionali, delle accise sulla produzione e sui
consumi”.
Il trasferimento delle funzioni già del Ministero alle neoistituite Agenzie fiscali è stato
attuato, ai sensi dell’art. 73co4 del Dlgs n. 300/1999, con D.M. 28 dicembre 2000 n.
1390, che ha fissato alla data 1 gennaio 2001 l’inizio della operatività delle Agenzie
fiscali che, pertanto, da tale data, sono subentrate nella titolarità dei rapporti giuridici già
di pertinenza dei dipartimenti dell’Amministrazione statale.
Il complesso normativo predetto è stato interpretato da questa Corte nel senso che dal
1 gennaio 2001 si è verificata una “successione a titolo particolare” delle Agenzie fiscali
al Ministero nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento delle
obbligazioni tributarie e di natura contrattuale, per effetto della quale deve ritenersi che
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Stefano O ieri

contabile e finanziaria. Tali enti pubblici, possono, pertanto, stare in giudizio nelle

la legittimazione “ad causam” e “ad processum” nei procedimenti introdotti
successivamente alla predetta data spetti esclusivamente all’Agenzia fiscale quale unico
soggetto giuridico (autonomo soggetto di diritto e non organo dello Stato dotato di
personalità giuridica) titolare dei poteri relativi all’esercizio delle funzioni trasferite, che
vengono ad essere separati dalla titolarità del rapporto -nella specie tributario- riferibile
unitariamente alo Stato.

notificato il 4.6.2007, successivamente alla data di entrata in funzione delle Agenzia
fiscali (1.1.2001), ne consegue che legittimata a resistere deve ritenersi esclusivamente
la Agenzia delle dogane, in quanto subentrata al Ministero delle Finanze in virtù della
successione, a titolo particolare, nel rapporto tributario.
Il ricorso proposto nei confronti della Amministrazione statale va in conseguenza
dichiarato inammissibile, sussistendo giusti motivi per dichiarare interamente
compensate tra le parti le spese del presente giudizio, non avendo la “vocatio in jus”
comportato per la parte resistente svolgimento di specifica attività difensiva.

2. Deve essere esaminato preliminarmente il secondo motivo del ricorso principale con
il quale si deduce la violazione degli artt. 20, 73co2 e 75co2 Dlgs n. 546/1992, in
relazione all’art. 360co1 n. 3) c.p.c. (prima censura) nonché vizio di omessa motivazione
ex art. 360co 1 n. 5) c.p.c. (secondo censura), in quanto idoneo se accolto a defmire in
via pregiudiziale la controversia.

Il ricorrente assume che la CTC ha omesso del tutto di esaminare e di pronunciare
sulla eccezione, proposta con la memoria depositata in data 31.3.2006, di estinzione del
giudizio per vizi propri della istanza di trattazione presentata dall’Ufficio finanziario ai
sensi dell’art. 75co2 Dlgs n. 546/1992, aggiungendo che i Giudici di merito sono incorsi
in “error in judicando” avendo considerato conforme ai requisiti di cui all’art. 20 Dlgs n.
546/1992 la istanza di trattazione, che recava soltanto il timbro di protocollo in arrivo,
con il numero progressivo e la data 15.7.1993 ma privo della sottoscrizione del
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Stefano Oli

Tanto premesso, rilevato che il ricorso per cassazione, è stato proposto con atto

funzionario della Segreteria attestante il deposito dell’atto e senza che venisse specificata
la modalità di effettuazione del deposito stesso.

Tanto premesso, la seconda censura (vizio di omessa motivazione) è inammissibile, sia
per erronea individuazione del parametro del sindacato di legittimità laddove la parte
deduce un “errore di fatto” intendendo invece far valere un vizio di nullità processuale,

giudizio proposta con la memoria difensiva in data 31.3.2006, sia in quanto, così intesa
la censura la stessa si porrebbe in insanabile contraddizione logica con la prima censura
(violazione di norme di diritto) che presuppone, al contrario, che i Giudici di merito
abbiano comunque pronunciato (implicitamente) sulla predetta eccezione pregiudiziale,
sia pure in modo errato secondo l’assunto difensivo della parte ricorrente.

