Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5359 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/02/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 27/02/2020), n.5359

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5951-2018 proposto da:

C.A., domiciliata in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato

ORLANDO ANTONIO;

– ricorrente –

contro

SOGET SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIO DE CAVALIERI

11, presso lo studio dell’avvocato DELLA ROCCA SERGIO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI CAPACCIO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5967/2017 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 03/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/11/2019′ dal Consigliere Dott. NAPOLITANO ANGELO.

Fatto

C.A. impugnava l’avviso di accertamento TARSU n. (OMISSIS) del 15/12/2014, asseritamente notificato in data 7/1/2015, con il quale veniva accertata una maggior tassa per gli anni dal 2008 al 2012 in relazione a due locali adibiti ad attività commerciale della ricorrente, con la consequenziale richiesta di Euro 9.038 complessivi, di cui 5.525,19 per tributi non corrisposti, oltre interessi, sanzioni e spese.

Per quel che ancora rileva in questa sede, la ricorrente si doleva, innanzitutto, della carenza di legittimazione attiva in capo al Comune, sottoscrittore dell’atto, in quanto dalla determina comunale n. 281, emessa in esecuzione della Delib. Giunta n. 352 del 2012, si evincerebbe che la volontà del Comune era quella di affidare il servizio di accertamento alla SO.G.E.T. s.p.a., in applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52. In particolare, da quel che s’intende leggendo il ricorso, la ricorrente si doleva che dallo schema di contratto “approvato dall’organo decisionale comunale”, non vi sarebbe traccia di disposizioni che affidassero alla concessionaria solo mansioni serventi e al funzionario comunale la sottoscrizione degli avvisi.

In secondo luogo, la ricorrente si doleva dell’avvenuta decadenza dal potere di accertamento con riferimento alla TARSU dovuta per gli anni 2008 e 2009, essendo stato l’avviso di accertamento impugnato asseritamente consegnato all’ufficio postale per la notifica in data 3/1/2015, dunque oltre il termine quinquennale dal sorgere del debito d’imposta.

Essendo rimasto soccombente in seguito ai giudizi di primo e secondo grado, la Coviello ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania – sezione distaccata di Salerno, n. 5967 del 3/7/2017, sulla base di due motivi.

Resiste la SO.G.E.T. s.p.a. con controricorso.

La SO.G.E.T. s.p.a. ha depositato una memoria difensiva ex art. 380-bis c.p.c..

Nella camera di consiglio del 22 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

Innanzitutto, deve premettersi che non si rinviene agli atti prova della notifica del ricorso al Comune di Capaccio, ente impositore.

Tuttavia, a salvaguardia del principio della ragionevole durata del processo (Cass., sez. 2, n. 11287/2018, Rv. 64850101), il ricorso può essere deciso nel merito, attesa la sua palese infondatezza, non comportando tale decisione alcuna lesione del diritto di difesa dell’ente locale.

1.Con il primo motivo, rubricato “Nullità della sentenza per omesso esame del fatto controverso e decisivo per il giudizio – circa il mancato rilievo della nullità dell’art. 7 comma 2 della Convenzione per il servizio di accertamento dei tributi – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 – Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, la ricorrente, in sostanza, ha censurato la sentenza di appello perchè non avrebbe esaminato la doglianza relativa alla carenza del potere, in capo al funzionario comunale, di sottoscrivere l’avviso di accertamento impugnato, visto che la convenzione approvata dalla giunta comunale deferiva alla società concessionaria la gestione dell’intero servizio di accertamento e di riscossione dei tributi locali.

In particolare, la ricorrente ha dedotto la nullità dell’aggiunta apposta al punto 2 dell’art. 7 della convenzione tra il Comune e la SO.G.E.T. s.p.a., in base alla quale “l’attività accertativa dovrà essere condotta in sinergia con il Responsabile del Servizio Tributi, sottoscrittore dei provvedimenti nei confronti dei contribuenti evasori e morosi, appositamente trasmessi dalla ditta e trasmessi con relativi elenchi”.

Tale aggiunta sarebbe “posticcia” e contrastante con l’affidamento della gestione del servizio all’agente della riscossione, che sarebbe l’unico soggetto legittimato a sottoscrivere l’atto di accertamento.

1.1 11 motivo è infondato.

