Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5369 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 05/03/2010), n.5369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

GMG SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del Liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA VITTORIA COLONNA 27, presso lo

studio dell’avvocato PANZARANI MASSIMO, rappresentato e difeso

dall’avvocato PERGAMI FEDERICO, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 74/2007 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 19/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

03/12/2009 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato dello Stato GUIDA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato MASIANI per delega dell’Avvocato

PERGAMI, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 74/26/2007 del 19/11/2007 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia respingeva il gravame interposto dall’Agenzia delle entrate di Milano nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Milano di accoglimento dell’impugnazione spiegata dalla contribuente società G.M.C., s.r.l.

in liq. nei confronti del diniego opposto alla domanda di chiusura delle liti pendenti relative ad IRPEG ed ILOR per l’anno d’imposta 1992.

Avverso la suindicata decisione del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate propone ora ricorso per Cassazione, affidato a 4 motivi.

Resiste con controricorso la società G.M.C., s.r.l. in liq..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Pone al riguardo il seguente quesito: “Dica la Corte se la L. n. 689 del 2002, art. 16, vada applicato in base alla situazione di fatto esistente, cosicchè, in caso di soccombenza del contribuente nell’ultima pronuncia giurisdizionale intervenuta, trovi applicazione il predetto art. 16, comma 1, numero 2), indipendentemente dalla conoscenza della pubblicazione della sentenza da parte del contribuente”.

Con il 2^ motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che il giudice dell’appello abbia erroneamente ritenuto che fosse onere dell’A.F. provare che il contribuente “aveva regolarmente ricevuto la sentenza emessa dalla commissione adita”, laddove è invece onere del contribuente “accertare quale fosse la situazione di fatto e la ricorrenza dei presupposti per il perfezionamento del condono”.

Pone al riguardo il seguente quesito: “Dica la Corte se l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti per la definizione di una lite pendente, ai sensi della L. n. 689 del 2002, art. 16, tra i quali anche l’esistenza dell’ultima sentenza pronunciata su detta lite, gravi in capo al contribuente che propone la relativa istanza”.

Con il 3^ motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Lamenta che “la sentenza impugnata ha confermato la decisione di primo grado omettendo di fornire alcuna motivazione al riguardo, limitandosi ad affermazioni del tutto apodittiche”.

Pone al riguardo il seguente quesito: “Dica la Corte se sia nulla la sentenza d’appello che, con una motivazione assolutamente apodittica, confermi la sentenza di primo grado omettendo di esaminare in modo specifico le censure formulate dalle parti contro la decisione impugnata”.

Con il 4^ motivo la ricorrente denunzia motivazione insufficiente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che la motivazione è palesemente insufficiente ad illustrare le ragioni del decidere.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati nei termini di seguito indicati.

Nel confermare la sentenza di prime cure, di rigetto dell’opposizione spiegata dal contribuente avverso l’avviso di diniego opposto alla domanda di chiusura delle liti pendenti relative all’anno d’imposta 1992, il giudice dell’appello pone in rilievo come nei propri scritti difensivi l’A.F. sostenga che “il diniego era scaturito dal fatto che il versamento effettuato dal contribuente non era sufficiente, avendo egli versato il 10% del tributo dovuto, anzichè il 50% come stabilito dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, poichè era già intervenuta una sentenza”, e che a fronte dell’asserzione del contribuente, accolta dal giudice di prima istanza, in base alla quale “non gli era mai stata notificata alcuna sentenza”, “contrariamente a quanto affermato dall’Ufficio” nel proprio atto di gravame, era compito del medesimo “provare la conoscenza da parte del contribuente l’avvenuta sentenza a suo sfavore”.

Emerge evidente come a tale stregua il giudice dell’appello abbia fatto sostanzialmente rinvio alle ragioni poste dal giudice di prime cure a base della propria decisione, omettendo peraltro qualsivoglia sia pur sintetica indicazione in ordine alle ragioni della conferma della pronunzia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto.

A tale stregua la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consente invero in alcun modo di ritenere che alla conferma del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di impugnazione.

A tale stregua la motivazione dell’impugnata sentenza si sostanzia in un’affermazione meramente apodittica, che la connota in termini di mera apparenza (cfr. Cass., 14/2/2003, n. 2196, e, da ultimo, Cass., 11/6/2008, n. 15483), altresì contraria al principio generale in base al quale l’onere della prova sull’esistenza dei presupposti di fatto per la loro applicazione spetta al contribuente che ne beneficia (cfr., anche se con riferimento a fattispecie differenti, Cass., 31/3/2008, n. 8219; Cass., 25/1/2008, n. 1612; Cass., 19/7/1999, n. 7664).

Principio che deve ritenersi invero applicabile anche ai fini dell’accesso alla definizione della lite pendente mediante condono, sia in ordine alla pendenza della lite sia in ordine alla esaustività del pagamento dovuto, anche allorquando ai fini della declaratoria di estinzione del giudizio non sia necessario il “pagamento integrale di quanto dovuto” (cfr., con riferimento all’ipotesi di accoglimento da parte dell’ufficio della domanda di definizione della lite pendente con pagamento rateale, Cass., 28/5/2007, n. 12410; Cass., 22/3/2006, n. 6370; Cass., 23/10/2006, n. 22788).

Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, emergendo essere rimasto nel giudizio di merito incontestatamente acciaiato che il pagamento nella specie effettuato dal contribuente risulta essere di ammontare inferiore al dovuto, la causa può essere invero decisa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

Le ragioni della decisione costituiscono peraltro giusti motivi per disporsi la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

 

 

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