La prima censura (violazione e falsa applicazione di norme di diritto) del secondo
motivo deve invece ritenersi infondata.

Relativamente alle controversie pendenti avanti la CTC alla data di insediamento delle
Commissioni tributarie provinciali e regionali, l’art. 75 del Dlgs n. 546/1992 prescriveva
che la parte interessata dovesse presentare, nel termine perentorio di mesi sei dalla data
indicata, apposita istanza di trattazione nelle forme previste dall’art. 20 del medesimo
Dlgs n. 546/92, in difetto dovendo dichiararsi estinto il giudizio.
Premesso che la sentenza della Corte costituzionale in data 16.4.1998 n. 111, ha
dichiarato la norma dell’art. 75co2 Dlgs n. 546/92 incostituzionale, con effetto ex tune,
nella parte in cui non prevede che il termine per la presentazione della istanza di
trattazione decorra dalla data di ricezione dell’avviso con cui la Segreteria -nella specie
della CTC- deve dare comunicazione alle parti dell’onere di proposizione dell’istanza
stessa, consegue che: a) in mancanza di comunicazione dell’avviso dell’onere di
proposizione dell’istanza di trattazione, il relativo termine non può iniziare a decorrere
(cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 14676 del 12/07/2005), e b) nessuna nullità può
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Stefano

st.
er

ex art. 360co 1 n. 4) c.p.c., per “omessa pronuncia” sulla eccezione di estinzione del

verificarsi nel caso in cui, prima che sia decorso il predetto termine, il Giudice tributario
abbia comunque fissato la discussione in assenza della citata istanza, essendo il giudizio
tributario regolato dal principio dell’impulso d’ufficio, con la conseguenza che la
previsione di una causa eccezionale e transitoria di estinzione per l’inattività delle parti
non preclude al Giudice, in difetto di un’espressa previsione, di dar corso agli
adempimenti processuali quando la presunzione di disinteresse al giudizio non possa

cass. Sez. 5, Sentenza n. 274 del 12/01/2010).

Orbene anche a superare tali rilievi e la conseguente omessa specificazione da parte
della società ricorrente del fatto processuale -in ordine alla avvenuta comunicazione
dell’avviso- indispensabile a supportare la fondatezza della critica mossa alla sentenza

della CTC con il motivo in esame (con conseguente inammissibilità della censura per difetto di
autosufficienza ex art. 366co1 n. 4 c.p.c.), osserva il Collegio che le ipotizzate irregolarità

formali della istanza di trattazione non appaiono in ogni caso suscettibili di determinare
la inesistenza od invalidità insanabile dell’atto di impulso processuale.
L’art. 75co2 Dlgs n. 546/92 prescrive che la istanza, sottoscritta dalla parte o dal suo
precedente difensore, “deve essere notificata o spedita o consegnata alla segreteria
della commissione tributaria centrale nei modi previsti dall’art. 20” e che, in difetto il
giudizio si estingue.
L’art. 20 del decreto legislativo disciplina le forme della notifica dell’atto introduttivo
del giudizio tributario, rinviando alle modalità prescritte all’art. 16 commi 2 e 3. Le
disposizioni dell’articolo richiamato (nel testo, anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 37
comma 28 DL n. 223/2006 conv. in legge n. 248/2006, vigente al tempo della presentazione della
istanza di trattazione -15.7.1993-) rinviano (comma 2) a loro volta alla disciplina delle

notificazioni del codice di procedura civile e dispongono (comma 3) che

“Le

notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale
mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di
ricevimento ovvero all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente locale mediante
consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia.”
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Stefano ivieni

ritenersi sussistente per non essere ancora decorso il termine che la determina (cfr. Corte

