Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5368 del 07/03/2011

Cassazione civile sez. I, 07/03/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 07/03/2011), n.5368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.S., elettivamente domiciliato in Roma, alla via F.

Corridoni n. 23, presso l’avv. ANTONUCCI ENZO dal quale è

rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

p.t., domiciliato per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, dalla quale è

rappresentato e difeso;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte di Appello di Catania depositato il 13

novembre 2007, n. 222/07 V.G.;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3

dicembre 2010 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;

udito l’avv. Antonucci per il ricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. GOLIA Aurelio, il quale ha concluso per l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con decreto del 13 novembre 2007, la Corte d’Appello di Catania ha accolto la domanda di equa riparazione proposta da N. S. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze per la violazione del termine di ragionevole durata del processo, verificatasi in un giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania, promosso dal N. per il pagamento del corrispettivo dovuto per plus-orario prestato in favore dell’Azienda Ospedaliera Papardo di Messina.

Premesso che il giudizio, iniziato nell’anno 1999, non era stato ancora definito in primo grado, la Corte, per quanto ancora rileva in questa sede, ne ha determinato in tre anni la durata ragionevole, e, tenuto conto della natura della causa, che non comportava la risoluzione di problematiche complesse e non presentava rilevanti risvolti economici, ha liquidato equitativamente il danno non patrimoniale in complessivi Euro 2.782.00, pari ad Euro 600,00 per ogni anno di ritardo.

2. – Avverso il predetto decreto il N. propone ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, commi 2 e 3, e dell’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, censurando il decreto impugnato nella parte in cui. a Ironie della durata abnorme dei giudizio presupposto, ha liquidato l’indennizzo dovuto in misura irrisoria e comunque inferiore ai parametri adottati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla stessa giurisprudenza di legittimità, senza tener conto dell’avvenuta presentazione di istanze di prelievo da parte di esso ricorrente e della rilevanza dell’interesse economico sotteso alla controversia, nonchè de patema d’animo in lui ingenerato dalle aspettative connesse all’avvenuto accoglimento di analoghe domande, con conseguente svuotamento della garanzia assicurata dall’art. 6 cit.

1.1. – Il motivo è inammissibile, in quanto corredato da un quesito di diritto inadeguato rispetto a quanto prescritto dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

L’abrogazione di tale disposizione ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69 art. 47, comma 1, lett. d), non ne esclude infatti l’applicabilità al ricorso in esame, avente ad oggetto un decreto pubblicato in data anteriore al 4 luglio 2009. tenuto conto dell’efficacia non retroattiva della normativa in esame e della disposizione transitoria specificamente dettata dalla della L. n. 69 cit., art. 58, comma, 5, secondo cui la nuova disciplina trova applicazione esclusivamente ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (cfr. Cass. Sez. 2^ 27 settembre 2010, n. 20323: Cass. Sez. 3^, 24 marzo 2010, n. 7119).

1.2. – Com’è noto, la formulazione del quesito di diritto assolve la funzione di porre il Giudice di legittimità in condizione di cogliere immediatamente, attraverso la lettura del ricorso, la questione sottoposta al suo esame, mediante l’individuazione dell’errore di diritto asseritamele commesso dal giudice di merito e l’indicazione della regula juris che il ricorrente ritiene debba applicarsi al caso concreto (cfr. Cass. Sez. lav., 7 aprile 2009, n. 8463). In quanto funzionale all’enunciazione diretta ed immediata di un principio di diritto suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dal provvedimento impugnato, e quindi ad un migliore esercizio della funzione nomofilattica della Corte di cassazione, il quesito deve consistere in una sintesi logico-giuridica della questione originale ed autosufficiente (cfr. Cass., Sez. 1^ 24 luglio 2008, n. 20409); esso deve pertanto investire la ratio decidendi del provvedimento impugnato, proponendone una alternativa e tale da comportare il ribaltamento della decisione assunta dal giudice di merito (cfr.

Cass. Sez. 3^ 19 febbraio 2009, n. 4044; Cass. Sez. lav. 26 novembre 2008, n. 28280), e non può essere desunto, neppure parzialmente, dal contenuto del motivo, al quale deve comunque corrispondere, focalizzando la questione di diritto essenziale per la decisione (cfr. Cass. Sez. Un. 2 aprile 2008, n. 8466; 11 marzo 2008, n. 6420).

Tali requisiti non risultano soddisfatti dal quesito enunciato a conclusione del motivo d’impugnazione, la cui formulazione non coglie la ratio del decreto impugnalo, e non appare quindi tale da consentire a questa Corte di enunciare un principio di diritto conforme o contrario: il ricorrente chiede intatti un’astratta pronuncia in ordine alla legittimità della liquidazione di un indennizzo per la violazione del termine di durata ragionevole del processo inferiore a quello risultante dall’applicazione dei parametri enunciati dalla Corte EDU, senza fare alcun riferimento agli elementi, pur enunciati nel decreto impugnato, che hanno indotto la Corte d’Appello a discostarsi dai predetti parametri, nè agli altri elementi, da lui stesso indicati nel motivo, la cui valutazione avrebbe dovuto condurre ad una decisione diversa.

2. – Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna N. S. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 600.00 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA