Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5367 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5367 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di accesso presso la sede dell’Espresso
Italia s.r.1., ai fini della verifica circa
l’utilizzazione del credito di imposta fruito ai sensi
dell’art.7 della legge n.388 del 23.12.2000 e sulla
base di processo verbale di constatazione, L’Ufficio
locale dell’Agenzia delle Entrate disponeva, con avviso
notificato alla Società, il recupero di detto credito
usufruito negli anni di imposta 2001, 2002 e 2003, in
quanto

quest’ultima

non

aveva

prodotto

idonea

documentazione attestante il rispetto della normativa
prevista dal d.lgs. n.626/1994 (comunicazione alla ASL
del nominativo del responsabile del servizio di

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Data pubblicazione: 07/03/2014

prevenzione e protezione) e, in quanto, alla verifica
annuale

al

30.9.2001

non

risultava

mantenuto

l’incremento occupazionale.
Avverso detto atto la Società proponeva tempestivo
ricorso2 cossicome provvedeva ad impugnare la successiva

dell’intero recupero di imposta operato dall’Ufficio.
La Commissione Provinciale di Roma, riuniti i ricorsi,
li accoglieva ritenendo la nullità dell’avviso siccome
notificato dopo solo 26 giorni dalla notifica del
processo verbale di constatazione nonché l’inosservanza
dell’art.7 della legge n.388/2000 perché la violazione
non era stata definitivamente accertata dagli organi
competenti. Rilevava, ancora, la Commissione di prima
istanza che il mancato mantenimento dell’occupazione
non risultava sufficientemente provato.
La decisione, appellata da entrambe le parti, veniva
riformata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla
Commissione Tributaria Regionale del Lazio la quale
dichiarava la legittimità dell’avviso di recupero
rigettando l’appello incidentale della Società.
In

particolare,

condividendo,

il

Giudice

di

appello

-pur

in linea di principio, la sentenza di

primo grado in punto di nullità conseguente al mancato
rispetto del termine di cui all’art.12, coma 7, legge

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cartella di pagamento contenente l’iscrizione a ruolo

n.212/2000

in assenza di

“particolare urgenza”-

riteneva che detta norma riguardasse esclusivamente
l’avviso di accertamento e non l’atto oggetto di
controversia, ovvero l’avviso di recupero, del tutto
“diverso ed emanato a fini diversi” rispetto al primo.

contrariamente ai primi giudici, che la revoca
dell’agevolazione fosse giustificata, ai sensi del
tenore testuale del comma 7 della legge 23.12.2000
n.388, in caso, quale quello in esame, di violazioni
alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori, prevista dai decreti legislativi 19.9.1994
n.626 e 14.8.1996 n.494 e successive modificazioni.
Infine, rigettava l’appello incidentale svolto dalla
Società ritenendo le domande poste dalla parte
resistente inammissibili in quanto mera rinnovazione
dei motivi già spesi in primo grado senza esplicite
censure alla sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza Espresso Italia s.r.l. ha proposto
ricorso per cassazione affidato ad otto motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso
e proposizione di ricorso incidentale condizionato
affidato ad un motivo.
Il ricorso incidentale dell’Agenzia dell’Entrate è
resistito dalla Società con controricorso ed ulteriore

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Nel merito della pretesa tributaria riteneva,

ricorso incidentale con il quale è stato eccepito il
difetto di ius postulandi in capo all’Avvocatura dello
Stato.
MOTIVI DELLA DECISIONE.

