Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5372 del 07/03/2011

Cassazione civile sez. I, 07/03/2011, (ud. 07/12/2010, dep. 07/03/2011), n.5372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.M., B.M., P.A., R.

R. e RU.GI., elettivamente domiciliati in Roma, via

Panama n. 77, presso l’avv. COCILOVO MARCO, dal quale sono

rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a margine de

ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto della Corte di Appello di Napoli depositato il 24

ottobre 2007, n. 950/07 V.G.;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7

dicembre 2010 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. VELARDI Maurizio, il quale ha concluso il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con decreto del 24 ottobre 2007, la Corte d’Appello di Napoli ha accolto la domanda di equa riparazione proposta da P. M., B.M., P.A., R.R. e Ru.Gi. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze per la violazione del termine di ragionevole durata del processo, verificatasi in un giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, promosso dagli istanti nei confronti del Comune di Benevento per ottenere il riconoscimento di un diverso inquadramento lavorativo e delle conseguenti differenze retributive.

Premesso che il giudizio presupposto, iniziato nell’anno 1984, si era concluso con sentenza del 10 marzo 2006. la Corte, per quanto ancora rileva in questa sede, ne ha determinato la durata ragionevole in tre anni, avuto riguardo all’ordinaria complessità del caso trattato, non coinvolgente questioni di rilievo tale da imporre uno straordinario sforzo di efficienza dell’apparato giudiziario, e, tenuto conto dei parametri di valutazione desumibili dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha liquidato il danno non patrimoniale in complessivi Euro 19.000,00 per ciascun ricorrente, pari ad Euro 1.000,00 per ogni anno di ritardo.

2. – Avverso il predetto decreto gl’istanti propongono ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. Il Ministero non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, si rileva che con atto depositato all’udienza pubblica si è costituito in giudizio, in qualità di difensore dei ricorrenti, l’avv. Luigi Giuliano, nominato in sostituzione del precedente difensore avv. Marco Cocilovo, in virtù di procura speciale rilasciata a margine dello stesso atto di costituzione.

Nel presente giudizio, instaurato in data anteriore al 4 luglio 2009.

trova peraltro applicazione, ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 1, l’art. 83 c.p.c., comma 3, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 cit., art. 45, comma 9, lett. a), il quale, prevedendo che nel giudizio di cassazione la procura speciale può essere rilasciata a margine o in calce del ricorso o del controricorso, reca un’elencazione tassativa che implica la necessaria esclusione dell’utilizzabilità di atti diversi da quelli indicati. Pertanto, ove la procura non sia rilasciata contestualmente a tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal secondo comma dello stesso articolo, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, che facciano riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata. Nè ad una conclusione diversa può pervenirsi qualora, come nella specie, la parte proceda alla sostituzione del difensore nominato con il ricorso, non rispondendo alla disciplina del giudizio di cassazione il deposito di atti redatti dal nuovo difensore su cui possa essere apposta la procura speciale (cfr. Cass., Sez. Un., 12 giugno 2006, n. 13537; 24 novembre 2010, n. 23816).

L’avv. Giuliano non può pertanto considerarsi investito del potere di difendere i ricorrenti e di sottoscrivere l’atto di costituzione, il cui deposito risulta quindi irrituale.

2. – Con l’unico motivo d’impugnazione, i ricorrenti denunciano la violazione e/o la falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, commi 1 e 3, e dell’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, nonchè l’erronea e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, sostenendo che, nella liquidazione del danno non patrimoniale, la Corte d’Appello ha violato i parametri e gli standards valutativi elaborati dalla Corte EDU, oltre ad aver calcolato il ritardo nella definizione del giudizio presupposto con decorrenza dal terzo anno successivo alla proposizione della domanda, anzichè dalla data di deposito del ricorso.

2.1. – La censura è infondata.

Ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), infatti, l’indennizzo per la violazione del termine di ragionevole durata del processo non dev’essere correlato alla durata dell’intero processo, ma al solo segmento temporale eccedente la durata ragionevole della vicenda processuale presupposta, che risulti in punto di fatto ingiustificato o irragionevole. Tale criterio di calcolo appare non solo conforme al principio enunciato dall’art. 111 Cost., il quale prevede che il giusto processo abbia comunque una durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari, seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza, ma, come riconosciuto dalla stessa Corte EDU nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n. 36813/97, non si pone neppure in contrasto con l’art. 6, par. 1, della CEDU, in quanto non esclude la complessiva attitudine della L. n. 89 del 2001 a garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione (cfr. Cass., Sez. 1^, 23 novembre 2010, n. 23654; 14 febbraio 2008, n. 3716).

2.2. – Quanto ai criteri da adottarsi nella liquidazione, si osserva che, come ripetutamente affermato da questa Corte, il giudice nazionale, se da un lato non può ignorare, nella quantificazione del ristoro dovuto per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, i criteri applicati dalla Corte EDU, dall’altro può apportarvi le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, purchè motivate e non irragionevoli. E’ stato peraltro precisato che, ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta, alla stregua della più recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo. che la quantificazione di tale pregiudizio dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750.00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1.000,00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente il periodo indicato comporta un evidente aggravamento del danno (cfr. Cass., Sez. 1^ 30 luglio 2010, n. 17922; 14 ottobre 2009, n. 21840).

Tali parametri sono stati puntualmente rispettati dalla Corte d’Appello, la quale, determinato in diciannove anni l’irragionevole ritardo nella definizione del giudizio presupposto, ha liquidato il danno non patrimoniale subito da ciascuno dei ricorrenti in Euro 19.000,00, in tal modo allineandosi all’importo minimo risultante dall’applicazione dei criteri enunciati dalla Corte EDU. I ricorrenti lamentano l’insufficienza della liquidazione, ma omettono di indicare gli elementi di valutazione a loro avviso non considerati nel decreto impugnato, in tal modo rendendo evidente che, sotto l’apparenza della denuncia del vizio di motivazione, mirano in realtà a sollecitare una revisione dell’apprezzamento compiuto dalla Corte d’Appello, non consentito in sede di legittimità, non spettando a questa Corte il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto compete la valutazione del danno, nei limiti segnati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 e dai parametri elaborati dalla Corte EDU. 3. – Il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione del Ministero.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 7 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2011

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