Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5375 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5375 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 26271-2008 proposto da:
TRAVELANDIA SRL (già AEROCAR ITALIANA SRL) in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA TOSCANA 1, presso lo studio
dell’avvocato CERULLI IRELLI GIUSEPPE, che lo
rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro
pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

Data pubblicazione: 07/03/2014

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende
ope legis;
– resistenti con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 109/2007 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 05/12/2007;

udienza del 16/12/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato CERULLI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.L’Agenzia delle Entrate di Milano 2 disponeva la ripresa a tassazione di IVA per l’anno 1999,
oltre sanzioni, nei confronti della Aerocar Italiana S.r.l. con avviso di accertamento, assumendo che
la contribuente aveva illegittimamente fruito del regime di sospensione di imposta di cui al comma
2 dell’art.8 DPR n. 633/72.
2.La società contribuente impugnava l’atto innanzi alla CTP di Milano che dichiarava l’illegittimità
dell’atto.

n.109/44/07, depositata il 5 dicembre 2007, lo accoglieva parzialmente, accogliendo il ricorso della
parte contribuente limitatamente all’irrogazione delle sanzioni.
4.0sservano i giudici di merito, per quel che qui ancora rileva, che la CTP non aveva colto la
reale giustificazione posta a base della ripresa fiscale, correlata all’assenza dei requisiti necessari per
rientrare nella categoria degli esportatori abituali non avendo raggiunto, nell’esercizio precedente,
un ammontare di operazioni imponibili pari al 10 per cento del volume di affari realizzato nell’anno
1998. Ragion per cui la parte contribuente aveva illegittimamente fruito del plafond omettendo di
applicare l’IVA sugli acquisiti. Il giudice di primo grado, per contro, si era occupato della non
detraibilità dell’imposta relativa ai costi sostenuti per le cessioni e le prestazioni effettuate da terzi a
vantaggio dei viaggiatori.
5.Aggiungono che la società contribuente, sulla questione della ricorrenza dei presupposti per
essere considerato quale esportatore abituale rispetto agli acquisti effettuati nell’anno 1998, si era
unicamente occupata della legittimità della mancata applicazione dell’IVA per l’anno 1999 per le
spese generali estranee agli acquisiti di beni e servizi a diretto vantaggio dei viaggiatori soggetti al
regime di cui all’art.74 ter DPR n.633/72.
6.In sostanza, la società pur considerando correttamente come rilevanti ai fini della formazione del
plafond unicamente le prestazioni rese in applicazione del DM 340/99, aveva omesso di provare il
requisito necessario per l’ottenimento dello status di esportatore abituale. Evidenziano che doveva
invece ritenersi fondata la doglianza del contribuente in ordine all’applicazione delle sanzioni in
relazione alle condizioni di incertezza sull’ambito di applicazione della norma.
7.La Travelandia srl, subentrata alla Aerocar italiana s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione
affidato a tre motivi. L’Agenzia delle entrate, benché ritualmente citata, si costituiva tardivamente
al solo fine di formulare difese orali all’udienza pubblica. Non spiegava difese il Ministero
dell’economia e delle finanze.La contribuente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
8.Con il primo motivo di ricorso la società contribuente ha dedotto la violazione e falsa
applicazione dell’art.9 comma 1 n.7 bis , dell’art.9 comma 2 e dell’art.8 comma 2 DPR n. 633/72,

3. La CTR della Lombardia, sull’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, con sentenza

nonché dell’art.1 comma 1 lett.a) del d.l. n.746/83, conv. nella legge 27.2.1984 n.17. Deduce che
erroneamente la CTR aveva escluso la qualifica di esportatore abituale della stessa, dovendosi
all’uopo considerare che ai fini della nozione rilevavano tutte le operazioni considerate non
imponibili ai sensi dell’art.9 cit. e rientranti fra i servizi di intermediazione resi in nome e per conto
delle agenzia di viaggio relativi a prestazioni eseguite fuori dal territorio della Comunità europea.
Deduce che la contribuente, ad onta di quanto ritenuto dalla CTR, era in possesso del requisito del
dieci per cento del volume di affari per l’anno 1998, dovendosi computare oltre all’importo di L.

