Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 535 del 14/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/01/2021, (ud. 15/09/2020, dep. 14/01/2021), n.535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5611/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

CEM s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via F. Confalonieri n. 5, presso

lo studio dell’avv. Luigi Manzi, che la rappresenta e difende,

unitamente all’avv. Luigi Bonomi, giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 142/45/13, depositata il 22 ottobre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 settembre

2020 dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 142/45/13 del 22/10/2013, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto da CEM s.p.a. (di seguito CEM) avverso la sentenza n. 164/03/12 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva respinto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso l’atto di irrogazione sanzioni in materia di IVA per l’anno 2005;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR, le sanzioni erano state comminate in ragione della trasmissione, a società di leasing, di alcune dichiarazioni di intento relative all’acquisizione di tre fabbricati indebitamente eseguite senza pagamento d’imposta ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 8, comma 1, lett. c);

1.2. su queste premesse, la CTR motivava l’accoglimento dell’appello della società contribuente osservando che: a) il leasing immobiliare “costituisce una “prestazione di servizi” durante la vigenza del relativo contratto”; b) non essendosi ancora verificato il trasferimento degli immobili al momento del pagamento dei singoli canoni, non si era verificata alcuna cessione in proprietà alla CEM del bene goduto, sicchè quest’ultima aveva diritto al beneficio previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. c), indipendentemente dalla qualificazione del contratto come leasing traslativo;

2. l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

3. CEM resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. c), evidenziando che le cessioni di fabbricati e di aree fabbricabili non possono formare oggetto di valida lettera di intenti ai fini del beneficio previsto dalla menzionata disposizione e tale divieto ricomprenderebbe anche le operazioni di leasing traslativo, come quelle oggetto del presente giudizio;

2. il motivo è fondato per le considerazioni che seguono;

2.1. ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. c), costituiscono cessioni all’esportazione le cessioni “di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili, e le prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all’esportazione od operazioni intracomunitarie, si avvalgono della facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza pagamento dell’imposta”;

2.1.1. le cessioni dei menzionati beni (esclusi i fabbricati o le aree fabbricabili) e le prestazioni di servizi possono essere effettuate senza pagamento dell’IVA, previa presentazione di regolari lettere d’intento e purchè si rientri nei limiti del cd. plafond (fisso o mobile) maturato nell’anno precedente (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 2);

2.2. nel caso di specie, la CTR sostiene che l’acquisizione in leasing dei fabbricati da parte della società contribuente, che ha presentato regolari lettere d’intento, rientrerebbe nel regime del plafond: il leasing immobiliare sarebbe, infatti, qualificabile come prestazione di servizi e non già come cessione di fabbricati o aree fabbricabili, come tale sottratta al menzionato regime;

2.3. orbene, secondo un recente orientamento della S.C., “in materia d’IVA, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, lett. c), l’utilizzatore ha diritto al rimborso dell’eccedenza detraibile d’importo superiore ad Euro 2.582,28, assolta relativamente a beni ammortizzabili detenuti in virtù di contratto di leasing, in quanto tale operazione deve essere equiparata, per detto utilizzatore, all’acquisto di un “bene d’investimento” anche prima dell’esercizio del diritto di riscatto, conformemente all’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia nelle sentenza del 2 luglio 2015 in C-209/2014 e del 16 febbraio 2012 in C-118/2011″ (Cass. n. 20951 del 16/10/2015, conf. Cass. n. 12457 del 10/05/2019);

2.3.1. sebbene il menzionato orientamento riguarda altra fattispecie (condizioni per il rimborso dell’eccedenza detraibile), le conclusioni raggiunte dalla Corte in ordine alla natura del leasing hanno portata generale e rilevano anche nella fattispecie che ci occupa, nella quale si tratta di stabilire se con i contratti di leasing per cui è causa CEM abbia acquisito i fabbricati per cui è causa ovvero soltanto una prestazione di servizi: in quest’ultimo caso, infatti, l’acquisizione di servizi da parte delle società di leasing implicherebbe l’applicazione del menzionato regime di sospensione d’imposta; nel primo caso, invece, il predetto regime sarebbe escluso, trattandosi di cessione di fabbricati o aree fabbricabili, con conseguente assoggetta bilità ad IVA;

