Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5333 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 5333 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

P

SENTENZA

sul ricorso 9321-2009 proposto da:
I.N.P.S. – ITITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
2014
290

RICCIO ALESSANDRO,PULLI CLEMENTINA, VALENTE NICOLA,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

contro

BARBIERI MARIA C.F. BRBMRA49P55F6423, elettivamente

Data pubblicazione: 07/03/2014

domiciliato in ROMA, VIA A. DEPRETIS

86,

presso lo

studio dell’avvocato CAVASOLA PIETRO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato IOTTI
GIGLIOLA, giusta delega in atti;
– controricorrente
388/2008

della CORTE D’APPELLO

di BOLOGNA, depositata il 15/09/2008 r.g.n. 1093/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/01/2014 dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PAGETTA;
udito l’Avvocato PREDEN SERGIO per delega verbale
VALENTE NICOLA;
udito l’Avvocato IOTTI GIGLIOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n.

Fatto e diritto
Maria Barbieri, premesso di avere lavorato alle dipendenze di LAPAM (poi denominata
FEDERIMPRESA) dal 20 aprile 1986 al 31 marzo 2001 e di essersi dimessa con
preavviso in data 6 novembre 2000 a causa di erronee informazioni fornitele dall’INPS
in ordine ai contributi accreditati, adiva il giudice del lavoro chiedendo la condanna

comunicazione in merito alla propria posizione contributiva, quantificando lo stesso
nella misura delle pensioni perdute dal 1.4.2001, fino al momento di maturazione del
diritto al trattamento pensionistico o in altra di giustizia, nonché alla somma
corrispondente ai contributi volontari necessari per il raggiungimento del minimo
contributivo utile per l’accesso alla pensione.
Il Tribunale respingeva la domanda. La decisione era riformata dalla Corte di appello di
Bologna che in accoglimento dell’impugnazione proposta dalla Barbieri condannava
l’INPS al risarcimento del danno che liquidava in misura corrispondente alle retribuzioni
perdute dall’assicurata nel periodo dal 1 aprile 2001 al 31 dicembre 2006 (epoca del
conseguimento della pensione) e alle somme versate a titolo di contribuzione volontaria
per l’acquisizione del diritto a pensione, oltre accessori. Premetteva la Corte territoriale,
in adesione a consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, che la
responsabilità dell’Istituto previdenzia15,aveva natura contrattuale in quanto scaturente
dalla inosservanza del generale obbligo 1 gravante sull’istituto previdenziale ex art. 54
legge n. 88 del 1989, di informare l’interessato sulla sua posizione assicurativa e
pensionistica; rilevava quindi che il risarcimento del danno al lavoratore indotto alle
dimissioni da colpevole comportamento dell’INPS andava commisurato alle retribuzioni
perdute fra la data della cessazione del rapporto di lavoro e quella dell’effettivo
conseguimento della detta pensione, in forza del completamento del periodo di
contribuzione a tal fine necessario, ottenuto col versamento di contributi volontari, da
sommarsi a quelli obbligatori anteriormente accreditati.; riteneva pertanto l’errore del

giudice di primo grado che aveva escluso il ricorrere del pregiudizio per perdita del
trattamento pensionistico non avendo la assicurata, all’epoca delle dimissioni, maturato il
l

dell’istituto previdenziale nazionale al risarcimento del danno derivato dall’erronea

diritto al detto trattamento in base alla contribuzione effettivamente versata e
accreditata in suo favore; osservava infatti che il pregiudizio lamentato conseguiva alla
interruzione del versamento dei contributi per effetto dalla cessazione del rapporto di
lavoro determinata dall’incolpevole affidamento dell’assicurata sulle erronee
comunicazioni dell’INPS e che il riferimento, nelle conclusioni del ricorso di primo
grado, alle pensioni perdute a decorrere dalla data di cessazione del rapporto, costituiva