Tanto premesso, i vizi di nullità relativi al procedimento notificatorio debbono
ritenersi sanati se lo scopo della conoscenza dell’atto da parte del destinatario sia stato
comunque raggiunto (artt. l 56co3 e 160 c.p.c. che trovano applicazione anche nel caso di specie
in virtù del generale rinvio disposto dall’art. 16co2 Dlgs n. 546/92) e, per stessa affermazione

della parte ricorrente, la istanza di trattazione risulta pervenuta alla segreteria della CTC,
che ha apposto sulla stessa il numero di protocollo in arrivo con il timbro datario (in data

notifica prescelta fosse affetta da vizi di nullità- ha comunque raggiunto il suo scopo,

rendendo noto all’Ufficio giudiziario la volontà della parte di proseguire il giudizio e
consentendo al Presidente della sezione della CTC alla quale risulta assegnato il
giudizio, di provvedere alle verifiche indicate nell’art. 75co2 Dlgs n. 546/92. Peraltro
la parte ricorrente neppure specifica quali vizi formali della notifica abbiano impedito il
raggiungimento dello scopo dell’atto, limitandosi a sostenere, in modo non perspicuo,
che doveva essere indicato il mezzo attraverso il quale la istanza di trattazione era stata
depositata e che questa avrebbe dovuto essere notificata anche al contribuente,
affermazioni che non trovano alcun riscontro nelle disposizioni di legge sopra indicate.
Quanto alla mancanza della sottoscrizione del funzionario della segreteria della CTC,
attestante il deposito della istanza di trattazione, non emerge che la parte ricorrente
abbia inteso contestare la genuinità o la provenienza del numero di protocollo e della
data di ricezione apposta sulla istanza di trattazione, dovendo al riguardo essere
confermata la giurisprudenza della Corte secondo cui il timbro-datario protocollo
apposto su un atto, qualora non sia contestata la alterazione o la falsità della impronta,
pur in difetto di sottoscrizione da parte del funzionario ricevente, attesta la sicura
provenienza dall’Ufficio cui il timbro appartiene, ed appare idoneo a documentare che
l’atto è stato effettivamente ricevuto in quella data (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 3233
del 27/03/1998 con riferimento al timbro di ricezione apposto dall’Ufficio finanziario sulla copia
dell’elenco restituito alla Segreteria di provenienza ai sensi del’art. 32 Dpr n. 636/1972).

La sentenza della CTC va dunque esente dal vizio di legittimità denunciato.
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Stefano O ‘eri

15.7.1993): ne segue che l’atto di impulso processuale -ove anche, in ipotesi, la modalità di

3. Deve quindi essere esaminato il terzo motivo con il quale si deduce il vizio di
nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c.,
in quanto sul medesimo diritto alla detrazione IVA per gli anni 1983 e 1984 si era già
pronunciata la Commissione tributaria centrale con sentenza 23.2.1999 n. 1153 passata

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo specificato la
parte ricorrente la data del passaggio in giudicato della sentenza la cui efficacia
preclusiva intende far valere nel presente giudizio, e non essendo consentito alla Corte
verificare se la formazione del giudicato sia sopravvenuta nelle more del giudizio di
legittimità (introdotto con ricorso notificato in data 4.6.2007) e se, conseguentemente, la
sentenza in questione possa essere prodotta, quale documento, per la prima volta anche
nel corso del presente giudizio.

In proposito rileva il collegio che, se costituisce insegnamento della giurisprudenza di
questa Corte che l’eventuale giudicato interno od esterno, qualora sulla questione non sia
intervenuta pronuncia nel giudizio di merito ed il giudicato emerga dagli atti prodotti nel
giudizio di merito (ovvero dalla sentenza prodotta anche nel giudizio di legittimità, nel caso di
formazione del giudicato in pendenza dei termini per la proposizione del ricorso ovvero
successiva alla scadenza del termine di deposito delle memorie ex art. 378 c.p.c.: cfr. Corte

cass. SU 16.6.2006 n.13916 ), deve essere rilevato di ufficio anche dal Giudice di
legittimità, in quanto tale esigenza risulta imposta da ragioni di ordine pubblicistico
sottratte alla disponibilità delle parti (da individuarsi nella eliminazione della incertezza delle
situazioni giuridiche e nella stabilità delle decisioni, che trovano espressione nei principi
costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost.), e se la

