Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5357 del 07/03/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 5357 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FEDERICO GUIDO

SENTENZA
sul ricorso 12903-2015 proposto da:
MANTOVANI GIANCARLO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA G. CACCINI 1, presso lo studio dell’avvocato
ANDREINA DEGLI ESPOSTI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ANTONELLO CALABRESE;
– ricorrente contro

CONSOB

COMMISSIONE

80204250585,
V.MARIINI

NAZ.PER

elettivamente
GIOVANNI

BATTISTA

LA

SOCIETÀ

domiciliato
3,

presso

E

LA

BORSA

in

ROMA,

lo

studio

dell’avvocato SALVATORE PROVIDENTI, che lo rappresenta
e difende unitamente agli avvocati MARIA GIOCONDA DE

Data pubblicazione: 07/03/2018

GAETANO POLVEROSI, STEFANIA LOPATRIELLO, GIANFRANCO
RANDISI;
– con troricorrente –

avverso il decreto n. 74/2014 della CORTE D’APPELLO di
TORINO, depositate il 13/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FEDERICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito

l’Avvocato

MARCANTONIO

Anna,

con

delega

depositata in udienza dell’avvocato DEGLI ESPOSTI
Andreina, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
uditi gli Avvocati DE GAETANO POLVEROSI Maria G.,
RANDISI Gianfranco, difensori del resistente che hanno
chiesto il rigetto del ricorso.

udienza del 14/09/2017 dal Consigliere Dott. GUIDO

Esposizione del fatto
Giancarlo Mantovani ha proposto opposizione ex art. 195 d.lgs.58/1998
avverso la delibera n.18724 del 6.12.2013, notificatagli il 10.12.2013,

con la quale la Consob ha applicato sanzioni pecuniarie nei suoi
confronti, in qualità di componente del collegio sindacale di Fondiaria
SAI spa, per complessivi 400.000,00 euro, ravvisando una serie di
violazioni dell’art. 149 comma 1 lett. a),b),c) e e) bis del d.lgs.

t

n.58/1998.
In particolare, gli illeciti amministrativi formalizzati a carico del
ricorrente si fondano sulla omessa o carente vigilanza in relazione ad una
serie di operazioni immobiliari ( progetti immobiliari denominati

Marina Porto di Loano – , -Area Castello – , -Area Garibaldi -, – San

Pancrazio Parmense – , -Villa Ragionieri”, -Hotel The One-, e -Via
Cambi”). nonché alla conclusione di contratti di consulenza con l’ing.
Salvatore Ligresti ed alla deliberazione di compensi per gli
amministratori; tutte attività poste in essere da Fonsai spa con parti
correlate.
Il ricorrente, oltre a dedurre la tardività delle contestazioni, ha lamentato

l’adempimento, solo parziale, ad opera degli amministratori, degli
obblighi informativi a loro carico, con conseguente inesigibilità di un
adeguato controllo da parte dei sindaci;
l’erroneità dell’affermazione di Consob, in ordine all’irrilevanza della
prova del danno e del nesso di causalità tra la condotta dei sindaci ed
il danno stesso, atteso che, in ogni caso, le conseguenze dannose delle

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violazioni sono un parametro importante per la determinazione delle
sanzioni amministrative pecuniarie da comminare.
Ad avviso del ricorrente, inoltre, non rientra nell’ambito del controllo dei

sindaci una valutazione esperita mediante l’esame degli atti gestori; in
ogni caso, l’adempimento del relativo incarico professionale avrebbe
dovuto valutarsi alla luce della diligenza professionale esigibile in
considerazione dell’effettiva struttura societaria, del rilevante numero
delle società controllate e delle operazioni effettuate.
Il ricorrente, inoltre, rileva di essere rimasto in carica solo nel periodo dal
2003 al 23 aprile 2009, circostanza di cui la Consob non avrebbe tenuto
adeguato conto, atteso che molte operazioni contestate non si erano
concluse e non erano state neppure avviate al momento in cui egli aveva
cessato l’incarico.
Del pari, non era stato adeguatamente valutato il ruolo svolto da
Immobiliare Lombarda spa, preposta alla gestione del patrimonio
immobiliare di Fonsai.
L’analisi