2.4. come chiarito da Cass. n. 20951 del 2015, cit., il termine “acquisto” utilizzato dal legislatore è un termine “neutro”, impiegato per l’acquisizione sia di un titolo di proprietà, sia di servizi resi dall’obbligato: lo stesso legislatore si riferisce all’acquisto ed alla vendita di beni con riserva di proprietà (“cessioni di beni”), per i quali non si è verificata la traslazione del diritto reale;

2.4.1. inoltre, nel sistema della legge italiana sull’IVA, da un lato, vi sono casi in cui si ha una “cessione di beni” imponibile, anche se non si è verificato il trasferimento di proprietà (si pensi alle vendite con riserva di proprietà, nonchè alle locazioni con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti: del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 2, nn. 1 e 2); dall’altro, vi sono casi in cui, pur sussistendo un trasferimento civilistico di proprietà, non vi è “cessione di beni” imponibile (si pensi all’elenco contenuto nel medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3);

2.4.2. occorre, pertanto, valutare se, all’interno del sistema della legge, il leasing di un bene (nella specie, immobile) sia annoverabile tra gli acquisti di “beni” (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2) o tra gli acquisti di “servizi” (del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3), posto che le cessioni di fabbricati e aree fabbricabili sono escluse dal regime del plafond e, quindi, non possono essere oggetto di valida lettera d’intenti;

2.4.3. il problema nasce dal fatto che, da un lato, l’utilizzatore non è obbligato ad esercitare l’opzione di acquisto e, quindi, non ricorre l’ipotesi di clausola di trasferimento della proprietà “vincolante per ambedue le parti” prevista dal citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 2, n. 2, per le “cessioni di beni” (vedi anche l’art. 5, p. 6, della direttiva n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977 e l’art. 16 della direttiva n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006) e, dall’altro, la concessione in leasing non integra l’ipotesi di vendita con riserva di proprietà (nè quella di locazione con clausola di futura vendita);

2.4.4. deve poi constatarsi che il leasing, in base al sistema del D.P.R. n. 633 del 1972 sembra assimilabile, almeno in linea di principio, alle “prestazioni di servizi”, come si desume ad esempio, anche testualmente, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 1, lett. e), e art. 16, comma 3: sia che tale conclusione si basi sul del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 2, n. 1 (prestazione di servizi verso corrispettivo per “concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili”, come riconosce la maggioranza della dottrina; come può, inoltre, ricavarsi dalle norme appena citate, in cui si utilizza, significativamente, l’espressione “locazione, anche finanziaria”; e come, infine, può argomentarsi dalla similitudine con la fattispecie di locazione con opzione di riscatto da parte del locatario), ovvero si basi sulla generica e residuale previsione del citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1 (prestazione di servizi verso corrispettivo dipendente “in genere da obbligazioni di fare, di non fare di permettere quale ne sia la fonte”);

2.5. circa la riconduzione del leasing immobiliare, prima dell’esercizio del riscatto, tra le prestazioni di servizi, si è più volte espressa questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. n. 23329 del 15/10/2013);

2.5.1. anche la Corte di giustizia, in varie occasioni, aveva in passato ricondotto il leasing, in generale, ad una prestazione di servizi (ex plurimis, CGUE 21 febbraio 2008, in causa C-425/6, Part. service; che richiama, al punto 61, CGUE 21 marzo 2002, in causa C-451/99, Cura Anlagen, nonchè CGUE 11 settembre 2003, in causa C-155/01, Cookies World);

2.6. peraltro, osserva sempre Cass. n. 20951 del 2015, cit., occorre prendere atto che la funzione del leasing, nella maggioranza dei casi (cioè nella sua tipizzazione sociale) è, invece, proprio quella di fornire all’utilizzatore la disponibilità economica (con i connessi rischi) del bene oggetto del contratto, in modo analogo ad un proprietario;

2.6.1. nell’interpretazione della norma nazionale (in tema di imposta armonizzata) deve, allora, assumersi come criterio dominante la ratio desumibile dalle direttive Eurounitarie (improntate a criteri di effettività e di prevalenza della sostanza sulla forma);

