Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5338 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/02/2020, (ud. 19/09/2019, dep. 27/02/2020), n.5338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5986-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DI VICENZA SCPA, in persona del Cons. del consigliere

delegato Direttore Generale elettivamente domiciliato in ROMA VIA PO

28, presso lo studio dell’avvocato ATTILIO PELOSI, rappresentato e

difeso dagli avvocati PAOLA LUMINI, LUIGI CARDASCIA, giusta delega

in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1278/2015 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 31/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/09/2019 dal Consigliere Dott. RENATO PERINU;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso per l’accoglimento per quanto

di ragione del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PISANA che ha chiesto

l’accoglimento.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Banca Popolare di Vicenza S.c.p.a., in qualità di successore della Banca Popolare di Castelfranco Veneto, ebbe a presentare opposizione avverso il silenzio rifiuto formatosi su istanza di rimborso relativa all’esercizio 1983, e dichiarato nel 1984, per un credito ILOR di Lire 736.081.000.

2. Una parte di detto credito pari a Lire 189.885.000, venne utilizzata in relazione all’esercizio 1991, in compensazione dell’imposta sostitutiva sulla valutazione degli immobili.

3. In relazione a detta parte di tributo utilizzata in compensazione venne richiesta dalla contribuente la corresponsione ed il rimborso degli interessi maturati dalla data di presentazione della dichiarazione a credito intervenuta nel 1984, fino alla data di compensazione.

4. Sull’opposizione avverso il silenzio-rifiuto intervenuto sulla suddetta istanza, si pronunciava la CTP con declaratoria di cessazione della materia del contendere, a seguito di richiesta dell’Amministrazione Finanziaria che manifestava la volontà di accedere, anche, alla richiesta di rimborso degli interessi.

5. In data 5 luglio e 4 agosto 2005, il suddetto credito venne rimborsato in ragione di Euro 69.172,65.

6. La contribuente ritenendo che su tale provvedimento di rimborso residuasse un credito di Euro 9.432,39, per differenza fra gli interessi effettivamente maturati e quelli rimborsati, oltre alla somma di Euro 49.549,39, per ulteriori interessi moratori maturati dal 1/06/1993, propose ricorso, che la CTP accolse con sentenza n. 48/02/2014; decisione, infine, confermata dalla CTR con sentenza n. 1278/19/15, depositata il 31/07/2015.

7. Avverso tale, ultima, decisione ricorre l’Agenzia delle Entrate affidandosi a sette motivi; la Banca Popolare di Vicenza S.c.p.a., regolarmente intimata, resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso viene denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2946,2948,1988 e 1230 c.c., per avere la CTR ritenuto che il rimborso richiesto dalla contribuente fosse sottoposto al termine di prescrizione decennale, in luogo di quello quinquennale.

2. Con il secondo motivo viene denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, per avere la CTR errato nel ritenere che la restituzione degli interessi, oggetto dell’istanza di rimborso, costituisca obbligazione avente natura di prestazione unitaria.

3. Con il terzo motivo l’Ufficio lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 115 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, per avere la CTR errato nel ritenere che, il provvedimento (implicito) di determinazione del credito spettante alla contribuente, con il quale veniva denegato ogni ulteriore diritto al rimborso, non costituisse per la società, provvedimento da impugnare entro i sessanta giorni dalla sua conoscenza, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21.

4. Con il quarto motivo viene dedotta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, per avere il giudice di secondo grado individuato il termine di decorrenza degli interessi, attraverso una motivazione apodittica, e meramente apparente.

5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44 e dell’art. 2697 c.c., per avere la CTR errato nel determinare il termine di decorrenza degli interessi.

6. Con il sesto motivo l’Ufficio lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, art. 25, per avere la CTR errato nel fissare il “dies ad quem” degli interessi al 31/5/93 e non al 22/6/92.

7. Con il settimo motivo viene dedotta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, per avere la CTR ritenuto che l’eccezione di prescrizione degli interessi anatocistici, dovesse considerarsi inammissibile in quanto eccezione nuova non proposta in primo grado.

8. Va data precedenza, per ragioni di ordine logico, alla disamina del terzo motivo di gravame, che s’appalesa infondato e per alcuni versi inammissibile, alla stregua di quanto di seguito esposto.

9. Il Collegio condivide, infatti, quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di rimborso parziale e del termine per l’impugnativa del relativo provvedimento emesso dall’Amministrazione.

10. Al riguardo è stato ribadito (Cass. n. 12382/04) che, il provvedimento di accoglimento parziale di una istanza di rimborso non implica, necessariamente, un provvedimento di rigetto per la parte non accolta, in quanto il “silenzio-rifiuto parziale”, a differenza del “silenzio-rifiuto totale” presuppone l’esistenza di un provvedimento positivo (benchè parziale), il cui contenuto deve essere, pertanto, necessariamente interpretato, posto che il suo contenuto, per la parte non accolta, potrebbe non avere natura reiettiva ma, solo interlocutoria (come, ad esempio nell’ipotesi di carenza documentale); di conseguenza non ha pregio l’assunto della parte ricorrente, secondo la quale il “silenzio parziale” costituirebbe rigetto “ex se” della istanza nella parte in cui la stessa non è stata espressamente accolta.

11. Sotto altro profilo le censure prospettate dalla parte ricorrente presentano, evidenti, profili di inammissibilità.

12. Infatti, va evidenziato, come, l’interpretazione sulla valenza ed i limiti dell’istanza di rimborso, rientri nell’ambito di valutazione di merito, non sottoponibile nel giudizio di legittimità, se non sotto i profili della macroscopica illogicità, della mancanza o di apparenza della motivazione; tutti aspetti non rilevabili nell’assetto argomentativo della pronuncia in disamina.

13. Il primo ed il secondo motivo che vengono esaminati congiuntamente, in quanto connessi, avendo ad oggetto, entrambi, il termine di prescrizione applicabile alla domanda di rimborso degli interessi, s’appalesano, invece, fondati.

14. Il Collegio ritiene, infatti, di dover dare continuità sul punto ad una giurisprudenza consolidata (Cass. n. 17020/2014 – Cass. n. 24295/2019) secondo la quale, anche in materia tributaria l’obbligazione relativa agli interessi è legata da un vincolo di accessorietà all’obbligazione principale solo nel momento genetico, ma una volta sorta, è autonoma, sicchè le relative vicende rimangono indipendenti dal debito per l’imposta. Pertanto, il debito (nella specie, dell’Amministrazione finanziaria) inerente gli interessi già maturati, integra un’obbligazione autonoma rispetto al debito principale, soggiacendo, quindi, alla prescrizione quinquennale fissata dall’art. 2948 c.c., n. 4.

15. Alla luce di quanto dianzi affermato, risultano fondate le doglianze prospettate dalla ricorrente, atteso che gli interessi richiesti dalla contribuente risultano assoggettati al termine di prescrizione quinquennale, e non a quello decennale acclarato nella sentenza impugnata.

16. Il quarto, il quinto, il sesto ed il settimo motivo sono assorbiti da quanto divisato nei motivi che precedono.

17. Va, innanzitutto, divisato il sesto motivo inerente, direttamente, il “dies ad quem” della decorrenza degli interessi.

18. Per quanto precede il ricorso in epigrafe va accolto, con cassazione della sentenza impugnata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto, va deciso nel merito con il rigetto dell’originaria domanda presentata dal contribuente; le spese del giudizio liquidate come da dispositivo seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda del contribuente; condanna quest’ultimo al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3700,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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