Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5366 del 27/02/2020
Cassazione civile sez. trib., 27/02/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 27/02/2020), n.5366
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19962-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
ricorrente
contro
M.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GIUSEPPE CUBONI 12, presso lo studio dell’avvocato MACCHI DI CELLERE
GANGEMI STUDIO, rappresentata e difesa dall’avvocato ARIANNA
VALENZA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 162/2015 della COMM.TRIB.REG. di PALERMO,
depositata il 19/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/12/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.
Fatto
PREMESSO
che:
1.l’Agenzia delle Entrate, con ricorso articolato su due motivi, chiede che sia cassata la sentenza della commissione tributaria regionale della Sicilia n. 162, in data 19 gennaio 2015, con la quale è stato considerato illegittimo l’avviso di accatastamento in categoria D/8 di un immobile destinato a deposito in conformità a licenza rilasciata dal comune di Trapani, di proprietà di M.M.L. e per il quale quest’ultima aveva presentato richiesta di accatastamento in categoria C/2 mediante procedura DOCFA;
2. L’Agenzia lamenta, con il primo motivo di ricorso, falsa applicazione della L. n. 286 del 2006, art. 2, commi 40 e 42, deducendo che l’unità immobiliare è destinata al deposito temporaneo di bevande e di generi alimentari che non necessitano di particolari sistemi di conservazione e che da ciò “discende che all’unità immobiliare deve necessariamente essere attribuita la categoria speciale propria dell’attività commerciale (D/8) e non di certo quella ordinaria C/2” e, con il secondo motivo di ricorso, falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000 e del D.M. n. 701 del 1994, art. 7, e sostenendo che la sentenza impugnata sia in contrasto con tali disposizioni in punto di motivazione dell’avviso de quo;
3. La contribuente resiste con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. i due motivi di ricorso, che possono essere esaminati in modo congiunto, sono infondati. La commissione tributaria regionale ha accertato che “l’effettiva destinazione d’uso dell’unità immobiliare è conforme a quanto indicato nella concessione del Comune di Trapani e cioè stivaggio e deposto merce” ed ha aggiunto che, “per contro l’ufficio al di là del richiamo alla normativa di riferimento, non ha fornito prova circa le motivazioni dell’accertamento e quindi della variazione catastale”. In linea generale, ai fini del classamento di un immobile, rilevano le relative “condizioni estrinseche ed estrinseche”, ai sensi del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 8, comma 1, nel testo sostituito dalla L. 30 dicembre 1989, n. 427, art. 2, e le condizioni previste dal D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, artt. 61-63, che impongono come criteri di classamento la destinazione ordinaria e le caratteristiche, anche costruttive, influenti sul reddito. Le categorie C/2 e D/8 hanno riguardo, rispettivamente, a “magazzini e locali di deposito” e a “fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni”. In relazione a quanto evidenziato dalla commissione ossia che l’immobile di cui si tratta è un deposito -effettivamente ed al di là della conformità della destinazione alla licenza amministrativa- e non essendo mai stato dedotto che detto immobile abbia caratteristiche strutturali specifiche, correlate funzionalmente all’attività della contribuente, il classamento in C/2 appare essere lineare applicazione della legge. La sentenza impugnata si sottrae alle critiche dell’Agenzia;
2.il ricorso deve essere rigettato;
3. le spese seguono la soccombenza.
PQM
rigetta il ricorso;
condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere alla contribuente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2600,00, oltre spese forfetarie e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020