fuori CEE e non imponibili ai sensi dell’art.9 1^comma DPR n.633/72. Formulava il seguente
quesito: dica questa ecc.ma Corte se in relazione all’art.9 1 comma del DPR n.633/72 l’Agenzia
delle Entrate di Milano 2 e la CTR. della Lombardia abbiano correttamente escluso le prestazioni di
cui al n.7 bis dello stesso art.9 comma 1 dalle operazioni non imponibili da considerare per il
computo totale dei corrispettivi delle cessioni all’esportazione ai fini della verifica del superamento
del dieci per cento del volume di affari per ottenere la qualifica di esportatore abituale secondo
quanto previsto dal primo comma lett.a) del D.L. n.746/83, conv.nella L.n.17/84, nonché ai fini
dell’applicazione del beneficio indicato dall’art. 9 2^comma dello stesso DPR n.633172; o non
abbiano invece effettuato un’arbitraria esclusione delle suddette operazioni di cui al n.7 bis del
Pcomma dell’art.9 DPRn.633/72 al fine di giungere alla conclusione di non far rientrare la società
ricorrente fra i soggetti qualificati come esportatori abituali.
9.Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt.1 e 2
del DM n.340/99 e dell’art.74 ter 2″ e 3^ comma del DPR N.633/72.
9.1 Deduce che la CTR aveva erroneamente escluso di considerare, ai fini della qualifica di
esportatore abituale, le prestazioni non imponibili rese fuori dalla comunità europea ai sensi
dell’art.9 comma 1 n.7 bis e 2 DPR n.633/72.In realtà la contribuente aveva documentato innanzi
alla CTP che le fatture per le quali non era stata applicata l’IVA sugli acquisti erano relative a beni
e prestazioni riguardanti spese generali che non rientravano in quelle di cui all’art.74 ter effettuate a
vantaggio diretto del viaggiatore. Formulava il seguente quesito di diritto: dica questa Corte se in
relazione all’art.74 ter del DPR n.633/72 l’Agenzia delle entrate di Milano 2 e la CTR della
Lombardia abbiano correttamente interpretato Part.2 7 comma del DM n.340/99 nel senso di non
consentire l’applicazione dei benefici di cui all’art.9 2″ comma DPR n.633/72 di effettuare acquisti
senza applicazione dell’IVA su tutti i costi relativi agli acquisti effettuati dalle società che effettuano
operazioni di cui all’art.74 DPR n.633/72 , anziché sui soli costi relativi a cessioni di beni e
prestazioni di servizi effettuate da terzi a diretto vantaggio del viaggiatore, come è invece
chiaramente indicato dallo stesso art.74 ter commi 2 e 3 DPR n.633/72 e dallo stesso art.2 comma 2
dello stesso DM 340/1999 anche in relazione alla possibilità di detrarre la relativa IVA, e se in tal

120.465.000, anche quello di L.4.339.915.000, comprendente operazioni di cui all’art.74 ter svolte

modo l’Agenzia delle entrate e la CTR abbiano effettuato con uno strumento normativo inadeguato
un’interpretazione del decreto ministeriale di attuazione dell’art.74 ter dpr n.633/72 che costituisce
un arbitrario ampliamento della norma stabilita dallo stesso art.74 ter DPR n.633172.
10. Va preliminarmente dichiarata la carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’economia
e finanze, ragion per cui i Incorso proposto nei confronti dello stesso è inammissibile. Ciò posto, i
primi due motivi meritano un esame congiunto in relazione alla loro stretta connessione.
11. Giova premettere che ai fini della fruizione del particolare regime previsto dall’art.8 comma 2

prova di possedere la qualifica di esportatore abituale ricorrente, per come chiarito dall’art. 1 del
D.L. n. 746/1983, conv.nella 1.n.17/84 quando le operazioni che creano plafond nel periodo di
riferimento (anno solare o dodici mesi precedenti a seconda che il contribuente utilizzi
rispettivamente il metodo solare o il metodo mensile) sono superiori al dieci per cento del volume
d’affari determinato a norma dell’art. 20 del D.P.R. n. 633/1972, al netto delle cessioni di beni in
transito o depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale.
11.1 Detto regime, che consente all’esportatore abituale di non subire il peso della mancata
detrazione dell’IVA con riguardo alle esportazioni è riconosciuto, alla stregua dell’art.8 comma 2
dPR n.633/1972, “nei limiti dell’ammontare complessivo dei corrispettivi delle esportazioni fatte
dal medesimo nell’anno solare precedente”. Il che altro non vuol dire se non che gli operatori
interessati potranno, nell’anno solare successivo e nei limiti del volume del plafond, acquistare o
importare beni e servizi senza applicazione dell’Iva(cfr.Cass.11914/1998, Cass.n.16819/2008,
Cass.n.12774/2011).
11.2 Orbene, il cuore della questione agitate fra le parti sta nella verifica dei presupposti per
l’operatività del meccanismo del plafond nel caso di specie, in quanto la CTR ha ritenuto che il
contribuente, ancorchè avesse attestato di trovarsi nelle condizioni di potere acquistare in regime di
sospensione di imposta ai sensi dell’art.9 comma 2 DPR n.633/2, aveva in realtà illegittimamente
utilizzato il plafond, non avendo compiuto operazioni rilevanti ai fini della qualifica di esportatore
abituale almeno pari al dieci per cento del volume di affari realizzato nell’anno pregresso a quello al
quale si riferivano gli acquisti pari a £. 23.244.000, in tal modo ritenendo legittima la ripresa a
tassazione, ma non le sanzioni originariamente applicate dall’Ufficio.
11.3 Per giungere a tale conclusione la CTR ha ritenuto che la società contribuente aveva
correttamente considerato ai fini della formazione del plafond solo le prestazioni rese in
applicazione del DM 340/99.
11.4 Secondo i giudici di appello la contribuente avrebbe incentrato la propria difesa sul tema della
mancata applicazione dell’IVA relativa ai costi dell’anno 1999 rappresentati da spese generali che

