Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5353 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5353 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA

sul ricorso 26162-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3366

C. ROMA DATI DI PETROSINO CARMELA & C. SAS ;
– intimato –

avverso

la

sentenza

n.

214/2008

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il
23/10/2008;

Data pubblicazione: 07/03/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/11/2013 dal Consigliere Dott. CAMILLA
DI IASI;
udito per il ricorrente l’Avvocato LA GRECA che ha
chiesto l’accoglimento;

Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SENTENZA
Ragioni della decisione
L’Agenzia delle Entrate propone, nei confronti della s.a.s. C. Roma Dati di Petrosino Carmela & C.
(che non ha resistito), ricorso per cassazione avverso la sentenza (W31/01/08 depositata il 23
ottobre 2008 con la quale la CTR Campania, in controversia concernente impugnazione di avviso di
recupero di credito di imposta ai sensi dell’art. 8 1. 388/2000 in relazione all’anno 2000, ha accolto

alla revoca parziale del credito perché alcuni dei beni di cui all’investimento erano da ritenersi
“mobili e macchine ordinarie di ufficio” e non erano inoltre destinati in via esclusiva alla struttura
produttiva bensì anche allo studio professionale di uno dei soci, rilevano che gli arredi e le
attrezzature non rientrano tra i mobili e le macchine ordinarie d’ufficio e che la legge istitutiva del
credito nulla ha indicato in ordine alla voce arredamento, dovendo pertanto ritenersi legittima
l’agevolazione di cui al citato art. 8 per l’acquisto dei suddetti beni da parte della società intimata
che gestisce attività di elaborazione elettronica dati rientrante nel settore servizi e non nel settore
commercio.
Con un unico motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 8 1. 388/2000, l’Agenzia
ricorrente rileva che il giudizio dei giudici di appello è da considerare errato sul punto della
sussistenza o meno della natura strumentale dei beni acquistati, posto che non ha considerato che,
mentre, ad esempio, l’arredamento può ritenersi strumentale in un’attività alberghiera, un’attività di
elaborazione elettronica di dati -quale quella esercitata dalla società-, richiede solo l’impiego di
mobili e macchine ordinarie di ufficio che, secondo il comma 2 dell’art. 8 in epigrafe citato, sono
esclusi dalla categoria dei beni strumentali agevolabili. La ricorrente si duole altresì del fatto che i
giudici di appello nulla abbiano deciso in relazione all’uso promiscuo dei suddetti beni.
La censura è fondata nei termini di cui in prosieguo.
L’art. 8 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, dopo aver previsto al primo comma il riconoscimento
di un credito di imposta in relazione a nuovi investimenti, precisa al secondo comma che per nuovi
investimenti si intendono le acquisizioni di beni strumentali nuovi di cui agli articoli 67 e 68 del

l’appello della società. In particolare i giudici d’appello, premesso che l’Ufficio aveva proceduto

testo unico delle imposte sui redditi, “esclusi i costi relativi all’acquisto di mobili e macchine

ordinarie di ufficio”.
Il nuovo investimento “utile” ai fini dell’agevolazione è pertanto un investimento che deve
riguardare beni strumentali all’esercizio dell’attività e tuttavia non rientrare tra i mobili e le
macchine ordinarie di ufficio, con la conseguenza che l’acquisto di beni costituenti “arredamento”
può rientrare tra gli investimenti “agevolabili” solo se risulti strumentale alla specifica attività

Tanto premesso, essendo incontestato che la C. Roma Dati gestisce attività di elaborazione
elettronica dati, rientrante nel settore servizi, è logicamente da escludersi che necessitino
strumentalmente all’esercizio di tale attività beni costituenti “arredamento” se non nei limiti dei
mobili e delle macchine ordinarie di ufficio, dovendo peraltro rilevarsi che dalla sentenza
impugnata neppure risulta che sia stata espressamente provata (o almeno dedotta) una precisa
strumentalità con riguardo ad alcune caratteristiche della suddetta attività a ed in rapporto alla
specifica peculiarità dei beni oggetto dell’investimento e, al tempo stesso, in ogni caso la non
riconducibilità (eventualmente per alcune precise intrinseche caratteristiche dei medesimi) dei
suddetti beni alla categoria dei “mobili e macchine ordinarie di ufficio”.
Sulla base delle considerazioni che precedono deve ritenersi assorbita la questione relativa all’uso
in parte promiscuo dei medesimi beni, questione in ogni caso non esaminabile in questa sede perché
proposta nell’ambito del motivo ma non oggetto del quesito che lo conclude. Alla luce di quanto
sopraesposto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Poiché non
sono necessari accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito col rigetto del ricorso
introduttivo. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Si ritiene di compensare
le spese dei gradi di merito in ragione della mancanza di precedenti di legittimità sulla questione in
esame, con specifico riguardo alla valutazione della eventuale strumentalità di beni costituenti
arredamento in relazione alla esclusione relativa a “mobili e macchine ordinarie di ufficio”.
PQM
La Corte

svolta (e, ovviamente, sempre che non si tratti di mobili e macchine ordinarie di ufficio).

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo.
Condanna la soccombente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 1.500,00
oltre eventuali spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.

Roma 28.11.2013

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