Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5365 del 02/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 02/03/2017, (ud. 13/01/2017, dep.02/03/2017),  n. 5365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27748/2015 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAATIA 7,

presso lo studio dell’avvocato SIMONA BARBERIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato SILVIO CAMPANA;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BORGOGNONA 47,

presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA BRANCADORO, rappresentata e

difesa dagli avvocati FABRIZIO CAPUCCI, ANTONIO VINCENZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1328/2015 del TRIBUNALE di RIMINI, depositata

il 29/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILLA;

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Premesso che:

– su ricorso dell’avv. C.S., il giudice di pace di Rimini ingiunse ad B.A. il pagamento dell’importo di Euro 5.000,00 come compenso per assistenza legale in una controversia agraria decisa in senso sfavorevole dal Tribunale di Rimini;

– la B. si oppose al decreto lamentando l’inadempimento del professionista, consistito nell’aver dapprima adito un giudice incompetente, quindi omesso di dedurre e dimostrare i requisiti soggettivi ed oggettivi per l’esercizio del retratto agrario, per cui chiese la risoluzione del rapporto di mandato, con condanna del professionista alla restituzione degli acconti percetti;

– il giudice di pace respinse l’opposizione e la B. appellò la sentenza;

– in accoglimento dell’appello, il Tribunale di Rimini revocò il decreto ingiuntivo, ritenendo sussistente il grave inadempimento dell’avvocato all’obbligo di diligenza professionale, consistito nell’errata proposizione della domanda davanti a giudice incompetente e soprattutto, nell’omessa allegazione dei presupposti per l’esercizio della pretesa azionata; accolse quindi la domanda di risoluzione e condannò l’avv. C. a restituire alla cliente le somme percepite a titolo di compenso;

– il C. ricorre per cassazione con tre motivi a cui resiste la B. con controricorso;

– il consigliere relatore ha proposto declaratoria di manifesta infondatezza e il ricorrente ha depositato memoria;

Considerato che:

– con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione degli artt. 1176 e 2233 c.c., rimproverando al tribunale di non aver tenuto in considerazione la particolare difficoltà della prestazione, il fatto che la decisione non sarebbe stata difforme anche in presenza del comportamento doveroso, l’atteggiamento processuale della controparte e la possibilità per la propria assistita di proporre appello;

– con il secondo motivo lamenta poi violazione del principio del “ne bis in idem” perchè il tribunale, nell’affermare la sua responsabilità per inadempimento si sarebbe nuovamente pronunziato su una fattispecie già oggetto del precedente giudizio di merito;

– con il terzo motivo, infine, lamenta violazione dell’art. 1460 c.c. e vizio di motivazione, dolendosi della condanna alla restituzione di quanto percetto pur in presenza di un’attività lavorativa svoltasi per tre anni;

Ritenuto che tutti i motivi sono manifestamente infondati:

– quanto al primo, infatti, il giudice d’appello, dopo aver correttamente qualificato l’omessa allegazione dei presupposti della fattispecie invocata come grave violazione del dovere di diligenza professionale, ha fatto corretta applicazione del principio (per tutte cfr. Cass. n. 18612/2013) in base al quale le obbligazioni inerenti all’esercizio dell’attività professionale sono di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista che assume l’incarico si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non a conseguirlo; pertanto, ai fini del relativo giudizio di responsabilità rilevano esclusivamente le modalità di svolgimento dell’attività in relazione al parametro della diligenza fissato dall’art. 1176 c.c., comma 2, a prescindere da ogni disamina sull’esito della controversia che rileva ai soli fini del danno risarcibile (estraneo alla presente fattispecie);

– quanto al secondo motivo, il giudice di appello si è limitato a richiamare come premessa della propria argomentazione – l’esito del giudizio nel quale l’attività professionale è stata prestata;

– quanto al terzo, infine, esso sconta parimenti un’errata percezione del contenuto della decisione impugnata, che ha escluso espressamente ogni condanna risarcitoria limitandosi a disporre la restituzione delle somme versate quale effetto della risoluzione del contratto.

In conclusione, il ricorso va respinto e le spese seguono la soccombenza.

Considerato inoltre che il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2017

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