Corte “al fine di verificare se si sia formato un giudicato, …… procede al relativo
accertamento con cognizione piena, che si estende alla diretta valutazione ed
interpretazione degli atti del processo, mediante indagini ed accertamenti, anche di
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Stefan

st.
livieri

in giudicato.

fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice del merito”
(cfr. Corte cass. SU 25.5.2001 n. 226 -in tema di giudicato esterno-; Corte cass. III sez. 20.1.2006
n. 1099), occorre tuttavia pur sempre coordinare tali principi con la disciplina processuale

del giudizio di legittimità che vieta ex art. 372 c.p.c. il deposito di nuovi atti e documenti
non prodotti nei precedenti gradi, ad eccezione di quelli che riguardano la nullità della

Sul punto si sono pronunciate le Sezione Unite di questa Corte con la Sentenza n.
13916 del 16/6/2006 (seguita dalle sezioni semplici: Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 26041 del
23/12/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 1883 del 27/01/2011) che, risolvendo il contrasto formatosi

nella giurisprudenza di legittimità, ha statuito che la “garanzia di stabilità, collegata
all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, i
quali escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a
formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive, non trova ostacolo
nel divieto posto dall’art. 372 cod. proc. civ., il quale, riferendosi esclusivamente ai

documenti che avrebbero potuto essere prodotti nel giudizio di merito,
guelli attestanti la successiva formazione del giudicato;

non si estende a

questi ultimi, d’altronde,

comprovando la sopravvenuta formazione di una “regula iuris” alla quale il giudice ha
il dovere di conformarsi in relazione al caso concreto, attengono ad una circostanza che
incide sullo stesso interesse delle parti alla decisione, e sono quindi riconducibili alla
categoria dei documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso. La produzione di tali
documenti può aver luogo unitamente al ricorso per cassazione, se si tratta di giudicato

formatosi in pendenza del termine per l’impugnazione,

ovvero, nel caso di formazione

successiva alla notifica del ricorso, fino all’udienza di discussione prima dell’inizio
della relazione” (in tal caso qualora la produzione abbia luogo oltre il termine stabilito dall’art.
378 cod. proc. civ. per il deposito delle memorie, dovendo essere assicurata la garanzia del
contraddittorio, la Corte, avvalendosi dei poteri riconosciutile dall’art. 384, terzo comma, cod. proc.
civ., nel testo modificato dal d.lgs. 2006, n. 40, deve assegnare alle parti un opportuno termine per il
deposito in cancelleria di eventuali osservazioni).
lo
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sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso.

Orbene dal motivo non emerge che la questione relativa al giudicato sia stata dedotta
dal contribuente nel precedente grado di merito avanti la CTC, alcuna indicazione in tal
senso è tratta dalla lettura dell’intero ricorso per cassazione, nè risulta proposta tra le
difese svolte dalla società contribuente con la memoria di costituzione avanti la CTC
depositata in data 17.3.2006 (riportate in elenco alla pag. 2 della motivazione della sentenza

invocato dalla società si sia formato soltanto in seguito alla pubblicazione della sentenza
della CTC impugnata e dunque che la produzione documentale del provvedimento
giurisdizionale reso nel precedente giudizio possa ritenersi conforme alle prescrizioni di
cui all’art. 372 c.p.c. . Inoltre la parte ricorrente omette del tutto di fornire gli elementi
descrittivi necessari a verificare la allegata “identità” di parti, causa petendi e petitum,
tra le questioni decise dalla sentenza impugnata nella presente sede, e quelle decise con
sentenza irrevocabile della CTC in data 23.2.1999 n. 1153. Tali incertezze determinano
la inammissibilità del motivo di ricorso, in relazione al difetto del requisito di specificità
richiesto dall’art. 366co 1 nn. 4 e 6 c.p.c., alla stregua del principio secondo cui, anche
laddove vengano denunciati con il ricorso per cassazione “errores in procedendo”, in
relazione ai quali la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente
all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, si prospetta preliminare ad ogni
altra questione quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in
cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza
di tale ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e,
dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione
può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali
(cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 12664 del 20/07/2012).

