Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5356 del 07/03/2011

Cassazione civile sez. un., 07/03/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 07/03/2011), n.5356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.A., A.S., nella qualità di eredi di

A.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CAMOZZI

1, presso lo studio dell’avvocato GIUFFRE’ ADRIANO, rappresentati e

difesi dall’avvocato CARULLO ANTONIO, che li rappresenta e difende

per delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI BOLOGNA, in persona del legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ORTI DELLA FARNESINA 126,

presso lo studio dell’avvocato STELLA RICHTER GIORGIO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati CARESTIA GIULIA, TODDE

ANTONELLA, per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

per la risoluzione del conflitto negativo di giurisdizione tra la

sentenza n. 1735/2009 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER

L’EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA depositata il 02/10/2009 e l’ordinanza del

TRIBUNALE di BOLOGNA depositata il 29/10/2009 (r.g. n. 12172/2008);

udito l’avvocato Giorgio STELLA RICHTER;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/02/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI MACIOCE.

Fatto

RILEVA IN FATTO

Il Collegio che il relatore designato ha depositato in data 5.11.2010 relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. opinando nel senso:

“CHE i sigg.ri A., sull’assunto di essere proprietari di un tratto di una strada privata in (OMISSIS), all’altezza dei civici (OMISSIS), impugnarono innanzi ai TAR per l’Emilia Romagna il diniego del Comune di procedere alta chiesta declassificazione della strada dall’elenco delle strade e piazze comunali ma il TAR adito, costituitosi il Comune di Bologna, con sentenza 2.10.2009 declinò la propria giurisdizione sul rilievo per il quale la domanda proposta aveva ad oggetto la declaratoria della proprietà privata sulla strada e l’atto di classificazione negato assumeva mero valore dichiarativo negativo, con la conseguente attribuzione della controversia sul regime del bene al Giudice Ordinario;

CHE i predetti sigg.ri A., avendo l’Amministrazione comunale nel 2007 collocato sul tratto viario de quo avvisi afferenti la imminente apposizione di nuova segnaletica regolante la sosta pubblica sulla stessa, richiesero al Tribunale di Bologna la cessazione della turbativa del loro pacifico possesso ma il Tribunale negò i chiesto interdetto e il giudice del reclamo, con ordinanza 1.3.2010, confermò il diniego, sull’assorbente rilievo per il quale, essendo contestato l’esercizio del potere spettante in materia urbanistica, essendo il comportamento attuativo di o.s. emessa ex artt. 6 e 7 vigente C.d.S., non sarebbe stata ammessa la tutela possessoria ma solo esperibile l’azione innanzi al Giudice Amministrativo;

CHE denunziando il conflitto negativo di giurisdizione su tali basi insorto, i sigg.ri A. ( S. ed A.) hanno proposto ricorso il 18.5.2010 al quale ha opposto controricorso 16.6.2010 il Comune di Bologna (eccependo l’inammissibilità del ricorso stesso);

CHE appare insussistente l’esistenza del presupposto per la denunzia di conflitto, quello della medesimezza sostanziale della causa petendi nei due giudizi definiti con ie decisioni assunte dal G.O. e dal G.A. (cfr. S.U. n. 21928 del 2008 e n. 21196 del 2009);

CHE, infatti, la contestazione della pretesa affermazione della proprietà privata di un tratto viario interno al perimetro urbano fa insorgere, certamente, una controversia sulla natura del bene e sui diritti spettanti al soggetto privato in contrapposizione a quelli reclamati dall’Ente locale nell’interesse della comunità, sì da giustificare la declinatoria del G.A. in favore del giudice ordinario al quale competa l’accertamento dell’affermato e contestato regime proprietario (cfr. S.U. n. 6406 de 2010);

CHE, di converso, la causa petendi di una azione possessoria quale quella intentata dagli odierni ricorrenti configura, a parte actoris, la prospettazione di un mero comportamento della P.A. turbativo della pacifica utilizzazione della strada a sosta privata e, a parte rei, l’affermazione del carattere provvedimentale della imposizione di una regolamentazione della sosta generale dei cittadini su un tratto viario di consolidato uso pubblico (con i diversi esiti dell’ammissibilità della possessoria innanzi al G.O, delineati da S.U. n. 23561 del 2008 e da S.U. n. 24764 del 2009);