delle

operazioni

contestate

confermerebbe

infine

l’impossibilità di un approfondimento dei controlli, divenuto
concretamente esperibile solo dopo che il Mantovani aveva cessato
l’incarico.
La Consob, costituitasi, ha resistito.
La Corte d’Appello di Torino, con decreto depositato il 13 novembre
2014, affermata in via preliminare la tempestività delle contestazioni, ha
respinto l’opposizione, disattendendo le doglianze sulla carenza
dell’attività istruttoria e deliberativa della Consob e confermando la

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violazione da parte del Mantovani, in qualità di sindaco, dei doveri di
vigilanza in relazione a tutte le operazioni contestate.
Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso il Mantovani, sulla base

di nove motivi.
La Consob ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti, in prossimità dell’udienza, hanno depositato memorie
illustrative ,ex art. 378 codice di rito.
Considerato in diritto
Con il primo motivo (rubricato sub A) il Mantovani deduce l’illegittimità
costituzionale dell’art. 195 comma 7 D.lgs.n.58/1998 e degli artt. 195
comma 2 D.lgs.58/1998 e 24 comma l e 3 1.262/2005, in relazione agli
artt. 117 Cost e 6 CEDU, assumendo che la mancata tenuta di un – udienza
pubblica costituirebbe violazione dell’art. 6 par 1 della convenzione.
Deve senz’altro rilevarsi il difetto del necessario requisito di “rilevanza
della questione ( vedi nei medesimi termini Cass. 20437 e 20438 del
2017), atteso che risulta dal verbale di udienza del 9 ottobre 2014 che nel
caso in esame, dopo una prima udienza interlocutoria, in data 27.5.2014,
si è tenuta l’udienza di discussione della causa, che si è svolta
“pubblicamente e non in camera di consiglio – .
Nei termini suddetti, in particolare mediante la discussione della causa in
pubblica udienza, la Corte territoriale si è attenuta a quanto lo stesso
ricorrente configura come prioritario.
La Corte ha infatti ritenuto, con scelta processuale che non è stata
specificamente censurata, che il procedimento di opposizione di cui
all’art. 19 5 L. n. 58 del 1998, nella formulazione all’epoca vigente, il
quale, pur traendo linfa da due distinti modelli normativi (l’opposizione a

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sanzioni amministrative prevista in generale dalla L. n. 689 del 1981 e il
rito camerale disciplinato dagli art. 737 ss. c.p.c..), si caratterizza in
termini di modello procedimentale autonomo (Cass. Ss.Uu.20930/2009) ,

consentisse il ricorso alla pubblica udienza di discussione, quale
strumento maggiormente idoneo a garantire le esigenze di tutela del
contraddittorio.
Con il secondo motivo ( rubricato sub B.1 ) si denuncia la falsa
applicazione degli artt. 149, 150 e 151 TUF ex art. 360 n.3) cpc, sotto il
profilo della omessa prova del danno asseritamente verificatosi in
conseguenza del comportamento del collegio sindacale e, segnatamente,
dell’odierno ricorrente.
Pure tale motivo non ha pregio.
Come già rilevato dalla Corte territoriale, le sanzioni amministrative
irrogate al Mantovani si fondano sull’omesso o inadeguato esercizio
dell’attività di controllo da parte dei sindaci delle società quotate e
prescindono dall’esistenza del danno, che non costituisce un elemento
costitutivo dell’illecito contestato, previsto dall’art. 149 TUF, in
relazione all’art. 193.
A differenza, dunque, della responsabilità civile, sancita dall’art. 2407
c.c., la violazione contestata dalla Consob ai fini dell’illecito
amministrativo risulta pienamente integrata allorquando il sindaco viene
meno al proprio dovere di vigilanza; e ciò indipendentemente dal fatto
che da detta condotta derivino o meno conseguenze dannose.
Non appare inoltre pertinente il richiamo all’art. 111.689/1989.
Dal fatto che la gravità del danno ( eventuale) costituisca uno dei
parametri di cui tenere conto ai fini della determinazione della sanzione

