Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5349 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5349 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CETUS S.P.A.,

in persona dell’amministratore unico pro

tempore, rappresentata e difesa per procura a margine
del ricorso dall’Avv.Luigi Sabatini presso il cui
studio in Roma, p.zza Crati n.20 è elettivamente
domiciliata
-ricorrente-

33s9
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi n.12 presso gli Uffici dell’Avvocatura
Generale dello Stato che la rappresenta e difende
-controricorrente-ricorrente incidentale

Data pubblicazione: 07/03/2014

avverso la sentenza n.93/36/07 della Commissione
Tributaria Regionale del Lazio, depositata il
12.6.2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27.11.2013 dal Consigliere Roberta

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.Federico Sorrentino che ha chiesto il
rigetto del ricorso principale e l’accoglimento, per
quanto di ragione, del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Roma, con
avviso di accertamento emesso nei confronti di CETUS
s.p.a., riprendeva a tassazione (ai fini Irpeg, Ilor e
TSS per l’anno di imposta 1994) ritenendole indebite:
le deduzioni di perdita su credito, di compensi erogati
ai consiglieri di amministrazione, di canoni di leasing
e di costi aziendali.
Il ricorso proposto dalla Società avverso l’atto
impositivo veniva integralmente accolto dall’adita
C.T.P., ma, la decisione, appellata dall’Agenzia delle
Entrate, veniva parzialmente riformata, con la
sentenza indicata in epigrafe dalla C.T.R. del Lazio
la quale rideterminava l’imponibile in euro 614.567,22
(rispetto a quello accertato di euro 774.443, 13).
In particolare,i Giudici territoriali respingevano
i motivi di appello relativi alla deducibilità dei
compensi degli amministratori (siccome, anche se non
deliberati dall’assemblea, inerenti alla gestione
dell’impresa) e dei canoni di locazione finanziaria
(perché effettuata in conformità al piano finanziario
della locatrice) ed accoglievano i motivi relativi al
passaggio a perdite del credito (ritenuto
2

Crucitti;

ingiustificato sulla base della sola comunicazione, da
parte del professionista all’uopo incaricato, di
inesperibilità della procedura esecutiva) ed alla
deduzione di costi aziendali (non avendoli la Società
documentati nel corso del procedimento impositivo né in
quello contenzioso).
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per
cassazione, affidato a due motivi, Cetus s.p.a.

Entrate la quale ha, altresì, proposto ricorso
incidentale, affidato ad unico motivo e resistito con
controricorso dalla contribuente.

moTrvI

DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo -rubricato

violazione o

falsa applicazione di norme di legge:art.360 n.3 c.p.c.
in relazione all’art.66 TUIR –

la ricorrente, nel

ribadire tutte le argomentazioni già svolte nel corso
dei precedenti gradi di giudizio in ordine alla
documentata irrecuperabilità del credito portato a
perdita (impossibilità di notificare il precetto per
irreperibilità della società debitrice e del suo
amministratore), deduce che la perdita era, quindi,
caratterizzata dai requisiti (di certezza e precisione)
richiesti dall’art.66 T.U.I.R. onde l’errore cui era
incorsa la C.T.R. nell’avere ritenuto che fosse
necessario esperire, a tal fine, una procedura
concorsuale.
1.1.11 motivo va rigettato per inconducenza
rispetto al decisum. Contrariamente all’assunto della
ricorrente e per come evincibile dalla lettura della
sentenza impugnata, la Commissione tributaria di
appello non ha subordinato il riconoscimento della
deduzione esclusivamente alla dichiarazione di
fallimento ma ha affermato che, al fine di verificare
la sussistenza dei requisiti di cui all’art.66 TUIR,
non era sufficiente la produzione della missiva inviata
dall’avvocato incaricato del recupero del credito, sia
perché comunicazione di parte sia perché, tutt’al più,