aveva comunque formulato richiesta di liquidazione dello stesso “nella diversa maggiore
o minore somma che risulterà equa o comunque dovuta in corso di causa”.
Tanto premesso il giudice di appello riteneva sussistente il colpevole comportamento
dell’Istituto previdenziale per avere l’INPS, nel maggio 1993, rilasciato alla Barbieri un
estratto conto dal quale risultavano accreditati n. 223 contributi settimanali nella
gestione speciale dei CD/CM in relazione al periodo 1 settembre 1963/31 dicembre
1967, per avere accolto, nel giugno 1996, la domanda di ricongiunzione dei contributi
speciali ricevendo il pagamento a tale titolo della somma di

34.672.049, per avere

successivamente confermato, in esito a domanda di pensione della lavoratrice, l’esistenza
di ben 1712 contributi maturati ed accreditati dal periodo ricongiunto ( 1963-1967) al 31
dicembre 1998, per avere quindi accolto un ulteriore domanda di ricongiunzione per
otto settimane ( periodo dal 1.4.1974 al 31.5.1975) ricevendo il pagamento del relativo
onere economico; solo con comunicazione del novembre /dicembre 2000, successiva
alla presentazione delle dimissioni da parte della lavoratrice, l’istituto aveva rappresentato
all’interessata che 1 a seguito di più approfondite ricerche, la contribuzione relativa al
periodo 1963/1967 non poteva essere riconosciuta in quanto riferibile ad attività
lavorativa svolta da altra assicurata, omonima. Secondo la Corte i ripetuti errori di
informazione dell’INPS ed in particolare l’accoglimento della domanda di ricongiunzione
presentata dalla Barbieri nel novembre 1993, denotavano una gravissima negligenza
dell’istituto idonea a generare nell’assicurata il convincimento della esistenza del requisito
contributivo della pensione a partire dall’aprile 2001 e, soprattutto, la riferibilità alla
Barbieri della contribuzione agricola versata tra il settembre 1963 e il dicembre 1967. Era
rimasto indimostrato l’assunto dell’INPS secondo il quale la Barbieri poteva agevolmente
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un criterio meramente indicativo per la liquidazione del danno atteso che la ricorrente

riconoscere l’errore relativo all’accredito di contributi in tale periodo in quanto dalla
risultanze in atti ed in particolare dalle deposizioni dei testi escussi in secondo grado
emergeva che l’assicurata aveva effettivamente contribuito negli anni sessanta con la
propria attività manuale al lavoro agricolo svolto dal padre e dal fratello sul fondo di
proprietà del parroco, per cui, “in perfetta buona fede”, poteva avere ritenuto che la
contribuzione agricola accreditata in suo favore nella gestione speciale fosse stata versata

dimostrato che le erronee comunicazioni erano dipese da fatti ad esso non imputabili o,
comunque, di avere assolto al proprio obbligo in modo diligente e corretto sia perché
l’errore di comunicazione era stato ripetuto per ben tre vol e sia perché, quanto meno al
momento della domanda di ricongiunzione, era in possesso di tutti gli elementi
anagrafici sufficienti per distinguere le posizioni assicurative delle due lavoratrici
omonime. Nessun dubbio poteva sussistere in ordine alla circostanza che le dimissioni,
rassegnate il 6 novembre 2000, erano da porre in nesso causale con la condotta
dell’INPS, come dimostrato dalla coincidenza cronologica della immediata
presentazione, il 7.12.2000, della domanda di pensione di anzianità . Il risarcimento del
danno andava commisurato alle retribuzioni perdute fino all’accesso alla pensione di
anzianità ed alle somme versate a titolo di contribuzione volontaria per l’acquisizione del
diritto a pensione.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INPS sulla base di due motivi . La
Barbieri ha depositato controricorso con il quale ha, tra l’altro, eccepito la
inammissibilità del ricorso in quanto tardivo.
Con il primo motivo di ricorso l’INPS deduce violazione e falsa applicazione degli artt.
1218 e 2043 cod. civ. e dell’art. 54 L. n. 88 del 1989; sostiene che i al momento in cui la
Barbieri aveva appreso dall’INPS che i contributi accreditati non erano sufficienti, era
ancora in corso il rapporto di lavoro e che pertanto se lo stesso fosse stato proseguito
non si sarebbe prodotto il danno. Assume la insussistenza del nesso causale tra la
condotta dell’INPS e il pregiudizio lamentato sul rilievo che esso istituto previdenziale
non aveva mai comunicato all’interessata il raggiungimento dei requisiti previsti per la
pensione di anzianità né mai rilasciato una comunicazione ufficiale della contribuzione
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in corrispondenza del lavoro agricolo svolto in quegli anni. L’INPS non aveva