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irrogata in relazione ad un determinato illecito amministrativo, non può
infatti farsi discendere che il danno sia elemento costituivo indefettibile
di ogni fattispecie di illecito ed in particolare della fattispecie in esame,

che sanziona direttamente la violazione di determinate condotte,
impregiudicate eventuali azioni di responsabilità civile per i danni che da
dette condotte siano derivati.
Con il terzo motivo

(

B.2) si denuncia la violazione degli artt. 149, 150, e

151 D.Igs. 58/98 in relazione alla natura dell’obbligo sindacale di
controllo.
L’odierno ricorrente lamenta che gli sia stata addebitata la responsabilità
per omesso controllo sulla base di una valutazione di merito, fondata
sull’opportunità e convenienza delle scelte gestionali degli
amministratori, estranea alla natura del sindacato ad essi demandato.
Con il quarto motivo (B.3) si denuncia violazione degli artt. 149, 150 e
151 TUF avuto riguardo alla natura dell’obbligo sindacale di controllo
nelle società quotate in borsa e con riferimento alle società controllate,
lamentando l’omesso rilievo dato nel decreto impugnato alla complessità
della struttura organizzativa della società quotata. stante l’impossibilità
per il collegio sindacale di censire tutte le operazioni da realizzare.
Il quinto motivo (B.4) denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.
149, 150 e 151 D.Igs. 58/1998 in relazione alle operazioni estranee
all’oggetto sociale, censurando la statuizione del decreto impugnato che
individua come -spia” o segnale d’allarme idoneo a sollecitare
l’attivazione della vigilanza la mera realizzazione di operazioni estranee
all’attività di impresa assicurativa da parte di Fonsai.

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Il sesto motivo (B.5) denuncia la falsa applicazione degli artt. 149, 150 e
151 D.Igs. 58/98, sotto il profilo della falsa applicazione dei Principi di
Comportamento con parti correlate di Fonsai, lamentando che la Corte

territoriale abbia del tutto obliterato il chiaro tenore letterale delle
disposizioni in oggetto, approvate da Fonsai per adeguarsi al Codice di
Autodisciplina per le società quotate, predisposto nel 2006 dal Comitato
per la Corporate Governance Borsa Italiana spa.
Con il settimo motivo

(B.6) si lamenta la violazione dell’art. 11

1.689/1989, censurando la statuizione che , con riferimento alla congruità
della sanzione inflitta da Consob, non ha ritenuto significativo, ai fini
della valutazione delle sanzioni irrogate, il concreto esito delle
operazioni.
I predetti motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, sono
infondati.
Avuto riguardo alla natura dell’attività di controllo dei sindaci(B.2), è
vero che la tipologia del controllo dei sindaci non è un controllo di merito
e non ha ad oggetto l’opportunità delle scelte gestorie degli
amministratori.
Nel caso di specie, peraltro, la Corte territoriale ha accertato, con
adeguato apprezzamento di fatto, congruamente motivato, che
l’opponente è venuto meno all’obbligo di vigilanza, previsto dall’art. 149
TUF, sull’adeguatezza delle strutture organizzative e dei sistemi di
controllo interno e contabile e sull’affidabilità di quest’ultimo al fine di
rappresentare adeguatamente i fatti gestionali, nonché sulle modalità di
concreta attuazione dell’efficienza complessiva in relazione al rispetto
dei principi di buona amministrazione omettendo di avvalersi di quella

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vasta gamma di strumenti informativi ed istruttori attribuiti ai sindaci
dall”art.149 TUF, quali il potere di ispezione e richiesta di informazioni e
chiarimenti.

