Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5352 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5352 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA

sul ricorso 25979-2009 proposto da:
CESANO CLAUDIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato
LUCISANO CLAUDIO, che lo rappresenta e difende giusta
delega in calce;
– ricorrente 2013
3365

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente con atto di costituzione –

Data pubblicazione: 07/03/2014

avverso la sentenza n. 37/2008 della COMM.TRIB.REG.
di TORINO depositata il 02/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/11/2013 dal Consigliere Dott. CAMILLA
DI IASI;

ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udito per il controricorrente l’Avvocato LA GRECA che

SENTENZA
Ragioni della decisione
1.Claudio Cesano propone, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che ha
depositato “atto di costituzione”), ricorso per cassazione avverso la sentenza
indicata in epigrafe con la quale la CTR Piemonte ha confermato la decisione di
primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal

comunale nonché sanzioni- relativa all’anno di imposta 2002.
In particolare i giudici d’appello hanno rilevato che il vizio di notificazione
dell’avviso di accertamento prodromico alla cartella impugnata (consistente nella
mancata sottoscrizione della relativa relata da parte dell’ufficiale giudiziario) non
ha impedito al destinatario di venire a conoscenza dell’atto (come affermato dallo
stesso appellante in primo grado), con la conseguenza che l’avviso suddetto deve
ritenersi definitivo e quindi la cartella non poteva essere impugnata che per vizi
propri dell’atto.
Aggiungono i giudici d’appello che, pur trattandosi della tassazione di reddito di
partecipazione a società di persone, non si pone il problema di integrazione del
contraddittorio poiché risulta impugnata la cartella esattoriale e non
l’accertamento.
Col primo motivo di ricorso, deducendo violazione di legge, il ricorrente, rilevato
che la cartella opposta consegue ad un accertamento relativo a reddito di
partecipazione a società di persone, sostiene la nullità per difetto di integrità del
contraddittorio del procedimento instaurato dalla società avverso l’avviso di
accertamento notificatole in relazione all’anno 2002 e del procedimento instaurato
dal socio, e, con riguardo a quest’ultimo, sia in relazione agli atti presupposti
(avviso) che in relazione agli atti derivati (cartella).

contribuente avverso cartella di pagamento -per Irpef, addizionale regionale e

Col secondo motivo, deducendo violazione e falsa o mancata applicazione degli
artt. 14 comma 1 lett. b) d.p.r. n. 602 del 1973, 3 e 12 1. n. 890 del 1982, nonché
19 comma 3 d.lgs. n. 546 del 1992, il ricorrente rileva che l’avviso prodromico
alla cartella oggetto del presente giudizio non poteva ritenersi definitivo perché la
relativa notifica era viziata per mancanza di sottoscrizione della relata da parte
dell’ufficiale giudiziario, vizio non sanato ex art. 156 c.p.c. non avendo il

compilazione della relata di notifica di un atto non impugnato comporta
l’inesistenza del medesimo.
Col terzo motivo, deducendo violazione dell’art. 91 c.p.c., il ricorrente censura ex
art. 360 n. 5 c.p.c. la sentenza impugnata perché i giudici d’appello avrebbero
omesso di pronunciarsi in ordine alla censura con la quale l’appellante si doleva
del fatto che i primi giudici nella condanna alle spese non avevano distinto tra
diritti ed onorari.
2. Il secondo motivo (da esaminare in via preliminare in quanto la sua eventuale
fondatezza potrebbe avere riflessi sull’esame del primo motivo) è inammissibile
(prima che infondato) per inadeguatezza del relativo quesito di diritto, col quale il
ricorrente chiede a questa Corte di dire “se l’omessa compilazione della relata di
notifica di un atto non impugnato comporti l’inesistenza dello stesso con la
conseguenza che risultano illegittimi i derivati atti quali il ruolo formato a titolo
definitivo, erroneamente formato sul presupposto dell’avvenuta definitività
dell’avviso di accertamento”.
Nei termini suddetti infatti il quesito soprariportato non adempie la propria
funzione che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, è quella
di far comprendere alla Corte, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi
logico-giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente
compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del

contribuente impugnato l’atto, e chiede a questo giudice di affermare che l’omessa

ricorrente, la regola da applicare, in quanto nella specie il quesito si presenta
carente delle informazioni necessarie a consentire al giudice di legittimità di
rispondere al quesito medesimo enunciando un principio di diritto idoneo a
decidere la controversia sub iudice, e comunque formulato in modo che non ne
risulti autonomamente la rilevanza ai fini della decisione del motivo né ne emerga
l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alle peculiarità

