Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5340 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 5340 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 18725-2012 proposto da:
CIRAULO GIUSEPPE C.F. CRLGPP65D06A056S, domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI

CASSAZIONE,

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato TOMASELLI ANGELO, giusta delega in atti;
– ricorrente 2014
504

contro

RICCO & RICCO S.A.S. DI RICCO DOVILIO E VENERA & C.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 252/2012 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 03/04/2012 r.g.n. 541/2009;

Data pubblicazione: 07/03/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/02/2014 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 3.4.2012, la Corte di appello di Catania, in parziale accoglimento del
gravame proposto da Ciraulo Giuseppe, condannava la società appellata Ricco & Ricco
s.a.s. al pagamento, in favore del predetto, a titolo di 13° e di t.f.r., della somma di euro
160,00, oltre accessori come per legge sulla sorte capitale annualmente rivalutata, dal
dovuto al soddisfo, rigettando le restanti domande di cui al ricorso introduttivo. Rilevava la
Scalia, atteso l’insanabile contrasto tra i periodi di svolgimento del rapporto di lavoro
indicati nelle lettere raccomandate inviate dall’appellante alla società ed all’INPS del
5.2.2002 e del 1.6.2002 e quelli diversamente indicati in base alla versione dei fatti
contenuta nella prospettazione giudiziale (dal 24 6.2001 al 24.10.2001 e dal 19.12.2001),
versione asseverata dai suddetti testi. Tuttavia, l’inattendibilità delle dette testimonianze
non poteva autorizzare — secondo il giudice del gravame – la conclusione che nessun
rapporto tra le parti vi fosse stato nel limitato periodo dal 19.12.2001 fino al gennaio 2002,
data in cui il ricorrente aveva cessato di lavorare a causa delle lesioni riportate in incidente
stradale, stanti le deposizioni dei testi della società al riguardo. Veniva, poi, respinto il
capo della domanda concernente il dedotto licenziamento orale, non avendo il lavoratore
chiarito quando, da parte di quale soggetto ed in quali circostanze sarebbe stato licenziato
verbalmente. Nell’atto di appello era stato dichiarato che il licenziamento era stato
intimato alla fine del periodo di malattia, ma la dichiarazione era priva di fondamento
secondo la stessa sequenza delle circostanze fattuali, dovendo, piuttosto, ritenersi che, in
conseguenza delle lesioni subite nell’incidente stradale del 25.1.2002, il Ciraulo non si
fosse recato più al lavoro, in quanto, pure avendo comunicato il proprio stato di malattia
con lettera del 16.2.2002 ed il prolungamento della stessa sino al 18.6.2002, con
successiva raccomandata, aveva omesso ogni ulteriore comunicazione circa il
prolungamento della malattia sino al 16.8.2002, sicchè, quanto meno da tale data, il
rapporto doveva ritenersi essersi risolto per l’allontanamento volontario del lavoratore,
qualificabile come dimissioni. Esclusa, pertanto, la spettanza dell’indennità di mancato
preavviso del licenziamento, doveva essere respinta anche la pretesa all’indennità per
ferie e festività soppresse non godute, in difetto di prova del mancato godimento di esse,
come anche per lo straordinario e per trasferte.

Corte territoriale che dovevano ritenersi inattendibili le deposizioni dei testi attorei Bulla e

Per la cassazione di tale decisione ricorre il Ciraulo, affidando l’impugnazione a tre motivi.
La società è rimasta intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il Ciraulo denunzia violazione dell’art. 2110 c. c., con riferimento
all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., rilevando l’erroneità della decisione nella parte in cui ha
30.6.2001, di fronte ad un’ammissione del legale rappresentante della società ed alla
deposizione del teste Bulla, ed imputa la divergenza nella indicazione delle date al fatto
che, durante la degenza in ospedale, aveva delegato i propri genitori ad informarne sia
l’azienda che l’INPS, con inevitabile confusione da parte dei familiari in ordine alle stesse
date, invece esattamente precisate al proprio difensore in sede di instaurazione del
giudizio. Aggiunge che, dai certificati medici prodotti nel giudizio di primo grado, erano
emerse la sussistenza dello stato di malattia e la protrazione di quest’ultima fino al
18.8.2002.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 2 della legge 604/66, con
riferimento all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., richiamando il contenuto di una lettera della
società del 19.5.2003, con la quale quest’ultima, dopo la costituzione in giudizio del
2.5.2003, aveva comunicato al ricorrente ed anche al suo difensore la volontà di
interrompere qualsivoglia rapporto comunque qualificabile che fosse intercorso con il
Ciraulo, lettera ignorata dai giudici del merito. Doveva, pertanto, essere considerata
erronea la decisione di rigetto del motivo di gravame sulla declaratoria di inefficacia del
licenziamento.
Con il terzo motivo, si duole della violazione delle norme di cui all’art. 36, commi 1 e 3,
Cost., dell’art. 2109, comma 2, c. c., dell’art. 2110 c. c. e degli artt. 2116, 2119 e 2120 c.
c., con riferimento all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., osservando che, alla luce della evidenziata
posizione processuale di negazione assoluta del rapporto di lavoro subordinato da parte
della società fin dalla comparsa di costituzione di primo grado, non potevano essere
disattesi i capi della domanda precisati in ricorso, senza violare le norme richiamate in
rubrica, dovendo ritenersi che la società non avesse versato alcunché ai titoli dedotti in
causa.
Il ricorso è infondato.
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escluso la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel periodo dal 3.1.2001 al