Il motivo in esame va altresì incontro ad ulteriore inammissibilità in quanto non è
corredato del quesito di diritto richiesto dall’art. 366 bis c.p.c. -norma applicabile ratione
temporis, essendo stata pubblicata la sentenza impugnata in data successiva al 2.3.2006 di entrata in
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impugnata), non essendo dato tuttavia ricavare da tale rilievo la prova che il giudicato

vigore del Dlgs n. 40/2006-, atteso che come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte

il motivo di ricorso per cassazione, soggetto al d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, deve in ogni
caso concludersi con la formulazione di un quesito di diritto idoneo, cioè tale da
integrare il punto di congiunzione tra l’enunciazione del principio giuridico generale
richiamato e la soluzione del caso specifico, anche quando sia dedotto un “error in
procedendo”, non essendovi spazio, in base al testo dell’art. 366-bis cod. proc. civ., per

processuale a seconda che comportino, o no, la soluzione di questioni interpretative di
norme processuali (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 10758 del 08/05/2013).

Soltanto “per obiter” il Collegio osserva che dai documenti rinvenuti nel fascicolo
processuale della parte non è dato comunque evincere l’effetto preclusivo del giudicato
(peraltro formatosi in data 13.4.2000 e che pertanto avrebbe dovuto essere tempestivamente
eccepito dalla parte nel giudizio avanti alla CTC) atteso che nè la sentenza della CTC n.

1153/99 -che si è limitata a pronunciare la inammissibilità del ricorso proposto dal’Ufficio-, nè la
sentenza 28.12.1991 n. 5244 (recte 3226) della Commissione tributaria di II° grado di
Livorno (che si limita ad accogliere l’appello della società ritenendo con motivazione di tre righi
che “i beni in discussione” risultano strumentali alla attività di impresa), individuano l’oggetto

della controversia e neppure l’anno di imposta, impedendo quindi qualsiasi verifica della
identità di oggetto delle cause in raffronto, tenuto conto che la sentenza n. 5215/2006
della CTC , impugnata nel presente giudizio, ha deciso su altre sentenze della
Commissione tributaria di II° grado di Livorno tutte in data 11.12.1991 ma individuate
con i nn. da 3227 a 3231.

3. Venendo all’esame del primo motivo con il quale si censura la sentenza della CTC
per violazione dell’art. 19 Dpr n. 633/72 —nel testo in vigore al tempo- e per contraddittoria
motivazione, in relazione agli artt. 360co1 nn. 3 e 5 c.p.c., la parte ricorrente impugna la
sentenza in quanto non si sarebbe conformata alla interpretazione della norma tributaria,
fornita dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui la relazione di strumentalità del
12
RG n. 17333/2007
Maevo Mantoflex di Maffei Vinicio s.a.s c/Ag.Entrate+1

Stefano Ttivieri

ipotizzare una distinzione tra i motivi d’impugnazione associati a vizi di attività

bene non implica anche l’attualità dell’esercizio della attività d’impresa ed ancora in
quanto la CTC avrebbe negato il requisito della inerenza, sebbene avesse ritenuto che i
beni erano volti, non tanto alla sollecita liquidazione della società, quanto all’avvio di
una nuova attività economica.

