Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5373 del 22/02/2019

Cassazione civile sez. lav., 22/02/2019, (ud. 11/12/2018, dep. 22/02/2019), n.5373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17735/2017 proposto da:

MA.CA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI, 44, presso lo

studio degli avvocati ALESSANDRO PACE, MASSIMILIANO MARSILI che la

rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

L.A., P.M., Z.A.,

I.G.G., D.M.R., tutti domiciliati in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dagli Avvocati LILIAN CARBONE, GIOVANNI

PETRA’;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 521/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 05/05/2017 R.G.N. 1298/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/12/2018 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato MASSIMILIANO MARSILI;

udito l’Avvocato ROBERTO MANTELLA per delega Avvocato LILIAN CARBONE.

Fatto

Con sentenza del 5 maggio 2017, la Corte d’appello di Firenze rigettava il reclamo proposto da MA.CA. s.r.l. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accertato l’illegittimità del licenziamento collettivo intimato il 28 gennaio 2015 dalla predetta società ad L.A., I.G.G., D.M.R., Pazzolo Maria ed Z.A., con risoluzione del rapporto di lavoro e condanna della datrice al pagamento, in favore di ciascun lavoratore, di un’indennità pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

La Corte territoriale escludeva, come già il Tribunale, che la circostanza dell’assunzione dei lavoratori, per effetto di un cambio d’appalto di servizi di pulizie (nei locali di via (OMISSIS) di proprietà di Finmeccanica Global Service) ai sensi dell’art. 4 CCNL del settore Pulizia e Multiservizi, comportasse la giustificazione del licenziamento per cessazione del servizio ivi, nell’impossibilità di una ricollocazione dei lavoratori in altre sedi. E ciò per l’ininfluenza della genesi del rapporto sulla sua funzionalità ordinaria, con la possibilità della destinazione del lavoratore così assunto a un diverso servizio o a un trasferimento, come d’altronde esplicitamente previsto nei contratti individuali di assunzione dei predetti: sicchè, la società datrice ben avrebbe dovuto provvedere alla verifica della (im)possibilità di una loro ricollocazione all’interno dell’intero complesso aziendale (annoverante la prestazione di servizi di pulizia in plurime unità variamente dislocate in zone di Roma e Firenze), avuto riguardo alla fungibilità delle mansioni (di addetti a pulizie) svolte.

Con atto tempestivamente notificato, la società datrice ricorreva per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resistevano i lavoratori con unico controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18,L. n. 223 del 1991, art. 5, art. 4 CCNL Pulizia e Multiservizi ed omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, per l’impossibilità di ricollocazione dei lavoratori presso un diverso appalto, a fronte dell’obbligo di assunzione di ciascun lavoratore già ivi presente sancito dalla contrattazione collettiva di settore (con la garanzia del mantenimento, a tutto il personale assunto dalla precedente impresa appaltatrice del servizio, delle condizioni normative, contrattuali ed orarie possedute al momento del passaggio: come da verbale di accordo stipulato con le oo.ss.) e dalla unilaterale irriducibilità del monte ore (da tempo pieno a parziale) dei lavoratori assunti a tempo determinato, comportante l’esclusione di ogni comparabilità di mansioni tra lavori in unità produttive diverse.

2. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18,L. n. 223 del 1991, art. 5, art. 4 CCNL Pulizia e Multiservizi ed omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, per l’insussistenza di un obbligo di repechage della datrice, in assenza di una specifica allegazione di un’effettiva e concreta esistenza di posizioni lavorative presso un diverso cantiere, a carico del lavoratore, anche tenuto conto dell’indirizzo più recente al riguardo della giurisprudenza di legittimità.

3. Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 356 c.p.c., ed omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, quale la mancata ammissione di istanze istruttorie puntualmente e reiteratamente dedotte.

4. Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18,L. n. 223 del 1991, art. 5, art. 4 CCNL Pulizia e Multiservizi ed omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti per impossibilità di ricollocazione dei lavoratori presso una diversa unità titolare di altro appalto, è innanzi tutto ammissibile (rectius: procedibile).

