Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5354 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5354 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA

sul ricorso 26203-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3367

GARAVENTA ALDO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 55/2008 della COMM.TRIB.REG.
di T-ORTIM: ;dLepositta.il 27/11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 07/03/2014

udienza del 28/11/2013 dal Consigliere Dott. CAMILLA
DI IASI;
udito per il ricorrente l’Avvocato LA GRECA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento per guanto di ragione del ricorso.

Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per

Ragioni della decisione
LL’Agenzia delle Entrate ricorre, nei confronti di Aldo Garaventa (che
non ha resistito), per la cassazione della sentenza n. 55/14/08 depositata il
27.11.2008 con la quale la C.T.R. Piemonte ha confermato la sentenza di
primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente -ex
dirigente Enel- avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di
rimborso di ritenute di acconto Irpef operate dall’Enel quale sostituto di
imposta sull’importo erogatogli alla cessazione del rapporto di lavoro in

successivamente trasformata in un trattamento di previdenza integrativa
aziendale (PIA), ritenendo che la somma al contribuente costituisca
reddito di capitale perché erogata in dipendenza di un contratto di
capitalizzazione e come tale deve essere assoggettata ad imposta nella
misura del 12, 50%.
2. Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione di norme
di diritto, l’Agenzia ricorrente, rilevato che la somma erogata dall’Enel al
momento della cessazione del rapporto di lavoro è dovuta secondo le
previsioni dei contratti collettivi come prestazione pensionistica aziendale
ad integrazione del trattamento previdenziale, sostiene che essa, a
differenza di quanto sostenuto dai giudici d’appello, deve come tale essere
assoggettata a tassazione separata ai sensi degli art. 16 e 17 comma 2
TUIR (secondo la numerazione in vigore fino al 31.12.2003).
Col secondo motivo, deducendo vizio di motivazione, la ricorrente
sostiene che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe
insufficiente con riguardo al fatto decisivo e controverso della dipendenza
della erogazione de qua da contratto di capitalizzazione.
I suddetti motivi, da esaminare congiuntamente per l’evidente
connessione logica sono fondati esclusivamente nei termini e nei limiti
di cui in prosieguo.
La questione, sul rilievo dell’esistenza di una concatenazione temporale
di discipline diverse e di un’esigenza metodologica di approfondimento
del regime di tassazione delle somme erogate in forma di capitale ai
dipendenti al momento della cessazione del rapporto di lavoro (o ad età
predeterminata) da fondi che assicurino prestazioni pensionistiche

relazione ad una polizza sulla vita e sulla invalidità permanente

complementari o comunque erogazioni a capitale ovvero a rendita o
entrambi in aggiunta al trattamento di pensione ordinario ed al T.F.R.
rispettivi, ha rinvenuto un punto fermo con l’arresto delle Sezioni Unite
n. 13642 del 2011 (e n. 13643/2011), cui anche questo Collegio intende
conformarsi, in difetto di altre suggestioni ermeneutiche e data la
omologa fattispecie anche in quel precedente considerata. Spartiacque
della materia è il discrimine temporale che distingue la situazione dei
soggetti che siano iscritti a forme pensionistiche complementari prima

esame) e quella dei soggetti che siano iscritti a forme analoghe in epoca
successiva all’entrata in vigore del predetto provvedimento legislativo:
solo ai secondi, invero, sarebbe applicabile il trattamento tributario
stabilito al predetto d.lgs. n.124, dall’art. 13, comma 9, il quale
assoggetta le prestazioni in forma di capitale a tassazione separata ai
sensi del TUIR [approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16,
comma 1, lett. a), e successive modificazioni ed integrazioni], e ciò
all’esito della norma interpretativa di cui al d.l. 31 dicembre 1996, n. 669,
art. 1, comma 5, (convertito con modificazioni con 1. 28 febbraio 1997, n.
30), il quale prevede che “La disposizione contenuta nel D.Lgs. 21 aprile
1993, n. 124, art. 13, comma 9, e quella contenuta nel testo unico delle
imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art.
42, comma 4, ultimo periodo, introdotta dalla L. 8 agosto 1995, n. 335,
art. 11, comma 3, (a norma del quale la disposizione prevista dall’art. 42,
comma 4 “non si applica in ogni caso alle prestazioni erogate in forma di
capitale ai sensi del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, e successive
modificazioni ed integrazioni”), devono intendersi riferite esclusivamente
ai destinatari iscritti alle forme pensionistiche complementari
successivamente alla data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 124 del
1993″.
Ad una situazione definita “binaria”, con la distinzione tra “vecchi
iscritti” e “nuovi iscritti” a forme pensionistiche complementari, pose fine
il d.lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, art. 12, comma 1, [come modificato dal
d.lgs. 12 aprile 2001, n. 168, art. 9, comma 1, lett. a)], a norma del quale
– ricordano le S.U. – “per i soggetti che risultano iscritti a forme
pensionistiche complementari alla data da cui ha effetto il presente

dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993 (com’è nella vicenda in