2009, nonché SU n. 7257 del 2007 e SU n. 7433 del 2009).
In particolare, tra l’altro, il ricorrente omette nel quesito (e perfino
nell’esposizione del motivo) di specificare se nella specie si tratti o meno di
notifica effettuata a mezzo posta, specificazione necessaria ai fini della
formulazione da parte della Corte di un principio di diritto idoneo a decidere la
questione sub iudice (e quindi necessariamente da esplicitarsi nel relativo
quesito), posto che, vertendosi in tema di accertamento relativo all’anno di
imposta 2002, la notifica del relativo avviso è comunque intervenuta nel vigore
del d.lgs. n. 504 del 1992 (prevedente, all’art. 11, primi due commi, che l’avviso
di liquidazione o di accertamento “deve essere notificato, anche a mezzo posta
mediante raccomandata con avviso di ricevimento”, divenendo così il “mezzo”
della “posta mediante raccomandata con avviso di ricevimento” una forma legislativamente prevista- di notificazione degli atti suddetti).
Più in particolare, il quesito nella specie avrebbe dovuto contenere, tra le altre, la
suddetta precisione, in quanto, ove si trattasse di notifica effettuata a mezzo posta
(come peraltro sembrerebbe doversi desumere dal riferimento, nell’epigrafe del
motivo, alla 1. n. 890 del 1982) assumerebbe rilievo la giurisprudenza di questo
giudice di legittimità secondo la quale, con riguardo alle notificazioni a mezzo
posta, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante
la quale può essere notificato l’avviso di liquidazione o di accertamento senza

della concreta controversia (v. tra molte altre cass. n. 7197 del 2009 e n. 8463 del

intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni
concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati,
in quanto le disposizioni di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, attengono
esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 140 cod.
proc. civ., con la conseguenza che, difettando apposite previsioni della disciplina
postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica

l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato
a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c.,
superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa
nell’impossibilità di prenderne cognizione (cfr. cass. n. 9111 del 2012).
Anche il primo motivo è inammissibile (prima che infondato) per inadeguatezza
del relativo quesito di diritto.
Il suddetto motivo si conclude infatti col seguente quesito: “Dica questa Corte se
il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari risulti
essere nullo per violazione del principio del contraddittorio di cui agli artt. 101
c.p.c. e 111 secondo comma Cost. con riferimento sia alla controversia della
società sia alla controversia del socio, sia degli atti presupposti (avviso di
accertamento) che degli atti derivati (ruolo) da quest’ultimo”.
In tali termini il quesito non adempie alla propria funzione che, secondo la
giurisprudenza di questo giudice di legittimità, è quella di far comprendere alla
Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito (che quindi deve essere
comprensibile in maniera “autonoma” rispetto al motivo e deve essere inteso
come sintesi logico-giuridica della questione) quale sia l’errore di diritto
asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la regola da applicare. In particolare nella specie il
quesito risulta assolutamente inadeguato per carenza di specificità e mancanza

sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e

delle informazioni necessarie per consentire alla Corte di rispondere enunciando
un principio di diritto idoneo a decidere la questione sub iudice (v. tra molte altre
cass. n. 7197 del 2009 e n. 8463 del 2009, nonché SU n. 7257 del 2007 e SU n.
7433 del 2009).
Tanto premesso, il collegio rileva tuttavia che un eventuale difetto di integrità del
contraddittorio, ove sussistente, potrebbe (e dovrebbe) essere in ogni caso rilevato