accreditata. Rappresenta che in occasione nella lettera in data 30.9.1998 i con la quale era
respinta una domanda ricognitiva della pensione di anzianità presentata dalla Barbieri,
sulla copia dell’assicurata erano stati apposti, apocrifamente, il numero dei contributi
accreditati ed il periodo di riferimento, dati non rinvenibili nell’originale dell’Istituto ; in
base a tale rilievo sostiene che tale aggiunta successiva non ha valore certificativo
Con il secondo motivo deduce, in subordine, violazione e falsa applicazione dell’art. .

dell’INPS e il pregiudizio sofferto dalla assicurata, sul rilievo che lo stesso doveva
ritenersi interrotto per effetto della condotta volontaria della lavoratrice che aveva
rassegnato le proprie dimissioni.
Preliminarmente deve essere esaminata la eccezione di tardività del ricorso per
cassazione formulata dalla controricorrente . Sostiene, infatti, la Barbieri che il termine
breve di sessanta giorni ex art. 325, comma secondo, cod. proc. civ. per la proposizione
del ricorso per cassazione doveva essere calcolato a decorrere dalla notifica della
sentenza di appello avvenuta in data 14 ottobre 2008 e non da quella, in data 5
febbraio 2009, successivamente effettuata ed assunta come riferimento da parte
dell’Istituto previdenziale, rispetto alla quale il ricorso per cassazione risulta senz’altro
tempestivo ( risalendo la richiesta di notifica al 6 aprile 2009). Chiarisce che la ragione
della doppia notifica nasceva da mero “scrupolo difensivo” scaturito dal fatto che nella
relata relativa alla notifica effettuata per prima non erano indicati i difensori dell’INPS
costituiti in appello. L’eccezione è infondata. Si premette che ai fini del decorso del
termine breve per impugnare di cui all’art. 325 cod. proc. civ. , si richiede che la notifica
della sentenza sia effettuata ai sensi dell’art. 170 comma primo cod. proc. civ. e cioè al
procuratore costituito. La notifica della sentenza effettuata in data 14 ottobre 2008 non
risponde a tale requisito 1 4(p~ in quanto effettuata all’INPS in persona del legale
rappresentante p.t. e non ai procuratori costituiti in secondo grado.
Tanto premesso, in relazione al primo motivo di ricorso si rileva che il riassunto del
fatto processuale è svolto in termini estremamente sintetici ed, in violazione del principio
di autosufficienza, non specifica le deduzioni svolte nelle precedenti fasi di merito in
relazione alle questioni la cui decisione è investita da censura ed, in particolare, in
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1227 cod. civ., contestando la ritenuta sussistenza del nesso causale tra la condotta

relazione alla vicenda della annotazione, asseritamente apocrifa, apposta sulla copia in
possesso dell’interessata, della comunicazione INPS in data 30.9. 1998 ed alla possibilità
della Barbieri di continuare nell’attività lavorativa, una volta appreso dall’istituto
previdenziale che i contributi accreditati non le consentivano l’accesso alla pensione di
anzianità alla data prevista di cessazione del rapporto di lavoro. In assenza pertanto di