E’ sufficiente, infatti, la produzione per estratto del CCNL (per la parte recante l’art. 4) nel fascicolo di Cassazione della società datrice (indicato in calce all’odierno ricorso sub C.11), non esigendosene la produzione integrale: posto che esso non rileva come oggetto di una questione interpretativa, da affrontare anche con il canone ermeneutico di interpretazione complessiva delle clausole, ai sensi dell’art. 1363 c.c. (Cass. 4 marzo 2015, n. 4350), ma piuttosto come causa genetica del rapporto, a monte del licenziamento collettivo intimato, specificamente censurato.

4.1. Nel merito, esso è tuttavia infondato.

4.2. Poichè il settore in questione è caratterizzato, nella generalità dei casi, dalla produzione dei servizi tramite contratti di appalto comportanti frequenti cambi di gestione fra le imprese con risoluzione di rapporti di lavoro da parte dell’impresa cedente e predisposizione delle necessarie risorse lavorative, con assunzioni ex novo da parte dell’impresa subentrante, l’art. 4 CCNL Pulizia e Multiservizi 2011, applicabile ratione temporis, regola le modalità di subentro della nuova impresa alla precedente, per effetto della scadenza del contratto di appalto, secondo le ipotesi di cessazione di appalto: “a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali” (comma 3, lett. a); ovvero “con modificazioni di termini, modalità e prestazioni contrattuali (comma 3, lett. b).

Nel primo caso, “l’impresa subentrante si impegna a garantire l’assunzione senza periodo di prova degli addetti esistenti in organico sull’appalto risultanti da documentazione probante che lo determini almeno quattro mesi prima della cessazione stessa, salvo casi particolari quali dimissioni, pensionamenti, decessi”. Nel secondo, è previsto per l’impresa subentrante, ancorchè sia la stessa che già gestiva il servizio, un iter procedimentale, coinvolgente nell’esame della situazione, “la rappresentanza sindacale aziendale e le Organizzazioni sindacali stipulanti territorialmente competenti… al fine di armonizzare le mutate esigenze tecnico-organizzative dell’appalto con il mantenimento dei livelli occupazionali, tenuto conto delle condizioni professionali e di utilizzo del personale impiegato, anche facendo ricorso a processi di mobilità da posto di lavoro a posto di lavoro nell’ambito dell’attività dell’impresa ovvero a strumenti quali part-time, riduzione orario di lavoro, flessibilità delle giornate lavorative, mobilità”.

4.3. Ben si comprende come la norma collettiva disciplini, per la particolarità del settore, la modalità di ingresso dell’impresa subentrante nel rapporto di appalto, con l’assunzione di impegni nei confronti del personale impiegato in esso, di passaggio dall’una all’altra impresa, connotanti il momento genetico del (nuovo) rapporto, senza alcuna riduzione di tutela nel momento funzionale del rapporto medesimo (come correttamente ritenuto anche dalla Corte territoriale, al primo capoverso di pg. 2 della sentenza).

Conferma della correttezza di un’interpretazione in tale senso della disciplina in esame si trae, in via argomentativa, anche dall’interrogativo postosi in giurisprudenza in ordine alla derogabilità o meno delle disposizioni della L. n. 223 del 1991, art. 24, e succ. mod., in virtù del D.L. n. 248 del 2007, art. 7, comma 4 bis, conv. in L. n. 31 del 2008, nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante nell’appalto di servizi, ai sensi dell’art. 4 CCNL Pulizia Multiservizi: se a parità, o meno, di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative o a seguito di accordi collettivi stipulati con tali organizzazioni sindacali. E se ne è data risposta positiva soltanto nel primo caso, per la sufficiente garanzia per i lavoratori rappresentata dalla ricorrenza di tali presupposti, integrante un’adeguata tutela della loro posizione, esonerante dal rispetto dei requisiti procedurali richiamati dall’art. 24 I. 223/1991 (Cass. 2 novembre 2016, n. 22121; Cass. 22 novembre 2016, n. 23732; Cass. 19 aprile 2017, n. 9868).

4.4. Nel caso di specie, in cui si controverte della (il)legittimità di un licenziamento collettivo, in difetto dell’osservanza delle garanzie procedimentali stabilite dalle disposizioni della legge 223/1991 (e pertanto dell’applicazione delle tutele nella fase, per così dire, “in uscita” dal rapporto) non può che esserne ribadita la doverosa applicazione, in particolare dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, a norma dell’art. 5, L. cit.. Pertanto, se ne deve rispettare l’operatività sull’intero compendio aziendale e non sulla singola unità produttiva: essendo possibile una limitazione della platea dei lavoratori nella selezione per il licenziamento soltanto in presenza di comprovate ragioni organizzative.