I poteri del collegio sindacale in relazione alle società quotate, infatti,
non si attuano soltanto sulla base delle informazioni che gli
amministratori sono obbligati a fornire ( con periodicità almeno
trimestrale) sulle operazioni di maggior rilievo economico, finanziario e
patrimoniale, ma anche attraverso l’esercizio dei propri — ampi — poteri
d’indagine.
I rilievi critici del ricorrente riguardano, essenzialmente, una presunta
inesigibilità dei doveri di vigilanza, in presenza di comportamenti
omissivi degli amministratori ed avuto riguardo alle complessità della
struttura organizzativa della Fonsai, che controllava oltre 120 società

(B.3) .
Si osserva in contrario che, come questa Corte ha affermato, la complessa
articolazione della struttura organizzativa di una società quotata non può
comportare l’esclusione o il semplice affievolimento del potere-dovere di
controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale,
i quali, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte
per la corretta gestione societaria, sono sanzionabili a titolo di concorso
omissivo quoad limelione(Cass. 29 marzo 2016 n.6037) , gravando sui
sindaci, da un lato, l’obbligo di vigilanza — in funzione non soltanto della
salvaguardia degli interessi degli azionisti dagli atti di abuso gestionali,
ma anche dell’adeguatezza delle metodologie finalizzate al controllo
interno della società di investimenti, valutando preventivamente e
verificando efficienza ed adeguatezza del suddetto sistema di controllo,

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secondo parametri procedimentali dettati dalla normativa Consob, a
garanzia degli investitori — e, dall’altro lato l’obbligo legale di denuncia
immediata alla Consob (Cass.Ss.Uu.20934/2009).

Non viene dunque in rilievo, nel caso in esame, un controllo sul “merito’
delle scelte gestionali, ma l’omesso esercizio degli ampi poteri ispettivi e
di monitoraggio della gestione che la legge impone ai sindaci, anche
mediante comunicazioni alla Consob, esercizio che nel caso di specie la
Corte territoriale ha accertato essere stato del tutto incompleto ed
inadeguato, ben potendo i sindaci, anche in presenza di informazioni
insufficienti da parte degli amministratori, attivarsi in proprio per
acquisire i necessari elementi conoscitivi.
E ciò anche in considerazione del fatto che nel caso di specie le
contestazioni non hanno ad oggetto qualche operazione isolata, ma
diverse operazioni, effettuate con parti correlate, e tutte di rilevantissimo
valore economico.
Quanto alla doglianza afferente alle operazioni compiute al di fuori
dell’oggetto sociale(B.4) la stessa è inammissibile in quanto non coglie la
ratio della statuizione impugnata.
La Corte territoriale, infatti, non ha ritenuto, di per sé, anomalo il fatto
che una società di assicurazioni acquisti o detenga una partecipazione di
controllo in una società immobiliare, ma ha affermato che l’attività di
controllo avrebbe dovuto essere esercitata con particolare rigore ed
approfondimento in relazione alle operazioni effettuate al di .fnori
dall’oggetto sociale e con il coinvolgimento di parti correlate o in
situazioni di potenziale conflitto di interessi degli amministratori ; e ciò
tanto più in considerazione del fatto che la normale attività della società

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quotata è quella assicurativa per il cui svolgimento è requisito essenziale
l’esistenza di un capitale o fondo di garanzia di ammontare non inferiore
a quanto indicato dai regolamenti Isvap ed in relazione al quale vanno

dunque valutate con particolare attenzione le operazioni di carattere
speculativo ed a rischio di perdite economiche.
Tali statuizioni sono del tutto esenti da censura e pienamente conformi al
consolidato indirizzo di questa corte in materia di natura del controllo dei
sindaci in operazioni con part4 correlate (Cass. 20437/2017 e Cass.
19639/2017).
Va inoltre disattesa la doglianza relativa alla falsa applicazione, da parte
della Corte territoriale, dei Principi di comportamento con parti correlate
di Fonsai, avuto riguardo all’approvazione di dette operazioni da parte
del Consiglio di Amministrazione o del Comitato Esecutivo e del parere
del Comitato Interno(B.5).
Premesso il difetto di decisività della censura, posto che la violazione dei
principi di comportamento in relazione alle verifiche del Comitato di
controllo interno costituisce una delle molteplici ranones decidendi delle
violazioni contestate, la doglianza è comunque infondata.
La Corte territoriale ha invero correttamente rilevato che l’esame e
l’approvazione delle operazioni con parti correlate da parte del Consiglio
di Amministrazione doveva costituire la regola , mentre il carattere
consultivo

del parere del Comitato di controllo interno non ne

comportava la natura di mera verifica formale , ma unicamente la non
vincolatività, dovendo ritenersi che tali attività di controllo, nell’ambito
delle operazioni con parti correlate, fossero necessarie al fine di rilevare
trasparenza e correttezza delle operazioni suddette, con la conseguenza