decreto, le disposizioni introdotte dall’art. 10 (relativamente al
“trattamento tributario delle prestazioni pensionistiche erogate ai sensi
del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124″) si applicano alle prestazioni riferibili
agli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001. Per i medesimi
soggetti, relativamente alle prestazioni maturate fino a tale data,
continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente”. Ed anche
qui si ripete l’osservazione per cui il d.lgs. n. 47 del 2000, all’art. 3 ebbe
ad abrogare, tra l’altro, il comma 9, dell’art.13 del d.lgs. n. 124 del 1993

d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 23, a decorrere dal 1 gennaio 2007).
Le Sezioni Unite hanno dato atto della differenza principale tra le due
forme di risparmio, finanziario e previdenziale, risultando nel primo caso
l’investimento concernere una somma già patrimonio del soggetto,
mentre nel secondo caso una somma che origina direttamente da redditi
di lavoro, con correlazione tra investimento e redditi di lavoro
implicante, per il regime tributario delle prestazioni erogate dai Fondi
pensione, una tendenziale corrispondenza allo schema di tassazione “cui
sono soggetti i redditi da cui l’investimento trova alimento.”.
E tuttavia, una scelta netta per una tassazione analoga a quella applicata
sui redditi di lavoro fu operata solo con il d.lgs. n. 124 del 1993, in
particolare con l’art. 13, comma 9, introdotto dalla 1. 8 agosto 1995, n.
335, art. 11, ma con riserva di applicazione alle sole prestazioni erogate
in forma capitale a favore di soggetti iscritti ad enti di previdenza
complementare in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto. Per
gli iscritti in epoca precedente, il trattamento tributario delle prestazioni
erogate non è dunque indipendente dalla composizione strutturale delle
prestazioni stesse, che, anche nel caso concreto, trattandosi di un Fondo
di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti
e a causa previdenziale prevalente, sono composte da una “sorte
capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati
dal datore di lavoro (e in notevole minor misura dal lavoratore) e da un
“rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del
Fondo del capitale accantonato. Sicché possono essere tassate in modo
analogo al TFR esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale,

(disposizione poi del tutto espunta, come l’intero decreto legislativo, dal

mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella
fattispecie P.I.A., cui seguì il trasferimento della posizione individuale
nel Fondo Enel), si applica la tassazione nella misura del 12,50% ai sensi
della 1. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 [i commi 1 e 2, del richiamato
art. 6, sono stati poi abrogati dall’art. 14, del d.lgs. n. 47 del 2000, per i
contratti stipulati in data successiva a quella di entrata in vigore del
decreto, stabilendo l’applicazione dell’imposta sostitutiva delle imposte
sui redditi nella misura prevista dal d.lgs. 21 novembre 1997, n. 461, art.

assicurazione sulla vita e di capitalizzazione e ai redditi derivanti dai
rendimenti delle prestazioni pensionistiche di cui al TUIR, art. 47,
comma 1, lett. h-bis), erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie
aventi funzione previdenziale].
Cessata ogni distinzione di trattamento alla data del 1 gennaio 2001, solo
a decorrere dalla quale, a norma del d.lgs. n. 47 del 2000, non è più
consentito distinguere tra capitale e rendimento, le polizze vanno
assoggettate nella loro interezza al regime della tassazione separata di cui
al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e può dirsi
avvenuto il superamento della scissione del legame genetico del
“rendimento” con il rapporto di lavoro e la causa previdenziale della
polizza. D’altronde, si osserva che la peculiarità del regime anteriore alla
vicenda normativa iniziale operante come spartiacque regolativo, e cioè il
d.lgs. 21.4.1993, n.124, segnò l’esordio della istituzione di forme di
previdenza di tipo privatistico, posto che, in precedenza, il trattamento
previdenziale era schematizzato in una disciplina pubblicistica, cui in via
di mero fatto si poteva aggregare, per prestazioni aggiuntive e dunque del
tutto tipicamente, il solo contratto di assicurazione. Ciò permise a questa
Corte, seguita da altre pronunce omogenee (Cass. 287/2012, 5571/2012,
14498/2012, 23520/2012, 1413/2013) di affermare che “in tema di fondi
previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un
soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del
d.lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare
aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale
prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli
importi maturati fino a 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al

7, ai redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di

regime di tassazione separata di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917,
art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (T.U.I.R.), solo per quanto riguarda la
“sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente
alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti
dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%,
prevista dalla 1. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a
decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di
tassazione separata di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16,