eventuale difetto di integrità del contraddittorio con conseguente nullità del
processo potrebbe essere rilevato soltanto dal giudice dinanzi al quale il processo
medesimo pende, non da altro giudice, con la conseguenza che non questo giudice
ma solo il giudice dinanzi al quale pende il procedimento instaurato dalla società
avverso l’avviso alla medesima notificato potrà eventualmente dichiarare la nullità
di quel procedimento per difetto di integrità del contraddittorio, né, peraltro, un
difetto di integrità del contraddittorio potrebbe rilevarsi in relazione ad un
procedimento mai instaurato, quale quello concernente la mai proposta
impugnazione avverso l’avviso di accertamento prodromico alla cartella della cui
impugnazione si discute nell’attuale processo.
Restringendo pertanto a quest’ultimo processo l’indagine volta alla verifica
dell’eventuale difetto di integrità del contraddittorio, deve innanzitutto rilevarsi
che le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 14815 del 2008 hanno
affermato che l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle
dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art.
5 d.P.R. 917/8 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei
redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed
indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario
proposto, anche avverso un solo avviso rettifica, da uno dei soci o dalla società
riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi

anche d’ufficio da questo giudice, ed a tale proposito osserva innanzitutto che un

prospettino questioni personali, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte
dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente
ad alcuni soltanto di essi, non avendo infatti siffatta controversia ad oggetto una
singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della
fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato,
con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.

litisconsorzio necessario discende dalla unitarietà dell’accertamento che è alla
base della rettifica delle dichiarazioni delle società e dei relativi soci e pertanto
esso è configurabile solo nel procedimento che ha ad oggetto tale accertamento
(ossia l’impugnazione dell’avviso), non nel procedimento avverso atto esecutivo
(ruolo, cartella) successivo alla intervenuta defínitività dell’accertamento, in cui,
come nella specie, non è più possibile porre in discussione la precedente fase
accertativa. In sede di impugnazione della cartella da parte del socio un problema
di integrazione del contraddittorio potrebbe infatti ancora porsi solo se con
l’impugnazione della cartella venisse efficacemente posta in discussione la
definitività dell’avviso prodromico e quindi potesse nuovamente ridiscutersi
l’accertamento (circostanza nella specie non sussistente, attesa la decisione sul
precedente motivo), mentre le questioni esclusivamente attinenti l’esecuzione non
possono che riguardare il solo socio.
Anche il terzo motivo è inammissibile.
Nell’epigrafe del suddetto terzo motivo infatti si denuncia una violazione di legge
(“violazione e mancata applicazione dell’ad. 91 comma 1 c.p.c.”), ma si richiama
anche l’art. 360 n. 5 c.p.c. (che attiene invece al vizio di motivazione), mentre, nel
corpo del medesimo motivo, si deduce sostanzialmente l’omessa pronuncia su di
un motivo di censura proposto in appello (quindi un error in procedendo
denunciabile ai sensi del numero 4 dell’art. 360 citato).

Come è dunque evidente nella impostazione della richiamata sentenza, il

Tanto premesso, è sufficiente rilevare che secondo la giurisprudenza di questo
giudice di legittimità il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata,
delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, nel quale il singolo motivo assume
una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con
riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità
dal legislatore, e che la tassatività e la specificità del motivo di censura esigono

logiche di censura enucleate dal codice di rito (cfr. cass. n. 18202 del 2002).
Tuttavia, anche volendo prescindere dalla assoluta ambiguità della formulazione
del motivo (che in poche righe sembra riferirsi a tre diversi motivi di ricorso), è da
rilevare che nel motivo in esame manca del tutto il quesito di diritto (che sarebbe
richiesto in ipotesi di denuncia dei vizi di cui ai numeri 3 e 4 dell’art. 360 c.p.c.), e
manca comunque altresì l’indicazione richiesta dall’ultima parte dell’art. 366 bis
c.p.c. nell’ipotesi di denuncia del vizio di motivazione di cui al numero 5 del
citato articolo 360 c.p.c.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di
legittimità che liquida in E 400,00 per compensi oltre eventuali spese prenotate a
debito
Roma 28.11.2013

una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie

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