circostanze, rilevato altresì che in violazione del disposto dell’art. 366 cod. proc. civ. il
L Cov a i/401Adocumento in questio~ e s ato ripro otto ne corpo del ricorso, le censure a
riguardo svolte dall’istituto previdenziale risultano inidonee a validamente censurare il

decisum del giudice di appello sia in relazione alla valutazione di colpevolezza scaturente
dalla complessiva condotta dell’INPS ed alla sua idoneità ad indurre in errore l’assicurata,
sia in ordine alla possibilità per la Barbieri di recedere dalla dimissioni continuando a
prestare la propria attività lavorativa. Può soggiungersi, con riferimento alla deduzione
dell’istituto circa il difetto delle condizioni prescritte per l’insorgere della responsabilità
contrattuale di cui all’art. 54 L. n. 88 del 1989 – richiesta dell’interessata formulata per
specifici fini pensionistici e relativa comunicazione ufficiale dei contributi accreditati che in assenza di idonea censura in ordine alla questione attinente alle annotazioni
i
apposte sulla copia in possesso della assicurata, la comunicazione del settembre 1998
inviata dall’INPS, su richiesta a fini pensionistici formulata dall’assicurata, recante un
numero di contributi accreditati pari a 17)2, ritenuta valida dal giudice di appello, è
idonea a determinare nell’INPS l’ obbligo alla corretta certificazione della posizione
contributiva e pensionistica ai sensi dell’art. 54 L. n. 88 del 1989 . In ogni caso è da
ritenere, in sintonia con recenti affermazioni di questa Corte di legittimità, che le
condizioni di responsabilità dell’istituto previdenziale non scaturiscono solo dalla
violazione dell’obbligo di cui all’art. 54 L. n. 88 cit. ma possono essere positivamente
accertate sulla base di una serie di comportamenti negligenti dell’ente previdenziale,
idonei ad indurre in errore l’assicurato, configuranti violazione del più generale obbligo
legale gravante su enti pubblici dotati di poteri di indagine e certificazione, anche per il
tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede (applicabili alla stregua dei
principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.), di non frustrare la
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adeguata ricostruzione delle deduzioni svolte nelle fasi di merito con riferimento a tali

fiducia di soggetti titolari di interessi al conseguimento di beni essenziali della vita (quali
quelli garantiti dall’art. 38 Cost.), fornendo informazioni errate o anche dichiaratamente
approssimative, pur se contenute in documenti privi di valore certificativo.( Cass. n.
21454 del 2013 ) .
Il secondo motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione dell’art. 1227
cod. civ., deduce la erroneità della sentenza impugnata per non avere considerato

di rassegnare le proprie dimissioni “senza neppure avere l’accortezza e la diligenza di
effettuare o far effettuare il conteggio dei contributi utili per la pensione” . La censura, al
di là della formale enunciazione come violazione di legge, deduce in realtà il vizio di
motivazione della decisione per avere escluso la interruzione del nesso di causalità in
conseguenza delle dimissioni rassegnate dalla lavoratrice. La censura è inammissibile in
quanto intesa a sollecitare un nuovo apprezzamento di fatto delle circostanze di causa
senza individuare alcuna illogicità o incongruenza della sentenza impugnata nella
ricostruzione delle condizioni di responsabilità dell’istituto previdenziale. In particolare
non viene in alcun modo investito il criterio utilizzato dal giudice di appello nello
stabilire il nesso tra la condotta dell’INPS e le dimissioni della lavoratrice ancorato dal
dato cronologico della immediata presentazione, dopo le dimissioni, della à domanda
di pensione di anzianità.
Consegue il rigetto del ricorso. Gli alterni esiti del giudizio di merito e la particolarità
della vicenda che ha alla base una questione di omonimia fra persone entrambe
assicurate, giustifica la integrale compensazione delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Roma, 28 gennaio 2014

Il Consigliere est.

Il Piesidente

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l’effetto interruttivo del nesso causale scaturito dalla decisione volontaria della lavoratrice

Il Funzionario Giudiziario

Dott.ssa Donate’

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