Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5355 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/02/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 27/02/2020), n.5355

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5207-2018 proposto da:

COMUNE DI PALERMO, domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato SAETTA ROBERTO;

– ricorrente –

contro

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE SANTA

TERESA 23, presso lo studio dell’avvocato GRIMALDI PAOLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GRECO FRANCESCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2488/2017 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 04/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/11/2019 dal Consigliere Dott. NAPOLITANO ANGELO.

Fatto

F.A., con atto del 18/11/2013, proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Palermo per l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso dal Comune di Palermo n. (OMISSIS) del 2013, relativo alla TARSU dovuta per l’anno 2012.

Il contribuente svolgeva attività ricettiva, di “Bed and Breakfast- (B&B), nell’appartamento di via (OMISSIS), dove risiedeva, e lamentava, fra le altre doglianze, la “erronea ascrizione alla categoria di destinazione d’uso di albergo” dell’unità immobiliare da lui posseduta, ai fini dell’assoggettamento alla TARSU.

La CTP accoglieva il ricorso sulla base di tale motivo, assorbiti gli altri.

La CTR della Sicilia respingeva l’appello del Comune, sostenendo che, “sebbene rientri nella nozione di comune esperienza, salva prova contraria del contribuente, che l’attività di B&B dia comunque luogo ad un’attività di ricezione-ospitalità e somministrazione di alimenti e bevande, con produzione di rifiuti certamente differenti e superiori ad un’utenza residenziale, tuttavia ciò potrebbe legittimare il Comune ad istituire, pur nell’ambito della destinazione civile abitazione, una tariffa differenziata per l’uso che si fa di un immobile, ma non ad applicare la tariffa per gli alberghi normalmente caratterizzati da diversa ricettività e dunque da maggiore capacità di produrre rifiuti”. Con la conseguenza che, siccome nel caso di specie non sarebbe stato dedotto e provato che l’utilizzazione dell’immobile del contribuente si discostava da quella tipica del B&B, sarebbe illegittima l’applicazione della tariffa “alberghi” sulla base di una assimilazione che, in fatto, non esprime uguale capacità di produrre rifiuti.

Contro la sentenza n. 2488/8/17 della CTR della Sicilia, depositata in data 4/7/2017, il Comune di Palermo ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Resiste il contribuente con controricorso.

Il Comune di Palermo ha depositato una memoria difensiva ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.. All’udienza del 22 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

I.Con un primo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 4, e del Reg. comunale TARSU, art. 4, comma 2”, il Comune ricorrente ha dedotto che, in tema di TARSU, il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 4, dispone che “nelle unità immobiliari adibite a civile abitazione, in cui sia svolta un’attività economica o professionale, può essere stabilito dal regolamento che la tassa è dovuta in base alla tariffa prevista per la specifica attività ed è commisurata alla superficie a tal fine utilizzata”.

Si tratterebbe di una norma attributiva del potere, in capo all’ente impositore, di determinare la tariffa della TARSU relativa all’immobile non in base alla sua destinazione d’uso (che nel caso di specie sarebbe quella di civile abitazione), bensì in base all’attività economica o professionale concretamente esercitata al suo interno.

Orbene, il Comune ricorrente ha dedotto che il reg. TARSU, art. 4 suo costituisce l’esplicazione del potere conferitogli in via generale dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 4, sicchè la tariffa TARSU per gli immobili adibiti allo svolgimento di una attività economica e professionale è determinata in base a tale attività ed è commisurata alla superficie a tal fine utilizzata.

Sostiene il Comune che i giudici di appello hanno erroneamente applicato alla fattispecie di causa, ai fini della qualificazione dell’attività di B&B, una legge di un’altra Regione (la legge della Regione Campania n. 5 del 2001), e sulla base di essa hanno stabilito che non fosse consentita l’equiparazione, ai fini TARSU, tra l’attività di B&B e l’attività alberghiera, visto che i B&B svolgono attività ricettiva in maniera occasionale e priva di carattere imprenditoriale, a differenza delle imprese alberghiere che svolgono l’attività professionalmente.

Di converso, se la L.R. Sicilia n. 32 del 2000, art. 88, comma 4, dispone che “l’esercizio dell’attività di B&B non costituisce cambio di destinazione d’uso dell’immobile e comporta, per i proprietari delle unità abitative, l’obbligo di adibire ad abitazione personale l’immobile medesimo”, d’altro canto il L.R. Sicilia n. 2 del 2002, art. 41, comma l, ha stabilito che “il B&B è inserito tra le attività di cui alla L.R. n. 27 del 1996, art. 3”, equiparandolo, dunque, agli alberghi.

2. Con un secondo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 62, 68, 69 e 70, e del Reg. comunale TARSU”, il Comune ricorrente si duole che i giudici di appello non avrebbero considerato che la TARSU prescinde dalla destinazione urbanistica dell’immobile e dalla sua classificazione catastale, dovendosi considerare, invece, l’attitudine alla produzione di rifiuti dell’attività ricettivo-alberghiera alla quale è destinata parte dell’immobile.