3

Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle

attestante la mancanza di convenienza economica
dell’azione esecutiva e, non anche, l’insolvenza del
debitore.
In materia questa Corte ha più volte enunciato il
principio per cui: “in tema di imposte sui redditi, non
è necessario, al fine di ritenere deducibili le perdite
sui crediti quali componenti negative del reddito
d’impresa, che il creditore fornisca la prova di
dichiarazione giudiziale dell’insolvenza del debitore
e, quindi, l’assoggettamento di costui ad una procedura
concorsuale, essendo sufficiente che tali perdite
risultino documentate in modo certo e preciso, atteso
che secondo il disposto dell’art. 66, comma terzo, del
d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, le perdite sono
deducibili, oltre che se il debitore è assoggettato a
procedure concorsuali, quando, comunque, risultino da
elementi certi e precisi; la sussistenza di tali
requisiti costituisce oggetto di accertamento in fatto
riservato al Giudice di merito. (cfr tra le altre Cass.
n. 23863 del 19/11/2007). Nella specie, l’accertamento
in fatto compiuto al proposito dalla C.T.R. (in ordine
alla mancata prova della sussistenza di tali requisiti)
non ha formato oggetto di idonea censura sotto il
profilo di vizio motivazionale.
Ne consegue il rigetto del motivo.
2.Con il secondo motivo -rubricato

violazione o

falsa applicazione di legge art.360 n.3 c.p.c. in
relazione all’art.32 d.p.r.600/73 co. ter ed all’art.21
d.p.r. 633/72

la ricorrente, premesso di non avere

aderito alla richiesta di cui al mod. 55 di
documentazione di tutti i costi dell’impresa diversi
dalle merci perché ciò avrebbe comportato un
ingiustificato e notevole onere amministrativo, deduce
che tutta la documentazione richiesta era già stata
esaminata in sede di verifica dagli agenti della
Guardia di Finanza, come risultava pacificamente dal
processo verbale di constatazione.

4

essersi positivamente attivato per conseguire una

A conclusione dell’illustrazione del motivo sono
articolati i seguenti quesiti: “se sia corretta o falsa
l’applicazione dell’art.32 d.p.r. 600/73 operata dalla
CTR laddove fa discendere dalla mancata esecuzione di
un mod.55 l’azzeramento di tutti i costi aziendali
diversi dalle merci”; “se, per quanto stabilito
dall’art.21 d.p.r. 633/72 la fattura è documento di per
sé idoneo a documentare un costo dell’impresa e, se in
finanziaria l’onere di contestare la veridicità
dell’operazione”.
2.1. Il motivo non merita accoglimento. In materia
di accertamento dei redditi di impresa costituisce
principio consolidato che l’onere di dimostrare
l’esistenza dei fatti che determinano la sussistenza di
costi ed oneri deducibili nonché la presenza dei
requisiti previsti dall’art.109 d.pr. 917/86 spetta al
contribuente. Da ciò consegue che spettava al
contribuente, il quale aveva omesso di rispondere al
questionario, comprovare l’effettività e l’inerenza dei
costi dedotti. Né tale omissione appare giustificabile
alla luce della paventata difficoltà materiale alla
produzione documentale costituendo onere del
contribuente, ai sensi dell’art.22 d.p.r. 600/73, la
conservazione delle scritture contabili nonché dei
documenti relativi ai singoli affari sino al momento
della definizione degli accertamenti.
3.Con

unico

articolato

motivo

di

ricorso

incidentale, afferente violazione di legge ai sensi
dell’art.360

n.

3

c.p.c.,

l’Agenzia

dell’Entrate

censura la sentenza, in primo luogo, per avere
ritenuto che la misura della deducibilità dei canoni di
leasing dipendesse dal piano di ammortamento
finanziario e che la determinazione dell’importo
deducibile fosse “indipendente dal tempo trascorso
nell’anno di competenza” in quanto rilevava unicamente
“l’entità monetariamente corrisposta nell’anno di
riferimento”.