2.6.2. l’art. 5, p. 1, della sesta direttiva e l’art. 14, p. 1, della direttiva n. 2006/112/CE fanno riferimento, infatti, per identificare la “cessione di beni”, al trasferimento non della disponibilità giuridica del bene (come invece, tendenzialmente e salve alcune eccezioni specifiche, fa la normativa italiana sull’IVA), ma della disponibilità economica del bene stesso (“trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario”);

2.6.3. ne deriva che, sotto tale profilo, l’acquisto in leasing da parte del lessee (il quale dispone materialmente, analogamente al proprietario, del bene e se ne assume i rischi) deve ritenersi equiparato, ai fini fiscali, all’acquisto derivante dalla cessione del bene;

2.6.4. in altri termini, la ratio della direttiva – intesa a riportare l’operazione del lessee ad un acquisto di beni (e non di servizi) – fa emergere una lacuna nella normativa italiana, che non regola espressamente l’ipotesi di leasing ai fini della sottoponibilità del canone della locazione finanziaria corrisposto per l’acquisizione di fabbricati o aree fabbricabili al regime del plafond,

2.6.5. in difetto di una disciplina specifica, la lacuna può essere colmata in via analogica, tenuto conto che – per quanto sopra rilevato – l’utilizzatore effettua un investimento economico nel bene immobile equiparabile all’acquisto, con conseguente impossibilità di beneficiare del regime di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 2;

2.6.6. si tratta di estensione analogica non vietata, perchè le ragioni che escludono dal regime della sospensione di imposta di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. c), l’acquisto di beni immobili sono le medesime che inducono ad escludere anche il leasing immobiliare, che implica in ogni caso un’acquisizione di beni, lato sensu intesa;

2.6.7. del resto, si tratta di un esito interpretativo in qualche modo imposto dall’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia che, abbandonando la qualificazione del leasing come prestazione di servizi, ha più di recente affermato che: a) “nell’ipotesi in cui il contratto di leasing relativo ad un immobile preveda o il trasferimento di proprietà al conduttore alla scadenza di tale contratto, o che il conduttore disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà di detto immobile, segnatamente che gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale di quest’ultimo e che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene, l’operazione risultante da un siffatto contratto deve essere equiparata a un’operazione di acquisto di un bene di investimento” (CGUE 2 luglio 2015, in causa C-209/14, NLB Leasing d.o.o. contro Republika Slovenija); b) “nell’ipotesi in cui un contratto di leasing relativo ad un autoveicolo preveda o il trasferimento di proprietà di tale veicolo al locatario alla scadenza del contratto di cui trattasi, o che il locatario disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà di detto veicolo, segnatamente che gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale di quest’ultimo e che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene, l’operazione deve essere equiparata all’acquisto di un bene di investimento” (CGUE 16 febbraio 2012, in causa C118/11, Eon Aset Menidjmunt).

2.7. la prima di dette decisioni, che vale a consolidare definitivamente l’orientamento del 2012 ed a superare quello precedente (e di cui si è dato atto al p. 251.), si risolve in uno ius superveniens di cui questa Corte deve tenere conto, con conseguente fondatezza del motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate;

2.8. va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: “il contratto di leasing avente ad oggetto un fabbricato o un’area fabbricabile implica il trasferimento all’utilizzatore della disponibilità economica dell’immobile ed è, pertanto, equiparabile all’acquisto di beni e non già all’acquisizione di servizi; ne consegue l’inapplicabilità del regime di sospensione di imposta di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 2, giusta l’esclusione di cui al comma 1, lett. c), della menzionata disposizione”;

3. con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, evidenziandosi che la CTR avrebbe insistito sulla circostanza che il leasing configuri una prestazione di servizi senza prendere posizione sulla natura traslativa dei rapporti stipulati dalla società contribuente;

4. il motivo resta assorbito in ragione dell’accoglimento del primo motivo;

5. in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va, dunque, cassata con riferimento al motivo accolto e, non essendovi ulteriori questioni di diritto da esaminare, la causa può essere decisa nel merito, con conseguente rigetto dell’originario ricorso del contribuente;

5.1. la peculiarità della questione di diritto affrontata e le oscillazioni giurisprudenziali giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto da CEM s.p.a.; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

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