dpr n.633/2 in tema di acquisti in sospensione di imposta è necessario che il contribuente fornisca la

non riguardavano, per contro “…gli acquisti di beni e servizi a diretto vantaggio dei viaggiatori da
inserire nello speciale regime previsto dall’art.74 ter del DPR n.633172”.
11.5 Così facendo, secondo la parte ricorrente, la ctr ha omesso di considerare che i servizi di
intermediazione resi ad agenzie di viaggio ex art.74 ter dpr n.633172 che la stessa aveva eseguito
nell’anno 1998- pari a £.4.339.915.000- dovevano integrare il concetto di esportazioni alla stregua
del combinato disposto degli artt.8 comma 2, 9 comma 1 e 2 dpr n.633172 e art.1 d.l.n.746/83 cit.
11.6 Ora, a ben considerare, la censura che muove la contribuente alla CTR è quella di avere

determinazione del plafond. Ragion per cui il mancato esame di tali elementi avrebbe inficiato la
decisione impugnata.
11.7 Ma rispetto a questa contestazione il vizio di violazione di legge non è pertinente, in quanto
dalla motivazione della sentenza si evince soltanto che la contribuente non avrebbe sopperito
all’onere di provare il requisito necessario all’ottenimento dello status di esportatore abituale, mentre
nulla viene detto in ordine alle prestazioni di servizi di intermediazione che la contribuente assume,
invece, essere rilevanti ai fini della costituzione del plafond.
11.8 In sostanza, la censura esposta dalla contribuente non appare in realtà rivolta a prospettare una
violazione di legge nella quale sarebbe incorso il giudice di appello, invece appuntandosi su
denunciati errori di giustificazione della decisione di merito sul fatto che avrebbero potuto
giustificare l’illogicità della motivazione della sentenza per non avere considerato elementi che,
invece, andavano a pieno titolo, stando alla prospettiva della parte ricorrente, computatati ai fini
della costituzione del plafond. Sicchè le censure appaiono entrambe inammissibili.
12. Con il terzo motivo la parte ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art.53
Cost. 1 comma. Deduce che l’IVA sulle fatture per le quali era stato applicato il beneficio di cui
all’art.9 2^ comma erano deducibili a tutti gli effetti sicché, anche a non volere ritenere applicabile
il beneficio dell’esenzione dell’IVA, non poteva disconoscersi il credito IVA derivante dalle fatture
di acquisto, costituendo il mancato riconoscimento di tale posta attiva una evidente lesione della
disposizione costituzionale in relazione all’indebito arricchimento prodotto in favore dell’erario.
Formulava il seguente quesito:Dica questa Corte se l’Agenzia delle Entrate e la CTR abbiano
correttamente ottemperato al disposto dell’art.53 della Costituzione nel richiedere alla società
ricorrente un ulteriore versamento dell’IVA su acquisti che era correttamente detraibile a
conseguentemente computabile a credito della stessa società ricorrente, creando così un indebito
danno alla società ricorrente che non recupererebbe un’IVA a credito detraibile a tutti gli effetti e
un indebito arricchimento per l’erario che si approprierebbe di un’IVA a credito di spettanza della
società ricorrente.
13. 11 motivo è infondato.

omesso di considerare elementi che sarebbero stati altrimenti da computare ai fini della

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MATLI-, i< 13.1 Giova sul punto rammentare che il comma 2 dell'art.9 cit.compendia, per quel che qui riguarda, 7-bis) i servizi di intermediazione resi in nome e per conto di agenzie di viaggio di cui all'articolo 74-ter, relativi a prestazioni eseguite fuori del territorio degli Stati membri della Comunità economica europea. 13.2 Orbene, la ricorrente muove dal postulato che se alle operazioni di acquisto fosse stato applicato il regime IVA ordinario e non quello speciale di cui all'art.8 comma 2 dpr n.633/72 che, secondo la CTR, non competeva alla società contribuente per mancata dimostrazione dei 13.3 Dimentica, tuttavia, la parte ricorrente che il diritto a detrazione dell'IVA ed il conseguente credito è soggetto ad una disciplina positiva che richiede la dimostrazione, a carico del contribuente, dei presupposti per potere fruire di tale detrazione, con specifico riguardo alla "congruità della spesa", da valutarsi in relazione al titolo ed alla entità delle prestazioni ricevute-cfr.Cass. 12663 del 20/07/2012;Cass. n. 2362 /2013;Cass. n. 16697/2013;Cass. n. 16853/2013-detto credito. 13.4 Dimostrazione che non è stata in alcun modo fornita dalla parte contribuente, la quale, per converso, ipotizza l'indebito arricchimento dell'erario in relazione all'esistenza certa del diritto a detrazione. 14. Il ricorso proposto nei confronti dell'Agenzia delle Entrate va quindi rigettato.Non è luogo a provvedere sulle spese. P.Q.M. La Corte Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell'economia e delel finanze. Rigetta il ricorso proposto nei confronti dell'Agenzia delle entrate. Così deciso in Roma il 16 dicembre 2013 nella camera di consiglio V sezione civile. presupposti per fruire del plafond, la stessa avrebbe maturato tour court il diritto a detrazione.

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