5

ipotesi di contestazione, incomba all’amministrazione

Secondo la prospettazione difensiva, invece, tale
decisione viola i principi generali per la
determinazione del reddito di impresa indicando
l’art.67 TUIR delle regole specifiche per il regime
fiscale dei canoni di locazione finanziaria che,
comunque, andavano integrate con i principi generali
ed, in particolare, con il principio di competenza di
cui all’art.75 TUIR.

specie, la contribuente (la quale aveva stipulato un
contratto di leasing della durata di 36 mesi a partire
dal 1994) non poteva, come fatto, dedurre l’intero
importo versato nell’anno ma avrebbe dovuto imputare
all’anno 1994 esclusivamente l’importo corrispondente
ai canoni dovuti per l’utilizzo del bene nel periodo di
riferimento, maggiorati della spesa sostenuta per il
canone anticipato, nella misura imputabile pro quota a
ciascuno dei mesi di durata del contratto.
3.1 n motivo è infondato.
3.2 Secondo la giurisprudenza, ormai risalente,

di

questa Corte, ai fini dell’IRPEG sui redditi
d’impresa e con riguardo ai costi per beni
conseguiti in locazione finanziaria, nel vigore
del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 74 come
pure della L. n. 549 del 1995, i canoni
corrisposti anticipatamente non erano interamente
contabilizzabili nell’esercizio di competenza.
Infatti, pur in mancanza di una norma espressa,
tale principio, successivamente esplicitato dal
D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67 era ricavabile
dalla stessa interpretazione sistematica del
medesimo D.P.R. n. 597 del 1973, artt. 68, 71 e
art. 74, comma l (V. pure Cass. Sentenze n. 8139
del 05/06/2002, n. 10147 del 2000). Inoltre si
riteneva al riguardo che non era consentito
all’imprenditore computare tra i costi
dell’esercizio un canone iniziale, relativo al
contratto di leasing, maggiorato rispetto ai

6

Da ciò conseguiva, sempre per la ricorrente, che, nella

successivi, atteso che – essendo quello di leasing
un

negozio

in

cui

la

periodicita’

delle

prestazioni si correla alla utilizzazione
frazionata del bene nei singoli esercizi – la
maggiorazione del canone stesso anticipava nel
tempo le spese di competenza degli esercizi
successivi, nei quali i correlativi ricavi
venivano prodotti (Cfr. anche Cass. Sentenze n.

3.3 Tutto cio’ premesso, questa Corte con sentenza
n.9559 del 2011 ha precisato, tuttavia, che “dal
1995 in poi tale sistema di locazione finanziaria
ha subito una radicale trasformazione, a seguito
dell’innovazione introdotta al riguardo dalla L.
n. 549 del 1995, c.d. finanziaria del 1996,
applicabile nella specie, secondo cui ex art. 3,
commi 103, lett. c) e 109 nel caso in esame deve
applicarsi il c.d. metodo finanziario adottato
dall’impresa secondo il piano di ammortamento
previsto nel conto economico, con la conseguente
deducibilita’ del maxicanone corrisposto col
pagamento della prima rata da parte del detentore,
e cioe’ secondo il criterio di competenza, come
nella specie. Infatti la normativa al riguardo
chiaramente sancisce che “… la disposizione
della lett. c) del medesimo comma 103 si applica
per i beni consegnati a decorrere dal periodo di
imposta per il quale il termine per la
presentazione della dichiarazione dei redditi
scade successivamente alla data di entrata in
vigore della presente legge;per i periodi di
imposta precedenti sono fatti salvi gli effetti
derivanti dall’applicazione del criterio previsto
dalla predetta lett. c) e delle disposizioni di
cui alla lett. e) del medesimo coma 103. Per i
contratti di locazione finanziaria relativi a beni
il cui ammortamento sia iniziato anteriormente al
predetto periodo di imposta, ai fini del computo

7

7209 del 05/08/1997, n. 3023 del 1996).

