Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5351 del 18/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2022, (ud. 16/09/2021, dep. 18/02/2022), n.5351

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 37733-2019 proposto da:

D.F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

FRANCESCHINI 37, presso lo studio dell’avvocato CARLO RENDA,

rappresentato e difeso da sé stesso;

– ricorrente –

contro

INPS, – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

Direttore pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della

Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS (SCCI) SPA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, ANTONIETFA CORETEI,

LELIO MARITATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 662/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 14/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA

CALAFIORE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Catania, in riforma parziale della sentenza di primo grado, ha accolto limitatamente all’entità delle sanzioni applicate, l’opposizione ad avviso di pagamento proposta da D.F.A., avvocato iscritto all’albo svolgente in maniera non abituale attività libero professionale, per il versamento alla gestione separata dei contributi per i redditi percepiti nell’anno 2009;

la Corte territoriale, dopo aver confutato l’assunto del primo giudice relativo alla insussistenza dell’obbligo assicurativo in applicazione dei principi espressi da Cass. nn. 32166, 32167 del 2018 e 3799 del 2019, ha respinto l’eccezione di prescrizione proposta dall’appellato, affermando che alla data di ricevimento della richiesta di pagamento del 30 giugno 2015, il credito dell’Inps non era ancora prescritto, stante la decorrenza del dies a quo della prescrizione dalla data di scadenza del pagamento del saldo del 6 luglio 2010 (come previsto dal D.P.C.M. 10 giugno 2010) e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2009, venuta a scadenza il 30 settembre dell’anno successivo;

la Corte ha pure rilevato, accogliendo l’eccezione dell’appellato, che le sanzioni da applicare dovessero essere quelle previste dalla L. n. 388 del 2000, art. 11, comma 8, lett. b) in quanto la mera mancata compilazione del quadro RR (relativo agli importi dovuti a titolo di contributi previdenziali sul reddito da lavoro autonomo) nella dichiarazione dei redditi non configuri una ipotesi di evasione ma bensì di omissione contributiva;

la cassazione della sentenza è domandata da D.F.A. sulla base di tre motivi, illustrati da successiva memoria: 1) violazione e o falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 26, commi 25 e 26, e della L. n. 111 del 2011, art. 18 essendo insussistenti i presupposti per l’iscrizione; 2) violazione e o falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, sesto periodo conv. in L. n. 326 del 2004, in quanto l’eventuale obbligo contributivo avrebbe dovuto ritenersi solo sul reddito eccedente la fascia di esenzione dei 5000 Euro annui; 3) violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. relativamente al decorso della prescrizione ed alla inefficacia della fonte regolamentare costituita dal D.P.C.M. al fine di spostare il dies a quo del decorso del termine di prescrizione, nonché alla estraneità del professionista al novero dei contribuenti interessati dalla disciplina dei cd. studi settore; l’Inps ha depositato tempestivo controricorso;

con successivo ricorso, da qualificarsi incidentale, l’INPS ha impugnato la sentenza lamentando la violazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lett. a) e b);

e’ stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

osserva il Collegio come il motivo di ricorso incidentale ponga la questione concernente il regime sanzionatorio da applicare nel caso in cui l’avvocato, non tenuto a versare il contributo soggettivo alla Cassa Forense, abbia omesso il versamento dei contributi alla Gestione separata INPS in relazione al reddito prodotto;

in tema di evasione ed omissione contributiva previdenziale ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 116, la Corte ha osservato come “ricorr(a) la prima ipotesi quando il datore di lavoro ometta di denunciare all’INPS rapporti lavorativi in essere e relative retribuzioni corrisposte, mentre va ravvisata la seconda, più lieve, qualora l’ammontare dei contributi, di cui sia stato omesso o ritardato il pagamento, sia rilevabile dalle denunce o registrazioni obbligatorie” (così Cass. n. 5281 del 2017 e Cass. n. 17119 del 2015);

il caso esaminato, in particolare, da Cass. n. 5281 del 2017 cit. riguardava quello di un datore di lavoro che, malgrado l’esecutività della sentenza dichiarativa dell’obbligo di reintegra di lavoratori in precedenza licenziati, non si era attivato presso l’INPS per provvedere alla loro regolarizzazione;

la vicenda concreta valutata da Cass. n. 17119 del 2015 ha riguardato, invece, un datore di lavoro che, pur avendo tenuto regolari scritture contabili, aveva omesso la presentazione dei modelli DM10 per periodi particolarmente lunghi, anche superiori ai tre anni, nonché l’invio delle denunzie riepilogative annuali, modello 770;

in precedenza, già Cass. n. 28966 del 2011 (con i richiami effettuati a Cass., sez. un., n. 4808 del 2005, e ai successivi arresti della Corte) aveva osservato come “in tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali ed assistenziali, l’omessa o infedele denuncia mensile all’Inps (attraverso i cosiddetti modelli DM10) di rapporti di lavoro o di retribuzioni erogate, ancorché registrati nei libri di cui è obbligatoria la tenuta, concretizza(sse) l’ipotesi di “evasione contributiva” di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lett. b), e non la meno grave fattispecie di “omissione contributiva” di cui alla lett. a), della medesima norma, che riguarda le sole ipotesi in cui il datore di lavoro, pur avendo provveduto a tutte le denunce e registrazioni obbligatorie, ometta il pagamento dei contributi, dovendosi ritenere che l’omessa o infedele denuncia configuri occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e faccia presumere l’esistenza della volontà datoriale di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti; conseguentemente, grava sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, onere che non può tuttavia reputarsi assolto in ragione della avvenuta corretta annotazione dei dati, omessi o infedelmente riportati nelle denunce, sui libri di cui è obbligatoria la tenuta”;

nella motivazione dell’ultima pronuncia richiamata, si chiarisce che ” A mente della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lett. a) (…) si avrà l’ipotesi dell’evasione laddove vi sia: – occultamento di rapporti di lavoro ovvero di retribuzione erogate; – tale occultamento sia stato attuato con l’intenzione specifica di non versare i contributi o i premi, ossia con un comportamento volontario finalizzato allo scopo indicato” (v. Cass. n. 28966 cit., 5 7.) e, altresì, che la presunzione della volontà di sottrarsi al versamento dei contributi dovuti (connessa all’omessa o infedele denuncia mensile all’Inps, attraverso i modelli DM10), in quanto non assoluta, possa essere vinta attraverso l’allegazione e prova di circostanze dimostrative dell’assenza del fine fraudolento (ad esempio, qualora gli inadempimenti siano derivati da mera negligenza o da altre circostanze contingenti) e “il relativo accertamento, tipicamente di merito, resterà, secondo le regole generali, intangibile in sede di legittimità” (Cass. n. 28966 cit., p. 7.4.); due pronunce di questa sesta sezione (Cass. n. 28700 del 2020 e Cass. n. 8110 del 2021), richiamando i precedenti fin qui citati, hanno ritenuto applicabile a fattispecie sovrapponibili a quella oggetto di causa il regime sanzionatorio dell’evasione contributiva;

reputa, tuttavia, il Collegio che la questione sollevata dall’INPS non abbia ancora trovato definitivo assetto nella giurisprudenza di questa Corte e che, pertanto, la decisione sul punto rivesta valore nomofilattico;

la causa va, pertanto, rimessa alla Quarta Sezione, non sussistendo i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c. per la decisione in adunanza camerale presso la Sesta Sezione.

P.Q.M.

La Corte rimette la causa alla Quarta Sezione.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 16 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

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