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che la verifica dell’esistenza ed effettività delle attività di competenza
degli organi di ambito amministrativo, anche di controllo interno, deve
considerarsi parte integrante degli usuali compiti di vigilanza del collegio

sindacale.
Considerato inoltre che le operazioni con parti correlate dovevano
rispettare criteri di trasparenza e correttezza sostanziale e procedurale, la
Corte territoriale ha correttamente ritenuto che il relativo controllo da
parte del Comitato di controllo interno, sulla base delle best practices
vigenti anche prima dell’approvazione del Regolamento Consob
n.17221/10, non poteva che investire il contenuto

economico

dell’operazione, non avendo senso, in tale materia, una verifica limitata
alla correttezza meramente formale dell’operazione.
Del pari infondata la censura relativa alla dedotta violazione dell’art. 11
1.689/1981 in relazione alla mancata considerazione del concreto esito
delle operazione ai fini della sanzione irrogata(B.6).
Conviene premettere che secondo il consolidato indirizzo di questa
Corte, nel procedimento di opposizione avverso le sanzioni
amministrative pecuniarie, il giudice ha il potere discrezionale di
quantificarne l’entità, entro i limiti sanciti dalle relative disposizioni di
legge, allo scopo di commisurarla all’effettiva gravità del fatto concreto,
globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi, senza che
sia tenuto a specificare i criteri seguiti, dovendosi escludere che la sua
statuizione sia censurabile in sede di legittimità ove quei limiti siano stati
rispettati e dalla motivazione emerga come, nella determinazione, si sia
tenuto conto dei parametri previsti dall’art. 11 della 1. n. 689 del 1981,

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quali la gravità della violazione, la personalità dell’agente e le sue
condizioni economiche (Cass. 28.2.2016 n.2406).
Risulta dunque esente da censure la statuizione della Corte territoriale la

quale, nel dare atto che diverse operazioni oggetto di contestazione non
avevano avuto esito positivo o avevano determinato per la società costi
molto superiori a quelli preventivati, ha affermato che, nel caso di specie,
considerata la natura delle violazioni contestate, non poteva ritenersi
decisiva, ai fini della valutazione di gravità dell’illecito, il concreto esito
delle stesse, dovendo piuttosto darsi rilievo alla contrarietà delle
operazioni contestate agli elementari principi in materia di regolare e
corretta amministrazione e l’ elevata rischiosità delle stesse, nonché al
fatto di aver avvantaggiato parti correlate, al di fuori di un adeguato
controllo: in relazione a tali contestazioni l’illecito per cui i sindaci sono
chiamati a rispondere è dunque incentrato sulla mera condotta omissiva,
indipendentemente dall’esito (difficilmente valutabile) delle singole
operazioni.
Con / ‘ottavo motivo ( C.1) il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360
n.5) cpc. l’omesso o comunque insufficiente esame delle seguenti
circostanze: la propria limitata permanenza nella carica di sindaco,
protrattasi soltanto fino al 23 aprile 2009; il ruolo svolto da Immobiliare
Lombarda spa; la realizzazione, da parte di Fonsai, di operazioni con
soggetti terzi; ed infine la sindacabilità delle perizie CBRE.
Il motivo è inammissibile poiché esso, nei termini in cui è formulato, non
censura l’o/nesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le
parti, ma evidenzia, piuttosto, una insufficiente motivazione, non più
censurabile alla luce del nuovo disposto del n.5) comma 1 dell’art. 360

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codice di rito, ( Cass. Ss.Uu. n.8053/2014), lamentando, in buona
sostanza, che la Corte territoriale non abbia valutato in modo adeguato
taluni elementi emersi dall’istruttoria espletata.