CHE su tali premesse non appare configurabile alcuna, neanche “sostanziale”, identità della causa petendi posta a base delle due azioni, semmai configurandosi un rapporto di pregiudizialità tra accertamento del regime proprietario del bene e possibilità di intervento sulla sua utilizzazione (e di converso di reazione avverso un intervento indebito) che sfugge all’area applicativa della sottoposta denunzia di conflitto;

CHE, ove si condivida il testè formulato rilievo, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e dichiarato inammissibile”.

OSSERVA:

Il Collegio che il difensore dei ricorrenti A. ha depositato memoria finale nella quale, in dissenso dalle considerazioni espresse nella relazione (sopra trascritta) si esprime dissenso dalla valutazione di assenza di “medesimezza” della causa petendi nei due giudizi, in particolare negando che in quello da essi deducenti introdotto innanzi al TAR fosse stata prospettata una questione di accertamento della natura privata della strada, di contro essendo stata dedotta solo una richiesta di esclusione della strada dall’elenco delle pubbliche vie in ragione del “possesso de bene”.

Ritiene il Collegio che, pur condividendosi pienamente le considerazioni espresse in relazione, sussista una assorbente ragione di inammissibilità del ricorso, in relazione non rilevata, quella afferente la insussistenza del presupposto per ravvisare un conflitto negativo denunziabile ex art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1 e cioè la doppia declinatoria formulata con decisioni di piena cognizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo, difettando tale situazione le volte in cui la declinatoria sulla giurisdizione sia costituita da un provvedimento cautelare che per tal carenza neghi la invocata tutela. In tal senso è l’orientamento di queste Sezioni Unite (S.U. n. 4914 del 2006 e n. 8638 del 1991) al quale il Collegio intende dare seguito. Nella specie la declinatoria di giurisdizione è stata assunta dal Tribunale di Bologna per negare il chiesto interdetto possessorio tanto in primo grado (ord. 29.10.2009) quanto in sede di reclamo ex art. 669 terdecies e art. 703 c.p.c., comma 2, e quindi all’esito di procedimenti interdittali a carattere sommario e cautelare la cui decisione (negativa) non era idonea a dispiegare alcun effetto nella eventuale successiva fase di cognizione piena possessoria destinata a concludersi con sentenza.

Nè, si badi, potrebbe nella specie esaminarsi il ricorso all’esito di una sua conversione in regolamento ex art. 41 c.p.c., adottato in pendenza del giudizio possessorio “di merito” di cui all’art. 703 c.p.c., comma 4 (introdotto dal D.L. n. 35 del 2005, art. 2, comma 3, lett. E bis, convertito in L. n. 80 del 2005) posto che nè il ricorso nè gli atti di causa attestano che all’esito della conclusione negativa della fase interdettale la parte istante abbia chiesto la prosecuzione della causa possessoria in sede di merito e che, quindi, tal giudizio fosse, al dì della proposizione del ricorso ex art. 362 c.p.c., comma 2, pendente: ed è fermo l’indirizzo di queste Sezioni Unite per il quale (da ultimo S.U. n. 15854 del 2009), in difetto della instaurazione del giudizio di cognizione piena all’esito del procedimento cautelare o prima della sua introduzione, non è ammissibile il ricorso ex art. 41 c.p.c., ostandovi il difetto di un interesse della parte a promuovere l’accertamento sulla giurisdizione, interesse che la precarietà della valutazione cautelare non fa insorgere. E tal indirizzo è ovviamente affatto applicabile alla vicenda dell’interdetto possessorio non seguito dalla fase di merito alla stregua delle nuove citate disposizioni.

Si dichiara pertanto inammissibile il ricorso e si regolano le spese secondo la soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido a corrispondere al Comune di Bologna le spese del giudizio che si determinano in Euro 3.200 (di cui e Euro 200 per esborsi) oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2011

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