Va esaminata dapprima, siccome vertente su una

Società con il primo motivo di ricorso incidentale.
Con tale motivo si è dedotto il difetto di ius
postulandi in capo all’Avvocatura dello Stato
nell’interesse dell’Agenzia delle Entrate.
L’eccezione

non

merita

accoglimento

apparendo

sufficiente, all’uopo, richiamarsi ai principi già
statuiti in materia da questa Corte, ed ai quali si
ritiene dare continuità, secondo cui

“allorché

l’Agenzia delle entrate si avvalga, nel giudizio di
cassazione, del ministero dell’avvocatura dello Stato,
non è tenuta a conferire a quest’ultima una procura
alle liti, essendo applicabile a tale ipotesi la
disposizione dell’art. 1, secondo comma, del r.d. 30
ottobre 1933 n. 1611, secondo il quale gli avvocati
dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a

tutte

le giurisdizioni e non hanno bisogno di mandato” (Cass.
Sez. 5, Sentenza n. 4687 del 23/03/2012)/ ed ancora con
specifico riferimento all’assistenza in favore
“In tema di contenzioso

dell’Agenzia dello Stato:

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questione preliminare, l’eccezione sollevata dalla

tributario, l’Avvocatura dello Stato, per proporre
ricorso per cassazione in rappresentanza dell’Agenzia
delle entrate, deve avere ricevuto da quest’ultima il
relativo incarico, del quale, però, non deve farsi
specifica menzione nel ricorso atteso che l’art. 366,

necessari del ricorso “l’indicazione della procura, se
conferita con atto separato”, fa riferimento
esclusivamente alla procura intesa come negozio
processuale attributivo dello “ius postulandi”,
(peraltro, non necessario quando il patrocinio
dell’Agenzia delle entrate sia assunto dall’Avvocatura
dello Stato) e non invece al negozio sostanziale
attributivo dell’incarico professionale al difensore”.
(Cass. n. 14785 del 05/07/2011).
Procedendo,

quindi,

all’esame

del

principale, con il primo motivo -rubricato

ricorso
violazione

e/o falsa applicazione dell’art.12, 7’comma della legge
27.7.2000 n.212 nonché degli artt.113 c.p.c. e 49 e 57
d.lvo 31.12.1992 n.546

la contribuente censura il capo

di sentenza con cui la Commissione regionale -pur
ritenendo ingiustificato l’operato dell’Ufficio per il
mancato rispetto del termine dilatorio previsto dalla
citata normativa, respingendo le censure dell’Ufficio
che ne escludeva l’applicazione in quanto la

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n. 5), cod. proc. civ., inserendo tra i contenuti

particolare urgenza dovesse essere riferita ad esigenze
operative dell’Ufficio, ovvero perché per il mancato
rispetto del termine non era comminata espressamente la
nullità dell’avviso- aveva poi accolto il motivo di
censura secondo cui la norma di cui allo Statuto del

di accertamento mentre la presente controversia si
riferiva ad un avviso di recupero di un credito, atto
del tutto diverso ed emanato a fini diversi.
Secondo la prospettazione difensiva, tale motivo di
censura era stato svolto dall’Ufficio solo in appello,
con sua conseguente inammissibilità trattandosi di
eccezione volta ad escludere la sussistenza temporanea
del potere impositivo e che, quindi, andava,
necessariamente, introdotta dal primo grado di giudizio
per evitare che su tale argomento il contribuente fosse
privato di un grado di giudizio.
Con

il

secondo

motivo

-rubricato

violazione

dell’articolo 12, 7 ° comma, legge 27.7.2000 n.212 in
relazione agli artt.2 e 19 d.lvo 31.12.1992 n.546-

la

contribuente deduce l’errore in cui sarebbe incorsa la
CTR laziale nel ritenere che la norma indicata in
rubrica non si applicasse all’avviso di recupero del
credito di imposta siccome ” atto del tutto diverso ed
emanato a fini diversi”.

