Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5365 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/02/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 27/02/2020), n.5365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17890-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CREMONAFIERE SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAZIO 20 C,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO COGGIATTI, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati NICOLA BIANCHI, SIMONA CATELLANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1624/2015 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

BRESCIA, depositata il 17/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

Fatto

PREMESSO

che:

1. la controversia attiene alla legittimità -negata dalla commissione tributaria regionale della Lombardia con sentenza n. 1624 del 17 aprile 2015- gli atti con cui l’Agenzia del Territorio ha classificato tre padiglioni fieristici, di proprietà della spa Cremonafiere, nella categoria D/8 disattendendo la richiesta DOCFA, formulata dalla società, per la classificazione nella categoria E/9;

2. il giudice di appello riteneva decisiva la destinazione dei padiglioni ad attività fieristica, destinazione, questa, non commerciale, ma “a un uso pubblico e a interesse collettivo”;

3.11Agenzia delle Entrate (nella quale è stata incorporata l’Agenzia del Territorio a norma del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, art. 23-quater, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, art. 1, comma 1) propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo;

4. la società contribuente resiste con controricorso;

5. la società ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 262 del 1996, art. 2, convertito in L. n. 286 del 2006, e del D.P.R. n. 138 del 1998 sostenendo la correttezza del classamento dei padiglioni in D/8 posto che l’attività fieristica è un’attività intrinsecamente commerciale;

2. il ricorso è fondato. Ai sensi del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 6, comma 1 e art. 61, comma 2, la categoria e la classe catastali debbono essere attribuite in ragione delle caratteristiche intrinseche che determinano la destinazione ordinaria e permanente delle unità immobiliari. La categoria E/9 è una categoria residuale unicamente prevista per immobili aventi funzione pubblica incompatibile con quella commerciale e che non possono essere ricompresi nelle altre categorie catastali sub E, sempre riguardanti opere con funzione pubblica senza sfruttamento commerciale. Il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40, convertito dalla L. n. 286 del 2006, stabilisce che “nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale”. E’incontroverso che gli immobili de quibus sono destinati ad attività fieristica ossia alla organizzazione e alla messa a disposizione degli espositori, di spazi per la promozione e commercializzazione di beni o servizi (Nella sentenza impugnata viene riferito che la contribuente “ribadisce che non è in contestazione la natura economica della attività di Cremonafiere che è una spa”). L’attività, svolta dalla contribuente che ha appunto- veste giuridica di società per azioni (art. 2325 c.c.) ossia di soggetto istituzionalmente finalizzato ad attività commerciale, è un’attività intrinsecamente commerciale (art. 2915 c.c.). Questa Corte, con ordinanza 17683 del 2017, ha affermato (punto 5 della motivazione) che “rientrano nella categoria D/8… gli immobili (quali centri commerciali, mercati, fiere, spazi espositivi) costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale e commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea a dette esigenze, appunto, senza radicali trasformazioni (R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10 e succ.mod.)”. Con ordinanza n. 8773/2015, la Corte ha espresso il principio di diritto per cui “l’immobile “fieristico”, nel quale sono svolte manifestazioni di promozione economica, ha carattere commerciale, ciò che esclude l’attribuzione della categoria catastale E. E’ quest’ultima soltanto prevista per immobili nella sostanza considerati extra commercium e quindi improduttivi di reddito e pertanto non tassabili”. In quest’ultima ordinanza, la Corte ha altresì osservato che “l’attività fieristica… ha carattere commerciale. Dalla stessa la contribuente” -una società a responsabilità limitata- “trae difatti reddito tassabile, con la conseguente presunzione assoluta di commercialità di cui al D.P.R. n. 633 cit., art. 4, comma 5, lett. c). Ciò che esclude l’attribuzione della categoria E, invece esclusivamente prevista per opere considerate extra commercium perchè poste a comune servizio della collettività come per esempio ponti ecc. oppure per particolari ragioni religiose o sacrali come ad esempio sono le opere cimiteriali. Opere giudicate quindi non reddituali e pertanto incommerciabili e quindi non assoggettabili a imposta. Laddove al contrario la categoria D raggruppa immobili aventi destinazione commerciale, pertanto con capacità reddituale assoggettabile a imposta, ma speciali rispetto a quelle precedenti previste alle categorie di cui alle anteriori ABC”;

3. il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata;

4. non vi sono accertamenti in fatto da svolgere cosicchè la causa può essere decisa nel merito (art. 384 c.p.c.) con rigetto dell’originario ricorso della società contribuente;

5. le spese del merito devono essere compensate in ragione dell’evolversi della vicenda processuale;

6.1e spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della società Cremonafiere;

compensa le spese del merito;

condanna la società Cremonafiere a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2600,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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