Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5344 del 02/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 02/03/2017, (ud. 08/07/2016, dep.02/03/2017),  n. 5344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7370 – 2012 R.G. proposto da:

D.E., – c.f. (OMISSIS) – rappresentata e difesa in virtù di

procura speciale a margine del ricorso dall’avvocato Jolanda Grillo

Nicolaci ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Tuscolana,

n. 1178, presso lo studio dell’avvocato Nelide Caci;

– ricorrente –

contro

D.G., – c.f. (OMISSIS) – F.C. – c.f.

(OMISSIS) – F.G. – c.f. (OMISSIS) –

F.V.E. – c.f. (OMISSIS) – D.M. – c.f. (OMISSIS) –

rappresentati e difesi dall’avvocato Giuseppe Piazza in virtù di

procura speciale – i primi quattro – in calce al controricorso ed –

il quinto – per notar F.F. del (OMISSIS), tutti

elettivamente domiciliati in Roma, alla via Parigi, n. 11, presso lo

studio dell’avvocato Francesco Sotis;

– controricorrenti –

e

D.S.;

– intimato –

Avverso la sentenza n. 1253 dei 23.9/7.10.2011 della corte d’appello

di Palermo, Udita la relazione della causa svolta all’udienza

pubblica dell’8 luglio 2016 dal consigliere dott. Luigi Abete;

Udito l’avvocato Elisabetta Marini, per delega dell’avvocato Giuseppe

Piazza, per i controricorrenti;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto notificato in data 24.9.1992 G., S., R. e D.F. citavano a comparire innanzi al tribunale di Agrigento la sorella E..

Deducevano che il (OMISSIS) era deceduto in (OMISSIS) lo zio ex patre, D’.Em.; che costui con testamento olografo apparentemente di suo pugno ed in data 25.3.1992 aveva istituito quale sua unica erede la convenuta; che nondimeno la scheda testamentaria era apocrifa ed era stata redatta allorchè il testatore era già gravemente ammalato e versava dunque in stato di incapacità di intendere e di volere; che la data del 25.3.1992 era in ogni caso fittizia.

Chiedevano che l’adito giudice dichiarasse la nullità ovvero annullasse il testamento.

Si costituiva D.E.; instava per il rigetto delle avverse domande. Spiegavano volontario intervento M., O. ed D’.El., germani del de cuius, che aderivano alle richieste attoree.

Espletata c.t.u. grafologica, acquisita la consulenza tecnica di parte redatta nell’interesse della convenuta, con sentenza n. 464/2005 il tribunale adito rigettava le domande, dichiarava l’autenticità del testamento e condannava gli attori alle spese di lite.

Interponevano appello D.G., D.S., F.G., F.C., F.V.E. e D.M..

Resisteva D.E..

Con sentenza n. 1253 dei 23.9/7.10.2011 la corte d’appello di Palermo accoglieva il gravame, dichiarava la nullità del testamento olografo e condannava l’appellata alle spese del doppio grado.

Esplicitava – la corte – che alla luce degli esiti della consulenza tecnica d’ufficio disposta in primo grado doveva escludersi che la scheda testamentaria fosse autografa; altresì che le difficoltà di incedere della grafia non potevano essere ricondotte a cause patologiche, atteso che, siccome aveva evidenziato la meticolosa e rigorosa indagine del consulente, tali manifestazioni erano particolarmente elevate e frequenti; infine che era irrilevante la circostanza che il testo della scheda testamentaria fosse particolarmente esteso.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso D.E.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni susseguente pronuncia in ordine alle spese di lite.

D.G., F.C., F.G., F.V.E. e D.M. hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

D.S. non ha svolto difese.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Con ordinanza dei 5.10/30.11.2015 questa Corte, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 3, ha assegnato alle parti ed al pubblico ministero termine di trenta giorni dalla comunicazione della medesima ordinanza ai fini del deposito di osservazioni scritte in ordine alle quaestiones – rilevate ex officio – nella parte motiva dell’ordinanza anzidetta meglio esplicitate.

La ricorrente ha atteso in data 29.12.2016 al deposito delle proprie osservazioni.

Parimenti i controricorrenti hanno depositato il 21.12.2016 le loro osservazioni.

Il Pubblico Ministero non ha depositato osservazioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” (così ricorso, pag. 5).

Deduce che la corte di merito ha del tutto pretermesso l’esame della consulenza tecnica di parte a firma del professor i.F. che ha reputato “totalmente destituita di fondamento tecnico e di attendibilità la relazione del prof. S.” (così ricorso, pag. 5), ovvero del consulente d’ufficio; che la corte distrettuale ha recepito acriticamente la relazione del c.t.u..

Non merita alcun seguito il preliminare rilievo dei controricorrenti secondo cui “il ricorso è stato notificato da ufficiale giudiziario territorialmente incompetente” (così controricorso, pag. 6).

Invero la nullità della notificazione del ricorso per cassazione eseguita da ufficiale giudiziario incompetente non si estende al ricorso e resta sanata con la costituzione dell’intimato, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3, con effetto ex tunc, senza che possa invocarsi il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, ove tale costituzione sia avvenuta dopo la scadenza del termine per ricorrere (cfr. Cass. sez. lav. 27.5.1996, n. 4870; Cass. 30.8.2011, n. 17804).

Vanno reiterati i rilievi e le argomentazioni tutte di cui all’ordinanza dei 5.10/30.11.2016, segnatamente i rilievi e le argomentazioni che seguono.