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contribuente riguardava esplicitamente solo gli avvisi

Secondo la prospettazione difensiva, infatti, se
l’intento del Legislatore dello Statuto del
contribuente era quello di consentire l’effettiva
instaurazione di un leale contraddittorio con
l’effettiva

partecipazione

del

contribuente

ablativo facendo emergere in un clima di parità di
condizioni la legittimità, in tutto o in parte, o della
pretesa tributaria o del comportamento del
contribuente, non avrebbe senso la limitazione al solo
caso di formale avviso di accertamento dovendosi
operare un’estensione a tutte quelle ipotesi in cui
viene a delinearsi comunque una pretesa del Fisco nei
confronti del cittadino. D’altro canto, sempre secondo
la ricorrente, l’interpretazione limitativa data dal
Giudice di appello risulterebbe contraddittoria laddove
lo stesso Ufficio, nell’indicare alla contribuente

i

modi ed i termini dell’eventuale impugnazione
dell’avviso di recupero, aveva confermato allo stesso
avviso carattere e funzione accertativa della pretesa
fiscale alla cui formazione si sarebbe dovuto pervenire
assicurando al contribuente l’effettiva e concreta
possibilità di partecipazione all’iter procedimentale
introdotto dallo Statuto del Contribuente.
Sulla stessa questione verte il motivo di ricorso

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all’emissione di un provvedimento amministrativo

incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate. La
controricorrente con il mezzo deduce, infatti, l’errore
in cui sarebbe incorsa la CTR laziale nel ritenere
l’inosservanza del termine dilatorio previsto
dall’art.12, comma 7, dello Statuto del contribuente

laddove la norma nulla prevede al proposito e viene,
comunque, garantito al contribuente il diritto di
difesa in via amministrativa e giudiziaria.
I motivi, afferenti la medesima questione, possono
essere trattati congiuntamente.
Il

primo motivo

-a parte

i

rilievi

di

inammissibilità (il mezzo pecca di specificità laddove
non riportando, neppure per stralci, gli scritti
difensivi della controparte, non consente a questa
Corte di verificare la stessa ammissibilità del motivo
ed il quesito posto, in ossequio all’art.366 bis
c.p.c., a conclusione del motivo è inidoneo allo scopo
essendo privo di ogni specifico riferimento alla
fattispecie)- è, comunque, infondato.
Il divieto di nuove eccezioni in appello,
introdotto per il giudizio contenzioso ordinario con la
legge 26 novembre 1990, n. 353, tramite la riforma
dell’art. 345 cod. proc. civ., e successivamente esteso
al giudizio tributario dall’art. 57 del d.lgs. 31

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sanzionata con la nullità dell’avviso di accertamento./

dicembre 1992, n. 546, si riferisce esclusivamente alle
eccezioni in senso stretto o proprio, rappresentate da
quelle ragioni delle parti sulle quali il giudice non
può esprimersi se manchi l’allegazione ad opera delle
stesse, con la richiesta di pronunciarsi al riguardo.

e le argomentazioni posti dalle parti medesime a
fondamento della domanda, che costituiscono oggetto di
accertamento, esame e valutazione da parte del giudice
di secondo grado, il quale, per effetto
dell’impugnazione, deve a sua volta pronunciarsi sulla
domanda accolta dal primo giudice, riesaminando perciò
fatti, allegazioni probatorie e argomentazioni
giuridiche che rilevino per la decisione (Cass.
Ordinanza n. 6391 del 13/03/2013, id sentenza n.8316
del 25/05/2012; id n.3338 del 11/02/2011)
E’, invece, fondato il secondo motivo, con
conseguente assorbimento degli ulteriori mezzi di
ricorso principale.
Sull’inosservanza del termine dilatorio previsto
dall’art.12, comma 7, dello Statuto del contribuente
sono di recente intervenute le Sezioni Unite di questa
Corte con sentenza 18184 del 29/07/2013 la quale ha
sancito il principio per cui “in tema di diritti e
garanzie del contribuente sottoposto a verifiche

lo

Detto divieto non può mai riguardare, pertanto, i fatti

fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio
2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che
l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni
per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine
decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui

o una verifica nei locali destinati all’esercizio
dell’attività, della copia del processo verbale di
chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo
che ricorrano specifiche ragioni di urgenza,
l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante
tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del
pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale,
il quale costituisce primaria espressione dei principi,
di derivazione costituzionale, di collaborazione e
buona fede tra amministrazione e contribuente ed è
diretto al migliore e più efficace esercizio della
potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste
nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di
urgenza che ne hanno determinato l’emissione
anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto
requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la
cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca
di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio”
Ciò appare sufficiente al rigetto del motivo di