Il primo motivo deve essere disatteso per la genericità della doglianza, che tende a
valorizzare circostanze che non trovano riscontro negli atti e nelle risultanze di causa, per
accreditare una versione dei fatti diversa da quella posta a fondamento della decisione
impugnata, senza indicare elementi di per sé giuridicamente rilevanti e determinanti ai fini
di una diversa soluzione della controversia in relazione all’aspetto censurato. Il tentativo di
imputare ad imprecisione dei familiari l’erronea indicazione della durata della degenza a
i dati documentali in coerenza con gli altri elementi processualmente rilevanti al fine di
escludere che lo stato di malattia si fosse protratto oltre la data ritenuta in sentenza. Deve
al riguardo osservarsi che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge
consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento
impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica
necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di
un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è
esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del
giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di
motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a
causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea
applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della
fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la
prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass.
16.7.2010 n. 16698). Ma, come evidenziato, non è ammissibile in sede di legittimità una
censura che investe l’erronea ricostruzione dei fatti contrapponendo alla stessa una sua
diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione, da parte del giudice di legittimità,
degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento
del ricorso non possono, invero, risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze
processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione
della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da
quello dato dal giudice di merito (cfr. Cass. 30.3.2007 n. 7972, Cass. 14.6.2007 n. 13954).
Il secondo motivo è inconferente, posto che il richiamo alla lettera della società del
19.5.2003, successiva alla costituzione in giudizio della stessa, con la quale si ribadiva la
volontà di interrompere qualsivoglia rapporto di lavoro, comunque qualificabile, che fosse
3

seguito di infortunio non è sufficiente a scalfire l’impianto motivazionale, che ha valorizzato

intercorso con il Ciraulo, si fonda su elementi estranei al giudizio ed all’ambito del
contraddittorio tra le parti, che, in relazione alla questione della configurabilità di un
licenziamento, si era sviluppato con riferimento ad una lettera del 27.9.2002, con la quale
il ricorrente aveva affermato essergli stato intimato un licenziamento durante il periodo di
malattia senza comunicazione scritta e senza giusta causa, licenziamento escluso dal
giudice del merito sulla base di una pluralità di ragioni connesse anche alla mancata

Infine, con riguardo al terzo motivo di impugnazione, è sufficiente osservare che la
sentenza non avalla la tesi della resistente di mancanza assoluta del rapporto, ma ritiene
che, in relazione ai periodi di sussistenza dello stesso, limitati rispetto alla prospettazione
del ricorrente, fosse mancata la prova dell’omesso godimento di ferie e riposi. E sul punto
è principio pacifico quello alla cui stregua è il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere
la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie non godute che ha l’onere di
provare l’avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che
l’espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di
effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell’indennità suddetta, mentre
incombe al datore di lavoro l’onere di fornire la prova del relativo pagamento (cfr. Cass.
22.12.2009 n. 26985; Cass. 3.12.2004 n. 22751). Peraltro, risulta irrilevante la circostanza
che il datore di lavoro abbia maggior facilità nel provare l’avvenuta fruizione delle ferie da
parte del lavoratore, posto che l’indennità sostitutiva si configura come emolumento di
natura retributiva, essendo posta in relazione a lavoro prestato con violazione di norme a
tutela del lavoratore e per il quale il lavoratore ha in ogni caso diritto alla retribuzione e,
secondo i criteri generali, l’onere probatorio si ripartisce esclusivamente facendo
riferimento alla posizione processuale, restando rispettivamente a carico di chi vuol far
valere un diritto ovvero di chi ne contesti l’esistenza, la estinzione o la modifica (cfr. Cass.
21.8.2003 n. 12311). Anche in tema di richiesta di pagamento di spettanze economiche
per mancato godimento del riposo compensativo, grava, poi, sul lavoratore l’onere di
provare il fatto costitutivo del proprio diritto, e cioè il mancato godimento della giornata di
riposo (Cass. 5649/2004)..
Conclusivamente, alla stregua di tutte le svolte considerazioni, deve pervenirsi al rigetto
del ricorso.

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comunicazione del prolungamento del periodo di malattia.

Nulla va statuito sulle spese del presente giudizio, essendo la società rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Nulla per spese.
Così deciso in ROMA, in data 11.2.2014

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