del limite previsto dall’art. 71 del citato testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con
D.P.R. n. 917 del 1986, si considerano anche i
crediti

impliciti

su

tali

contratti,

se

l’ammortamento di detti beni e’ computato con i
criteri introdotti dalla lett. c) del comma
103…Per i periodi di imposta precedenti sono
fatti

salvi

gli

effetti

derivanti

diversi da quello previsto da tale disposizione”.
La C.T.R. ha, pertanto, alla luce di detti principi,
cui si ritiene dare continuità, correttamente applicato
la normativa di riferimento, laddove il riferimento
operato in ricorso all’art.75 TUIR, oltre a non essere
stato compiutamente esplicitato, appare errato laddove
la stessa norma prevede l’applicabilità delle sue
disposizioni “ai ricavi, le spese e gli altri
componenti per i quali le precedenti norme non
dispongono diversamente”.
3.4. .In secondo luogo, la sentenza viene censurata
per avere ritenuto la correttezza della deducibilità
dei compensi degli amministratori.
In

materia

di

determinazione

del

compenso

all’amministrazione sono intervenute le Sezioni Unite
di questa Corte, con la sentenza n.21933 del
29/08/2008, affermando il principio cui il Collegio
ritiene di adeguarsi per cui “con riferimento alla
determinazione della misura del compenso degli
amministratori di società di capitali,
dell’art. 2389, primo comma cod. civ.,

ai sensi
(nel testo

vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto,
di cui al d.lgs. n. 6 del 2003), qualora non sia
stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita
delibera assembleare, che non può considerarsi
implicita in quella di approvazione del bilancio,
attesa: la natura imperativa e inderogabile della
previsione normativa, discendente dall’essere la
disciplina del funzionamento delle società dettata,

8

dall’applicazione dei criteri adottati anche se

anche, nell’interesse pubblico al regolare svolgimento
dell’attività economica, oltre che dalla previsione
come delitto della percezione di
previamente

deliberati

compensi

dall’assemblea

(art.

non
2630,

secondo comma cod. civ., abrogato dall’art. 1 del
d.lgs. n. 61 del 2002); la distinta previsione delle
delibera di approvazione del bilancio e di quella di
determinazione dei compensi (art. 2364 n. l e 3 cod.

responsabilità di gestione, nel caso di approvazione
del bilancio

(art.

2434

cod.

civ.);

il diretto

contrasto delle delibere tacite ed implicite con le
regole di formazione della volontà della società (art.
2393, secondo comma,

cod.

civ.). Conseguentemente,

l’approvazione del bilancio contenente

la posta

relativa ai compensi degli amministratori non è idonea
a configurare la specifica delibera richiesta dall’art.
2389 cit., salvo che un’assemblea convocata solo per
l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non
abbia espressamente discusso e approvato la proposta di
determinazione dei compensi degli amministratori”.
La CTR

dando per scontato l’effettivo svolgimento
/
dell’attività gestoria e, conseguentemente, solo per
questo la deducibilità dei relativi costi, a
prescindere dalla sussistenza di tali necessari
presupposti (preventiva delibera assembleare per il
compenso dell’amministratore) onde conferire certezza
alla spesa dedotta si è discostata dai superiori
principi.
Ne consegue, la cassazione su tale capo della sentenza
impugnata ed il rinvio al Giudice del merito perché
proceda, alla luce dei superiori principi, ad un nuovo
esame sul punto con nuova determinazione del reddito
imponibile.
In conclusione, rigettato il ricorso principale ed in
parziale accoglimento del ricorso incidentale, la
sentenza impugnata va cassata con rinvio a diversa
sezione della Commissione tributaria regionale del

9

civ); la mancata liberazione degli amministratori dalla

C.SENTE DA .?T_EGI,STP,AZIONE
AI SENSI MI
N.131 TA. ALL – N. i
MATERIA TRIZUJARIA

Lazio che provvederà anche al regolamento delle spese
processuali di questo grado di giudizio.
P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi,

rigetta il ricorso

principale e, in parziale accoglimento del ricorso
incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche

grado, a diversa sezione della Commissione tributaria
regionale del Lazio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
27.11.2013.

per il regolamento delle spese processuali di questo

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