Anche nella vicenda di causa pertanto va ribadita, trattandosi di importi
maturati entro il 31 dicembre 2000, l’applicazione della ritenuta del
12,50% sulle sole somme relative alla liquidazione del rendimento,
sussistendo il diritto del contribuente al rimborso per gli importi maturati
fino al 31 dicembre 2000 della differenza tra quanto versato all’Erario dal
sostituto d’imposta e quanto dovuto a seguito dell’applicazione
dell’aliquota del 12,50% ai sensi della 1. n. 482 del 1985, art. 6 alle sole
somme liquidate per il rendimento. Va aggiunto invero, ripetendo un
principio esplicitato da Cass. 23520/2012, che “le somme dovute dal
datore di lavoro al lavoratore a titolo di conversione del trattamento
pensionistico integrativo aziendale (cd. PIA), per la parte costituita dalla
remunerazione del capitale investito, sono soggette all’aliquota fissa del
12,5%, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 482 del 1985 (nella specie,
applicabile ratione temporis) [poi art. 42, co.4, TUIR ex arti., co.5, d.l.
n.669/1996], e non alla tassazione separata del trattamento di fine
rapporto di cui all’art. 17, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, non solo
quando il suddetto trattamento pensionistico integrativo sia dovuto per
effetto della stipula di un’assicurazione sulla vita o di un piano di
capitalizzazione, ma anche quando sia dovuto per effetto della stipula di
un contratto con soggetti diversi da una società di assicurazione, giacché
quel che rileva ai fini suddetti è che sia stato applicato dal soggetto tenuto
al pagamento un modello gestionale di tipo assicurativo.”. Si deve infatti
considerare non decisiva la non conformità dei contratti (stipulati sulla
base del CCNL 16.5.1985 ed in sostituzione delle originarie previsioni
dapprima negoziali che ne furono attuazione) al modello formale
assicurativo o a capitalizzazione e che non siano stati stipulati con

comma 1, lett. a), e art. 17 (T.U.I.R.)”.

imprese esercenti attività assicurative, essendo pacifico che la prestazione
è stata costituita grazie all’impiego di capitali accumulati (con versamenti
del datore di lavoro e dell’iscritto al Fondo ENEL, aggiuntivi rispetto agli
accantonamenti del TFR, dunque con causa autonoma) ed erogata al di
fuori di una scadenza diretta del pregresso rapporto di lavoro, in presenza
di una gestione delle somme effettuata con sistemi tecnico-finanziari
della capitalizzazione e con l’apposizione delle riserve matematiche (o
comunque con copertura finanziaria costante delle prestazioni erogate),

collettiva. Alla stregua di questa, il c.d.a. dell’ENEL già il 5.6.1985
recepì detto CCNL (prevedente la stipula di una polizza vita ex art.1919
c.c.) e poi, in data 16.4.1986, concluse un accordo sindacale di
recepimento e sostituzione dell’art.12, comma 4, CCNL stesso,
all’insegna di una forma di previdenza privata rimessa all’autonomia
aziendale, e sostanzialmente attuata con una polizza di tipo assicurativo,
alla cui stregua furono erogate prestazioni di capitale dipendenti da
un’originaria prestazione previdenziale del citato modello, stipulata
prima della vigenza del d.lgs. n.124 del 1993 e non a caso rimettente alla
scelta dell’ex dirigente la possibilità di trasformare la rendita
pensionistica nel frattempo instaurata in capitale, secondo una
prerogativa connotante il contratto a natura assicurativa e per prestazione
equivalente a quella prevista nei contratti originari di assicurazione sulla
vita (in base all’accordo collettivo modificativo del luglio 2000), per tale
ragione meramente convertiti e poi ripristinati alla stregua della
configurazione aperta del primo rapporto, mai cessato nei suoi effetti
giuridici e generante, per le ragioni anzidette, reddito di capitale.
Il sopraesposto principio di diritto può trovare completa attuazione solo
a seguito di un accertamento sulla natura e quantità del rendimento che
liquidato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia
stato) l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e
quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale
impiego, giustificandosi – come detto – solo rispetto a quest’ultimo
rendimento l’affermata tassazione al 12,50% (sulla differenza tra
ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del
2% per ogni anno successivo al decimo). Per tale ragione, e sulla scorta

secondo le condizioni-quadro fissate dall’iniziale fonte consensuale

di numerose decisioni conformi (v. Cass. 287/2012 e, da ultimo,
1411/2013, 1412/2013, 1413/2013, 1414/2013, 1415/2013, 1416/2013,
4905/2013, 20491/2013 e 20811/2013), il ricorso deve essere
parzialmente accolto, con la conseguente cassazione della sentenza
impugnata nel senso sopra indicato e rinvio della causa ad altra Sezione
della medesima C.T.R. (in diversa composizione) perché accerti, previa
disamina dei meccanismi di funzionamento del fondo
P.I.A./FONDENEL nel corso degli anni ed in coerente applicazione con

del capitale costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi
versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore, così verificando se
e quando, sulla base delle norme contrattuali applicabili, i capitali
rivenienti dalla contribuzione siano stati effettivamente investiti sul
mercato finanziario, quali siano stati i risultati dell’investimento ed in
qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali
plusvalenze alle singole posizioni individuali. Sulla scorta di tale
indagine, il giudice del rinvio quantificherà la parte della somma
complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al rendimento
netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale
accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di
lavoro e, quindi, calcolerà l’imposta dovuta dal contribuente (e,
conseguentemente, l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio)
applicando solo a tale parte l’aliquota del 12,5%, (come sopra
decrementata) secondo la disciplina dettata dalla legge n. 482 del 1985,
art. 6, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di
cui al d.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente
giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso, cassa la sentenza
impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia anche per le spese a
diversa sezione della C.T.R.

Roma 2%.11.2013

kewt _

il principio enunciato, il rendimento derivante dall’impiego sul mercato

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