Nel caso di specie, secondo l’esito degli accertamenti svolti dal Nucleo di Polizia Municipale e dall’Ufficio Tecnico del Comune di Palermo, della complessiva superficie utile di 159 mq, il contribuente aveva destinato 127 mq all’attività di B&B, a fronte di 32 mq riservati ad abitazione.

Il Comune ricorrente, nel giustificare l’assimilazione della tariffa TARSU prevista per le porzioni di immobili destinate a B&B a quella applicata per gli alberghi, ha richiamato un arresto di questa Corte secondo il quale il Comune può istituire, ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, tariffe differenziate per fasce di utenza che distinguano l’uso domestico e quello non domestico, previo accertamento dell’uso effettivo dei relativi immobili, essendo irrilevante la destinazione catastale.

Del resto, argomenta ancora l’ente locale, il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68 stabilisce che, per l’applicazione della tassa, i comuni sono tenuti ad adottare un apposito regolamento che deve contenere “la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria”, precisando altresì (comma 2, lett. C) che ai fini dell’articolazione delle categorie e sottocategorie si tiene conto “in via di massima” di varie tipologie di destinazione degli immobili, tra le quali non vi sarebbe distinzione tra tipologie di attività ricettive, accomunate nella onnicomprensiva dizione di “esercizi alberghieri”.

3. Occorre preliminarmente rigettare le eccezioni di inammissibilità del ricorso del Comune spiegate dal contribuente controricorrente.

Il Comune ha denunciato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto, individuando precisamente i relativi parametri normativi.

Il controllo che il Comune devolve a questa Corte, pertanto, è un controllo di mera legalità: il ricorrente non chiede il riesame nel merito di questioni decise dai giudici di appello.

Il ricorso, d’altronde, è rispettoso dei canoni dell’autosufficienza.

4. Nel merito, i due motivi in cui si articola il ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

L’applicazione di una determinata tariffa ai fini TARSU, infatti, è indipendente dalla destinazione d’uso dell’immobile, in quanto lo stesso legislatore, con il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 4, ha conferito agli enti locali il potere di applicare la tariffa in base all’attività economica concretamente svolta all’interno dell’immobile.

Orbene, di tale potere si è avvalso il Comune di Palermo, che ha previsto nel suo regolamento TARSU (art. 4, comma 2) che “la tassa è dovuta in base alla tariffa prevista per la specifica attività ed è commisurata alla superficie a tal fine utilizzata”.

Il problema, allora, è quello di definire l’attività di Bed & Breakfast, sicchè l’indagine non può che muoversi entro confini schiettamente normativi.

4.1 A tal proposito, si deve rilevare che, nell’ambito delle fonti normative statali, non si rinviene una qualificazione dell’attività economica di Bed & Breakfast.

In particolare, il D.Lgs. n. 79 del 2011, art. 9, che includeva tra le “strutture ricettive alberghiere e paralberghiere” i Bed & Breakfast gestiti in forma imprenditoriale, e lo stesso decreto, art. 12 che, invece, ricomprendeva tra le strutture extralberghiere i Bed & Breakfast a conduzione familiare, gestiti in forma non imprenditoriale, sono stati dichiarati incostituzionali (Corte Cost., sent. n. 80 del 2012) per violazione della competenza residuale delle Regioni in materia di turismo, escluso dall’elenco delle materie di legislazione concorrente di cui all’art. 117 Cost., comma 3.

Ne consegue che non esiste un’unica qualificazione, valida su tutto il territorio nazionale, dell’attività di Bed & Breakfast, la cui regolamentazione spetta, pertanto, alle singole Regioni.

Orbene, come evidenziato dal Comune ricorrente, la L.R. Sicilia n. 2 del 2002, art. 41, comma 1, dispone che “il bed and breakfast è inserito tra le attività di cui alla L.R. 6 aprile 1996, n. 27, art. 3”, cioè tra le strutture ricettive di carattere alberghiero, senza, dunque, che rilevino le caratteristiche dell’organizzazione dell’attività, se gestita o meno in forma imprenditoriale.

L’equiparazione normativa, ai fini della regolamentazione dei servizi per il turismo nell’ambito del territorio regionale, dei B&B agli alberghi, non impone ai Comuni di quella Regione di assimilarli anche quanto al trattamento tariffario ai fini TARSU.

Tuttavia, non può di certo ritenersi viziato da illegittimità, e dunque non può essere disapplicato ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, il regolamento comunale che, con riferimento alla determinazione della tariffa da applicare ai fini TARSU, equipara la porzione di immobile destinata all’esercizio del B&B ad un albergo: si tratta, invero, di una scelta discrezionale del Comune, effettuata nei limiti della potestà impositiva ad esso attribuita dall’ordinamento, non vietata da alcuna norma statale, ed anzi in linea con la disciplina regionale dei servizi per il turismo, che, come visto, inserisce espressamente i B&B tra le strutture ricettive di carattere alberghiero.

5. Pertanto, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, deve essere rigettato il ricorso proposto in prime cure dal contribuente.

6. La novità delle questioni affrontate consiglia l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata.

Rigetta il ricorso proposto in prime cure dal contribuente.

Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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