Ed invero, l’art. 360 comma 1 cpc, come riformulato dall’art. 54 DI
83/2012. conv nella 1.134/2012 ha introdotto nell’ordinamento un vizio
specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un
fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo
della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di
discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo ( vale a dire che , se
esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Ne consegue che il ricorrente deve indicare il -fatto storico -, il cui esame
sia stato omesso, il dato testuale o extratestuale da cui esso risulti
esistente, il “come – e -quando- tale fatto sia stato oggetto di discussione
processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso
esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso
esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico sia stato comunque
preso in esame, ancorchè la sentenza non abbia dato atto di tutte le
risultanze probatorie (Cass. Ss.Uu. 8053/2014).
Orbene, nel caso di specie, risultano specificamente prese in esame e
valutate dalla Corte territoriale tutte le circostanze dedotte dal ricorrente.
La Corte d’Appello di Torino ha infatti espressamente dato atto di aver
esaminato ogni operazione con specifico riferimento alle contestazioni
connesse al periodo di permanenza in carica dell’odierno ricorrente,
laddove l’eventuale richiamo ad accadimenti successivi veniva effettuato
al solo fine di consentire la completa comprensione della vicenda, mentre

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l’eventuale esito negativo dell’operazione era stato indicato al fine della
valutazione di congruità della sanzione irrogata.
Sono invece estranee al vizio di cui all’art. 360 n.5) cpc , come già

evidenziato, eventuali carenze di valutazione o motivazione da parte del
giudice di merito, avuto riguardo, in particolare al rilievo del ricorrente
secondo cui la piena portata delle operazioni contestate avrebbe potuto
essere apprezzata solo successivamente alla sua cessazione dell’incarico.
Premesso che, come già evidenziato, le contestazioni della Consob al
Mantovani si riferiscono a condotte poste in essere fino alla data della
sua permanenza in carica ( 23.4.2009), la Corte territoriale ha
specificamente preso in esame le diverse operazioni in relazione al
suddetto periodo, ed ha ritenuto, con motivazione logica, adeguata e
completa, la fondatezza delle contestazioni in relazione alle specifiche
omissioni contestate, precisando che il riferimento agli accadimenti
successivi veniva effettuato solo al fine della corretta comprensione della
vicenda esaminata.
Risultano del pari carenti del requisito di decisività e rientrano in un
inammissibile sindacato sulla valutazione degli elementi istruttori, le
doglianze relative al ruolo svolto da Immobiliare Lombardia, ruolo da
ritenersi irrilevante, secondo quanto dedotto dalla Consob, non potendo
attribuirsi rilievo decisivo, al fine di escludere la carenza di controllo, al
fatto che la gestione del patrimonio immobiliare fosse stata delegata a
tale soggetto esterno.
Del pari esente da censure la statuizione del decreto impugnato secondo
cui costituiva segnale di allarme il fatto che le operazioni esaminate
fossero state effettuate con parti correlate, e soprattutto con la famiglia

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Ligresti ( all’epoca azionisti di riferimento) o con società dagli stessi
partecipate, o con altre società del gruppo; e ciò a prescindere
dall’esistenza di altre operazioni effettuate con soggetti terzi.

La Corte territoriale, infatti, nel valutare l’omesso o inadeguato controllo
da parte dei sindaci, ha correttamente rilevato che le operazioni in esame,
in quanto sottendono possibili situazioni di conflitto di interesse,
avrebbero dovuto essere esaminate con particolare attenzione da parte
del collegio sindacale, per il rischio insito nella loro stessa conclusione ,
dovendo quindi verificarsi in modo rigoroso il rispetto di iniziative,
attività e valutazioni attraverso cui si svolge l’iter necessario per giungere
alla conclusione dell’operazione.
Sotto questo profilo non assume evidentemente alcun rilievo il fatto che
la società abbia effettuato operazioni anche con soggetti terzi.
Costituisce invece valutazione di merito, estranea all’ambito del presente
giudizio, ed è in ogni caso priva di decisività, la opinabilità delle perizie
estimative CBRE in relazione ai valori ivi previsti delle operazioni
immobiliari contestate, assai inferiori alle stime di Scenari Immobiliari.
Non risulta infatti che le contestazioni della Consob abbiano avuto ad
oggetto la mera difformità tra le diverse risultanze peritali; tali risultanze
costituivano infatti un ulteriore elemento di conferma della inadeguatezza
delle operazioni contestate, unitamente ad altri gravi indici di allarme ed
elementi di criticità delle diverse operazioni , desumibili mediante Fuso
della diligenza professionale richiesta dalla natura dell’incarico e
colpevolmente trascurati dal collegio sindacale.
Con il nono , articolato, motivo (C.2) si denuncia l’omesso esame di
elementi decisivi in relazione alle singole operazioni contestate