In disparte la considerazione che non vi è alcuna prova che il testo dell’art. 7 fotocopiato ed inserito all’interno del ricorso sia parte del testo della convenzione, approvata dalla giunta comunale di Capaccio, intercorsa tra l’ente locale e l’agente della riscossione, così come non vi è prova di quale sia il documento che conterrebbe l’aggiunta riportata dalla ricorrente a pag. 9 del ricorso, deve rilevarsi che al comma 2, punto 5, dell’art. 7 della convenzione, che la ricorrente considera valido, si legge che la SO.G.E.T. s.p.a. avrebbe dovuto curare “la predisposizione e la trasmissione degli avvisi di accertamento in tempi brevi, al fine di scongiurare eventuali prescrizioni”.

Non si parla di “sottoscrizione”, sicchè non sussiste la discrasia, rilevata dalla ricorrente, tra il testo asseritamente “ufficiale” della convenzione conclusa tra il Comune di Capaccio e la SO.G.E.T. s.p.a. e l’avvenuta sottoscrizione dell’avviso di accertamento impugnato da parte del funzionario comunale.

2. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato “Nullità della sentenza per omesso esame del fatto controverso e decisivo per il giudizio – circa la prova della data di consegna del plico da notificare a mezzo posta – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, la ricorrente ha censurato la sentenza per non aver esaminato la questione, posta alla CTR, della inidoneità dell’avviso di ricevimento postale ad attestare, oltre che la data di consegna al destinatario dell’atto da notificare, anche la data di spedizione del plico, visto che quest’ultima, stando alle risultanze dell’avviso di ricevimento, sarebbe stata effettuata in data 30/12/2014 (in tempo utile per evitare la decadenza dal potere di accertare il debito tributario); stando, invece, al “report telematico” di Poste Italiane, cui avrebbe avuto accesso la ricorrente, quella spedizione sarebbe stata effettuata in data 3/1/2015, e dunque non avrebbe evitato il compiersi del termine quinquennale di decadenza, sia rispetto al potere di accertamento del debito d’imposta dell’anno 2008 che rispetto all’accertamento del debito del 2009.

2.1 II motivo è inammissibile per difetto del requisito dell’autosufficienza.

Per evitare che il ricorso sia inammissibile (rectius, improcedibile), infatti, non è sufficiente depositare i documenti sui quali il ricorso si fonda (art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), insieme con il ricorso, ma è altresì necessario che il ricorso contenga “la specifica indicazione dei documenti sui quali il ricorso si fonda”.

Ciò significa che i documenti su cui si fonda il ricorso debbono non solo essere allegati, ma anche essere “specificamente indicati nel corpo del ricorso”, affinchè il giudice di legittimità non sia costretto a ricercarli nella documentazione prodotta dalla parte, e dunque a compiere la selezione degli atti rilevanti ai fini della decisione sui singoli motivi di ricorso, dalla legge processuale demandata alla parte medesima; ma si limiti ad esaminare i documenti già selezionati dalla parte in funzione del giudizio sui singoli motivi di ricorso.

Orbene, nel corpo del ricorso proposto, in relazione al secondo motivo, non vi è la specifica indicazione di alcun documento rilevante ai fini del giudizio.

La parte si è limitata, in chiusura dell’atto, a dire che “si depositano…documenti come da allegato elenco”, rimettendo, di fatto, alla Corte la selezione, all’interno dei documenti allegati ed indicati (solo) nell’elenco separato, di quelli rilevanti ai fini del giudizio su ciascun motivo in cui si articola il ricorso (Cass. SS.UU., n. 23019/2007).

Inoltre, deve evidenziarsi che la ricorrente, con il secondo motivo, si duole che il giudice di appello abbia ritenuto prova idonea a dimostrare la data di spedizione dell’avviso di accertamento la stampigliatura apposta nell’ambito dell’avviso di ricevimento, anzichè le risultanze del report telematico accessibile presso il sito di Poste Italiane.

Si tratta, a ben vedere, di un tentativo di ottenere dalla Corte una nuova e diversa valutazione del compendio probatorio acquisito in sede di merito, inammissibile in sede di legittimità.

In definitiva, il ricorso è infondato.

Le spese, da liquidarsi in relazione al solo rapporto processuale tra la ricorrente e l’agente della riscossione, seguono la soccombenza e sono quantificate in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la contribuente al pagamento, in favore dell’agente della riscossione, delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro duemilacinquecento, oltre al rimborso delle spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma I bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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