Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5364 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/02/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 27/02/2020), n.5364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6136-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FIERA TRIESTE SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 32/2014 della COMM.TRIB.REG. di TRIESTE,

depositata il 23/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

Fatto

PREMESSO

che:

1. la controversia attiene alla legittimità -negata dalla commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia con sentenza n. 32/08/2014 del 23 gennaio 2014, confermativa della pronuncia di primo grado- dell’atto con cui l’Agenzia del Territorio ha classificato un compendio immobiliare, composto di padiglioni in calcestruzzo e di aree aperte, destinato ad attività fieristica, di proprietà della spa Fiera Trieste, nella categoria D/8 disattendendo la richiesta DOCFA, formulata dalla società, per la classificazione nella cat. E/9;

2. il giudice di appello, premesso che il compendio doveva essere considerato unitariamente e non, come preteso dall’appellante, tenendo conto “in modo atomistico (del)la destinazione di ciascun immobile”, riteneva decisiva l’incontestata destinazione del complesso ad attività fieristica “intesa come attività di promozione ed esposizione e non già ad attività commerciale propriamente intesa”;

3.l’Agenzia delle Entrate (nella quale è stata incorporata l’Agenzia del Territorio a norma del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, art. 23-quater, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, art. 1, comma 1) propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi;

4. la società contribuente non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 136, sostenendo che la motivazione della sentenza impugnata sia “del tutto illogica e perplessa” in quanto, contrariamente a quanto vi si afferma, essa ricorrente mai aveva preteso che i singoli immobili venissero considerati “in modo atomistico”, avendo invece sempre dedotto che il compendio fieristico doveva essere valutato unitariamente,

2. con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 262 del 1996, art. 2, convertito in L. n. 286 del 2006, sostenendo la correttezza del classamento del compendio in D/8 posto che l’attività fieristica è un’attività intrinsecamente commerciale, come peraltro confermato sia dal D.P.R. 26 ottobre 1973, n. 633, art. 4, comma 5, sia dall’art. 2 della L. reg. Friuli Venezia Giulia, 21 marzo 2003, n. 7 sia dalla stessa veste giuridica (società per azioni) ——– della Fiera ——— Trieste;

3. con il terzo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. Il motivo è espressamente formulato per l’ipotesi in cui sia da ritenersi che la commissione tributaria regionale, con l’affermare che “non vi è mai stata contestazione circa la destinazione del compendio all’attività fieristica, intesa come attività di promozione ed esposizione, e non già come attività commerciale propriamente intesa”, abbia voluto intendere che essa ricorrente non aveva dato prova della natura commerciale dell’attività svolta;

4. il secondo motivo è fondato e assorbente. La controversia è identica, sotto il profilo soggettivo ed oggettivo, rispetto a quella su cui questa Corte si è pronunciata con sentenza n. 29381 del 13/11/2019. Se ne ripropongono le argomentazioni. “Ai sensi del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 6, comma 1 e art. 61, comma 2, la categoria e la classe catastali debbono essere attribuite in ragione delle caratteristiche intrinseche che determinano la destinazione ordinaria e permanente delle unità immobiliari. La categoria E/9 è una categoria residuale unicamente prevista per immobili aventi funzione pubblica incompatibile con quella commerciale e che non possono essere ricompresi nelle altre categorie catastali sub E, sempre riguardanti opere con funzione pubblica senza sfruttamento commerciale. Il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40, convertito dalla L. n. 286 del 2006, stabilisce che “nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale”. E’ incontroverso che il compendio de quo, costituito da padiglioni in calcestruzzo e da spazi aperti, è destinato ad attività fieristica ossia alla organizzazione e alla messa a disposizione degli espositori, di spazi per la promozione e commercializzazione di beni o servizi. L’attività, svolta dalla contribuente che ha veste giuridica di società per azioni (art. 2325 c.c.) ossia di soggetto istituzionalmente finalizzato ad attività commerciale, è un’attività intrinsecamente commerciale (art. 2915 c.c.). Questa Corte, con ordinanza 17683 del 2017, ha affermato (punto 5 della motivazione) che “rientrano nella categoria D/8… gli immobili (quali centri commerciali, mercati, fiere, spazi espositivi) costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale e commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea a dette esigenze, appunto, senza radicali trasformazioni (R.D.l. n. 652 del 1939, art. 10 e succ.mod.)”. Con ordinanza n. 8773/2015, la Corte ha espresso il principio di diritto per cui “l’immobile “fieristico”, nel quale sono svolte manifestazioni di promozione economica ovvero culturale e sportiva e spettacoli in genere, ha carattere commerciale, ciò che esclude l’attribuzione della categoria catastale E. E’ quest’ultima soltanto prevista per immobili nella sostanza considerati extra commercium e quindi improduttivi di reddito e pertanto non tassabili”. In quest’ultima ordinanza, la Corte ha altresì osservato che “l’attività fieristica ha carattere commerciale. Dalla stessa la contribuente” -una società a responsabilità limitata- “trae difatti reddito tassabile, con la conseguente presunzione assoluta di commercialità di cui al D.P.R. n. 633 cit., art. 4, comma 5, lett. c). Ciò che esclude l’attribuzione della categoria E, invece esclusivamente prevista per opere considerate extra commercium perchè poste a comune servizio della collettività come per esempio ponti ecc. oppure per particolari ragioni religiose o sacrali come ad esempio sono le opere cimiteriali. Opere giudicate quindi non reddituali e pertanto incommerciabili e quindi non assoggettabili a imposta. Laddove al contrario la categoria D raggruppa immobili aventi destinazione commerciale, pertanto con capacità reddituale assoggetta bile a imposta, ma speciali rispetto a quelle precedenti previste alle categorie di cui alle anteriori ABC”;

5. il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata;

6. non vi sono accertamenti in fatto da svolgere cosicchè la causa può essere decisa nel merito (art. 384 c.p.c.) con rigetto dell’originario ricorso della società contribuente;

7. le spese del merito devono essere compensate in ragione dell’evolversi della vicenda processuale;

8.1e spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della società Fiera Trieste;

compensa le spese del merito;

condanna la società Fiera Trieste a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro4000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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