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all’odierno ricorrente dalla Consob, che vengono dettagliatamente
elencati.
Pure tale motivo è inammissibile, in quanto si risolve in una

inammissibile richiesta di riesame, nel merito, della valutazione del
materiale istruttorio effettuata dalla Corte di appello.
Come già evidenziato in relazione al motivo precedente, il vizio dell’art.
360 comma 1 n.5) cpc, come riformulato dall’art. 54 DI 83/2012. conv.
nella 1.134/2012, ha ad oggetto non già la carente valutazione o l’omesso
esame di elementi istruttori, bensí l’omesso esame di un fè/tto decisivo,
onde tale vizio non è configurabile qualora il fatto storico sia stato
comunque preso in esame, ancorchè la sentenza non abbia dato atto di
tutte le risultanze probatorie.
Anche con riferimento all’ultimo, articolato, motivo il ricorrente omette
peraltro di enucleare il “fatto storico -, il cui esame sia stato omesso, il
dato testuale o extratestuale da cui esso risulti esistente. il “come – e

quando – tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti

e la sua decisività, limitandosi ad indicare, in relazione a ciascuna delle
operazioni contestate, una serie di elementi o circostanze che sarebbero
state trascurate o valutate in modo inadeguato dalla Corte territoriale.
Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha attentamente ed
esaustivamente vagliato i fatti storici caratterizzanti le diverse
contestazioni ed ha preso in esame le concrete circostanze dedotte dal
ricorrente, in relazione a ciascuna delle operazioni contestate.
La Corte d’Appello di Torino ha altresí dato conto in modo completo,
esaustivo ed intellegibile del proprio iter argomentativo, evidenziando, in
relazione alle diverse operazioni contestate, le carenze imputabili alla

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condotta dei sindaci, in relazione ai diversi indici di rischiosità
dell’operazione e di inadempimento ai doveri di informazione da parte
degli organi delegati, che avrebbero dovuto indurre il collegio sindacale

ad esercitare un controllo incisivo e non meramente formale, anche avuto
riguardo alla complessiva efficienza del sistema di controllo interno, sul
quale spettava ad essi di vigilare.
Da qui la conclusione della Corte territoriale, della violazione da parte
dell’odierno ricorrente dell’art. 149 TUF, statuizione che risulta
compiutamente ed adeguatamente motivata, ineccepibile sul piano
dell’applicazione delle norme di riferimento e che si sottrae dunque al
sindacato di legittimità.
In conseguenza del rigetto del ricorso, il ricorrente va condannato a
rimborsare alla Consob le spese del presente giudizio, che si liquidano
come da dispositivo.
Si dà altresí atto ai sensi dell’art.13 comma 1 quater Dpr 115/2002 della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato. pari a quello dovuto
per il ricorso principale, ai sensi del’art.13 comma 1 bis dpr cit.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, in
favore della Consob che liquida in complessivi 10.200,00 di cui 200,00
per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali in
misura del 15% ed accessori di legge.
Dà atto, ai sensi dell” art.13 comma 1 quater Dpr 115/2002, della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,

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dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto

Cosi deciso in Roma il 14 settembre 2017
( L”Esten sore

Il Nei

‘o Giudiziado

‘a NERI

DEPOSITATO IN CAtiCaLERIA

Roma, 0 7 MAR. 2018

per il ricorso principale, ai sensi del’art.13 comma 1 bis dpr citato

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