Ossia che nelle cause aventi ad oggetto l’impugnazione di un testamento olografo per nullità, in considerazione dell’unità del rapporto dedotto in giudizio, sussiste litisconsorzio necessario anche nei confronti di tutti gli eredi legittimi, in quanto l’eventuale accoglimento della domanda porterebbe alla dichiarazione di invalidità del testamento ed alla conseguente apertura della successione legittima (cfr. Cass. 14.1.2010, n. 474; Cass. 7.3.2016, n. 4452).

Ossia che, a seguito di intervento adesivo volontario, ai sensi dell’art. 105 c.p.c., si configura un litisconsorzio necessario processuale e la causa deve considerarsi inscindibile nei confronti dell’interventore (cfr. Cass. 6.5.2015, n. 9150; Cass. 3.4.2007, n. 8350).

Ossia che non si ha riscontro della presenza in appello di R. e D.F., attrici in prime cure e litisconsorti necessarie.

Ossia che non si ha riscontro della presenza in appello di O. ed D’.El., interventrici in prime cure e parimenti litisconsorti necessarie (contrariamente all’assunto della ricorrente – cfr. osservazioni scritte pag. 3 – l’ordinanza dei 5.10/30.11.2016 fa riferimento anche all’interventrice D’.El.).

Ossia che, quando la sentenza sia stata pronunciata fra più parti in causa inscindibile (cioè fra più parti legate da vincolo di litisconsorzio necessario) o in cause tra loro dipendenti e la parte soccombente o una delle parti soccombenti si sia limitata a proporre appello contro una parte o solo contro le parti vittoriose, non notificando, quindi, l’atto a tutte le parti del precedente giudizio, il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c. (cfr. Cass. 27.7.2001, n. 10297).

Ossia che, nel caso di specie, per un verso, si ha riscontro della notifica dell’atto di appello, che D.G., D.S., F.G., F.C., F.V.E. e D.M. ebbero a proporre, unicamente nei confronti di D.E., per altro verso, non si ha riscontro della pronuncia da parte della corte di appello di Palermo dell’ordine di integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. nei confronti di R. e D.F. e di O. ed D’.El..

Ossia che nel caso di litisconsorzio necessario, “sostanziale” ovvero cosiddetto “processuale”, qualora l’impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullità dell’intero procedimento di secondo grado, rilevabile (anche d’ufficio) in sede di legittimità, con la conseguenza che questa Corte di legittimità è tenuta a rimettere le parti dinanzi al giudice d’appello per un nuovo esame della controversia, previa integrazione del contraddittorio nei confronti della parte pretermessa (cfr. al riguardo Cass. 5.5.2004, n. 8519; cfr. Cass. 17.1.2001, n. 593, secondo cui la non integrità del contraddittorio è rilevabile, anche d’ufficio, in qualsiasi stato e grado del procedimento e, quindi, anche in sede di giudizio di legittimità).

Al contempo non meritano seguito le deduzioni di cui alle osservazioni scritte hic et inde allegate.

In primo luogo la prospettazione della ricorrente secondo cui “la dichiarata disintegrità del contraddittorio non integrato a tempo debito comporta il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado” (così osservazioni scritte della ricorrente, pagg. 3 – 4).

Tanto evidentemente alla luce degli insegnamenti di questa Corte n. 8519/2004 e n. 593/2001 dapprima citati.

In secondo luogo la prospettazione dei controricorrenti secondo cui “deve ritenersi prevalente il diritto alla ragionevole durata del processo, con il conseguente sacrificio del principio del contraddittorio” (così osservazioni scritte dei controrícorrenti, pag. 2).

La necessità che il grado d’appello si celebri a contraddittorio integro è ovviamente imprescindibile, prioritaria e per nulla superflua.

Si badi che il dictum di secondo grado non ha valenza alcuna nei confronti dei litisconsorti necessari, chè non hanno partecipato al grado di appello nè sono stati posti in condizione di prendervi parte.

Di conseguenza per nulla può esser recepita l’affermazione dei controricorrenti secondo cui “dalla mancata partecipazione al giudizio d’appello non è scaturito alcun pregiudizio per i litisconsorti pretermessi, essendosi il giudizio d’appello concluso a loro favore” (così osservazioni scritte dei controricorrenti, pag. 3).

E ben vero neppure può esser condivisa la deduzione dei controricorrenti secondo cui “nel caso di specie è escluso anche un possibile rischio di contrasto tra giudicati” (così osservazioni scritte dei controricorrenti, pag. 5).

Si è anticipato che con sentenza n. 464/2005 il tribunale di Agrigento ebbe a rigettare le domande attoree, cui O. ed D’.El. avevano aderito, e a dichiarare l’autenticità del testamento di D’.Em.. Viceversa, la corte di Palermo, siccome parimenti si è premesso, ha dichiarato la nullità del medesimo atto di ultima volontà.

Va dichiarata dunque la nullità del giudizio di secondo grado celebratosi dinanzi alla corte d’appello di Palermo e va pertanto cassata la sentenza n. 1253 dei 23.9/7.10.2011 che lo ha definito.

Le parti vanno rimesse dinanzi ad altra sezione della corte di appello di Palermo che provvederà previa adozione dei provvedimenti necessari a garantire l’integrità del contraddittorio anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte, pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità del giudizio di secondo grado e conseguentemente cassa la sentenza n. 1253 dei 23.9/7.10.2011 della corte d’appello di Palermo; rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Palermo che provvederà previa adozione dei provvedimenti necessari ai fini dell’integrità del contraddittorio anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 8 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2017

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