Orbene la CTC ha affrontato la questione esclusivamente in relazione al profilo

o comunque molto attenuata l’attività d’impresa, sicchè non vi era prova che l’acquisto e
la riparazione dei veicoli fossero destinati allo svolgimento di attività commerciali
conformi all’oggetto sociale, essendo soltanto potenzialmente rivolti all’avvio di una
nuova attività produttiva che nella specie tuttavia risultava indimostrata.
Ne consegue che la prima censura (error in judicando) deve ritenersi infondata, non
essendo incorsi i Giudici nella violazione della norma tributaria e dei principi enunciati
da questa Corte secondo cui deve considerarsi “inerente” all’esercizio della impresa
anche l’acquisito di beni e servizi destinati alla costituzione delle condizioni necessarie
perché l’attività tipica possa concretamente iniziare, essendo quindi suscettibili di
rientrare nella nozione di strumentalità, ai fini dell’art. 19 Dpr n. 633/72, anche le attività
meramente preparatorie che per definizione vengono poste in essere in una fase in cui
non vi è ancora produzione di ricavi (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 8583 del
12/04/2006; id. Sez. 5, Sentenza n. 11765 del 12/05/2008; id. Sez. 5, Sentenza n. 23400 del
1911112010), atteso che tale principio -richiamato anche dalla CTC- non vale “ex se” (a

prescindere dalla verifica della fattispecie concreta) ma implica in ogni caso il necessario
accertamento in fatto, riservato al Giudice di merito, in ordine alla effettiva riferibilità in
concreto -alla stregua degli elementi istruttori acquisiti al giudizio e della specifica situazione di
fatto rilevata- dei beni e servizi acquistati all’esercizio della impresa o alle attività

preparatorie alla futura produzione di ricavi, venendo a gravare il relativo onere
probatorio interamente sul contribuente, senza che la sussistenza dei predetti requisiti
possa presumersi in ragione della sola qualità di società commerciale dell’acquirente (cfr.
Corte cass.

Sez. 5, Sentenza n. 4157 del 20/02/2013; id. Sez. 5, Sentenza n. 16697 del

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ric. Maevo Mantoflex di Maffei Vinicio s.a.s c/Ag.Entrate+1

Stefan

st.
livieri

probatorio, rilevando che la società durante la fase di liquidazione aveva del tutto cessata

03/07/2013; id. Sez. 5, Sentenza n. 16853 del 05/07/2013): accertamento in fatto compiuto dal

Giudice che, nella specie, ha ritenuto di escludere in concreto un impiego strumentale
dei predetti beni in assenza di svolgimento di attività imprenditoriale.

Quanto alla critica mossa alla predetta valutazione in fatto, concernente la riferibilità
dei costi relativi alle riparazioni ed acquisti di autoveicoli alla attività imprenditoriale,

dell’ex rappresentante legale della società, che i beni erano destinati prevalentemente
alle operazioni di liquidazione che si protraevano soltanto in attesa della definizione
delle pendenze tributarie, mentre la ripresa dell’attività produttiva, meramente auspicata,
non risultava nei fatti in alcun modo perseguita: tale accertamento in fatto delle
risultanze istruttorie, non è sindacabile in sede di legittimità ove immune da vizi logici,
dovendo evidenziarsi, in proposito, come spettasse alla società fornire le prove
documentali (deliberazioni societarie, fatture relative a prestazioni erogate a favore di terzi,
bilanci depositati nel periodo di liquidazione, acquisto di altri beni o servizi strumentali alla
ristrutturazione aziendale e alla predisposizione dei mezzi occorrenti per la nuova attività)

dell’effettivo impiego degli autoveicoli nella attività commerciale o in attività funzionali
alla riorganizzazione del soggetto societario in vista di una nuova collocazione operativa
sul mercato.

La motivazione della sentenza impugnata deve ritenersi pertanto esente dal vizio
logico denunciato.

4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna della
parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte :
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RG n. 17333/2007
ric. Maevo Mantoflex di Maffei Vinicio s.a.s c/Ag.Entrate+1

st.
Stefan

risulta che i Giudici della CTC hanno rilevato, alla stregua delle stesse dichiarazioni

EBENTE DA REG/STRAZIONE

AI SENSI DEL D.V.R. 26M11984
N. 13 l TAIS. ALL. – N. 5
MATERIA TRIBUTARIA

– dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero della Economia e
delle Finanze, compensando interamente tra le parti le spese di lite;
– rigetta il ricorso proposto nei confronti della Agenzia delle Entrate e condanna la
società soccombente alla rifusione delle spese del presente giudieó che liquida in €

Così deciso nella camera di consiglio riconvocata in data ??1, -e< t. 70(C 4.500,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.

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