Il

confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione

ricorso incidentale proposto dall’Agenzia. Alla luce
dei medesimi principi fissati dalle Sezioni Unite (la
quale, tra l’altro, ha statuito proprio in fattispecie
relativa ad avviso di recupero di credito di imposta)
può affermarsi che il termine dilatorio fissato, a pena

urgenza, dalla norma più volte citata si applichi,
aldilà del mero tenore testuale della norma (che
prevede “l’avviso di accertamento”), anche all’avviso
di recupero di credito di imposta.
Questa Corte ha, infatti, già avuto modo di
operare una sostanziale equiparazione dell’avviso di
recupero di credito di imposta all’avviso di
accertamento. In particolare, é stato ritenuto che gli
avvisi di recupero di crediti di imposta
illegittimamente

compensati,

oltre ad avere una

funzione informativa dell’insorgenza del debito
tributario, costituiscono manifestazioni della volontà
impositiva da parte dello Stato al pari degli avvisi di
accertamento o di liquidazione, e come tali sono
impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, ai
sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19
anche se emessi anteriormente all’entrata in vigore
della L. 30 dicembre 2004, n. 311, che ha espressamente
annoverato l’avviso di recupero quale titolo per la

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di nullità in assenza di particolari ragioni di

riscossione di crediti indebitamente utilizzati in
compensazione (Cass.ordinanza n.8033/2011; id sentenze
n.22322/10; n.4968/09).
Se è questa è la natura e la funzione
dell’avviso di recupero di credito di imposta allora

della norma, per non estendere a tale atto, anch’esso
accertativo della pretesa tributaria ed impositivo, la
particolare disciplina procedimentale fissata dal
Legislatore dello Statuto del contribuente all’art.12,
comma 7 la quale

-“espressiva dei principi di

“collaborazione” e “buona fede” i quali, ai sensi del
precedente art.10, comma 1, devono improntare i
rapporti tra contribuente e fisco e vanno considerati
..quale diretta applicazione dei principi di buon
andamento ed imparzialità dell’amministrazione (art.97
Cost.), di capacità contributiva (art.53 Cost.) e di
uguaglianza, intesa sotto il profilo della
ragionevolezza (art.3) e, quindi, in definitiva, come
fondamenti dello Stato di diritto e canoni di civiltà
giuridica(Cass.SS.UU

n.18184/2013 cit.)”- introduce

nell’ordinamento la particolare e concreta forma di
collaborazione tra amministrazione e contribuente (data
dalla previsione del termine dilatorio) destinata a
favorire tra le parti quel contraddittorio

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non vi sono ragioni, al di là del mero dato testuale

procedimentale che ha assunto nella materia tributaria
un valore sempre maggiore, quale strumento diretto non
solo a garantire il contribuente ma anche ad assicurare
il miglior esercizio della potestà impositiva ..con
evidente riflessi positivi anche in termini di

La sentenza impugnata si è discostata da tali
principi.
In conclusione, in accoglimento del secondo motivo
di ricorso principale, rigettato il primo ed assorbiti
gli altri, e rigettato il ricorso incidentale
dell’Agenzia delle Entrate, la sentenza impugnata va
cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in
fatto, la controversia può essere decisa nel merito con
l’accoglimento del ricorso introduttivo della
contribuente in punto di nullità dell’avviso di
recupero impugnato.
La novità della soluzione giurisprudenziale induce alla
compensazione integrale tra le parti delle spese
processuali di tutti i gradi.
P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del ricorso principale e
rigettato il ricorso incidentale, cassa la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, dichiara la nullità

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deflazione del contenzioso (SS.UU cit).

ZSENTE DA 73STR AZIONE
,
AI S17,19.S7,
2f, , 1986
N. 131
– N. 5
MATERIA TR1BUTARU
dell’atto impugnato dalla contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese di tutti i
gradi del giudizio.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del

10.12.2013.

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