In proposito, occorre ribadire il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di licenziamento collettivo, il doppio richiamo operato dalla L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 1, alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, comporta che la riduzione del personale debba, in linea generale, investire l’intero ambito aziendale, potendo essere limitato a specifici rami d’azienda soltanto se caratterizzati da autonomia e specificità delle professionalità utilizzate (Cass. 28 ottobre 2009, n. 22824). Sicchè, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la comparazione dei lavoratori, al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità, non deve interessare necessariamente l’intera azienda, ma può essere effettuata, secondo una legittima scelta dell’imprenditore ispirata al criterio legale delle esigenze tecnico-produttive, nell’ambito della singola unità produttiva ovvero del settore interessato alla ristrutturazione, in quanto ciò non è il frutto di una determinazione unilaterale del datore di lavoro, ma è obiettivamente giustificato dalle esigenze organizzative che hanno dato luogo alla riduzione di personale (Cass. 8 marzo 2006, n. 4970). E così, qualora il progetto di ristrutturazione si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva, le esigenze previste dalla L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 1, riferite al complesso aziendale, possono costituire criterio esclusivo nella determinazione della platea dei lavoratori da licenziare, purchè il datore indichi nella comunicazione ai sensi dell’art. 4, comma 3, L. cit., sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti: con la conseguenza che, qualora nella comunicazione si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali (Cass. 9 marzo 2015, n. 4678; Cass. 12 settembre 2018, n. 22178).

Ma nel caso di specie, le suindicate esigenze tecniche, produttive o organizzative neppure sono state prospettate (nè tanto meno documentate), non potendo, per le ragioni illustrate, essere ravvisate nella peculiare conformazione del rapporto di lavoro tra le parti.

5. Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18,L. n. 223 del 1991, art. 5,art. 4 CCNL Pulizia e Multiservizi ed omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti per inesistenza di un obbligo di repechage della datrice in assenza di una specifica allegazione del lavoratore, è infondato.

5.1. Ed infatti nel licenziamento collettivo, la garanzia di tutela per il lavoratore, nell’esercizio del potere di recesso datoriale, consiste nella verifica di regolarità e di effettività della procedura stabilita (Cass. 13 giugno 2016, n. 12092).

Neppure si possono configurare, prima ancora che (non) applicare quelle garanzie, tra le quali il repechage, esclusivamente proprie del licenziamento individuale (Cass. 2 gennaio 2001, n. 5; Cass. 1 febbraio 2003, n. 1526), siccome “altro”, anche qualora plurimo, dal licenziamento collettivo (Cass. 4 marzo 2000, n. 2463; Cass. 29 gennaio 2003, n. 1364).

6. Il terzo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 356 c.p.c., ed omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti per mancata ammissione di istanze istruttorie specificamente dedotte, è inammissibile.

6.1. Esso difetta del requisito di specificità prescritto, appunto a pena di inammissibilità, dall’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c., sotto il profilo di inosservanza del principio di autosufficienza, per l’omessa specifica indicazione e trascrizione delle prove orali dedotte: Cass. 30 luglio 2010, n. 17915; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48; Cass. 10 agosto 2017, n. 19985): assorbente ogni altro profilo di esame.

7. Dalle superiori argomentazioni discende il rigetto del ricorso, sulla base del seguente principio di diritto, enunciato a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 1:

“Il datore di lavoro titolare di azienda, che sia subentrata in un appalto di servizi ai sensi dell’art. 4 CCNL Pulizia Multiservizi, qualora, a causa della perdita del suddetto appalto, proceda ad un licenziamento collettivo, deve individuare i lavoratori da licenziare, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, con riferimento all’intero suo ambito: potendolo limitare ad alcuni rami d’azienda, soltanto se questi siano caratterizzati dalla specificità delle professionalità utilizzate. Tale limitazione non trova infatti giustificazione nella particolarità della disciplina, come quella di specie, che regola il rapporto di lavoro nella fase di “ingresso”, ossia di subentro nell’appalto, ma non di perdita dello stesso”.

8. La regolazione delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, segue il regime di soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società alla rifusione, in favore dei lavoratori, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15 % e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2019

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