Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5330 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/02/2020, (ud. 21/02/2019, dep. 27/02/2020), n.5330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 11357/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona dei curatori

fallimentari, elettivamente domiciliata in Roma, via Giambattista

Vico n. 22, presso lo studio dell’Avv. Alessandro Fruscione,

rappresentata e difesa dall’Avv. Marco Turci che la rappresenta e

difende giusta procura a margine del controricorso

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 15/35/12 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 23 gennaio 2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21

febbraio 2019 dal Consigliere Dott. MUCCI ROBERTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

TASSONE KATE, che ha concluso per l’accoglimento del primo e secondo

motivo di ricorso, assorbito il terzo;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato dello Stato PAOLO GENTILI;

udito, per la controricorrente, l’Avv. ALESSANDRO FRUSCIONE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La CTR della Lombardia ha accolto il gravame interposto dal fallimento (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione avverso la sentenza della CTP di Pavia di rigetto del ricorso proposto da (OMISSIS) s.p.a., società operante nel settore della produzione industriale e commercializzazione del riso, contro l’avviso di accertamento n. 1155 del 16 febbraio 2009 per dazi e IVA all’importazione evasi.

L’avviso predetto era stato emesso all’esito di un’indagine amministrativa successiva al rilascio, nel 2006, da parte dell’ufficio delle Dogane di Pavia, di 18 autorizzazioni al regime di cd. perfezionamento attivo in favore della società per la lavorazione di varie qualità di riso o prodotti secondari, temporaneamente importati da Paesi terzi ed in vista della successiva riesportazione; delle 18 autorizzazioni, 13 riguardavano “manipolazioni usuali” del riso e 5 “lavorazioni/trasformazioni” dello stesso. A seguito di un esposto dell’Associazione industrie risiere italiane (A.I.R.I.) e dell’Ente Nazionale Risi, intervenuto I’OLAF e attivate le procedure di mutua assistenza con le autorità libanesi e turche, l’ufficio delle Dogane di Pavia, previa effettuazione nel 2007 di un controllo a posteriori da cui era emersa l’irregolarità di 12 (8 rilasciate per “manipolazioni usuali” e 4 per “lavorazioni/trasformazioni”) delle suddette 18 autorizzazioni e inoltro di una comunicazione di notizia di reato alla competente Procura della Repubblica per contrabbando aggravato, falso e truffa a carico del rappresentante legale e della società, aveva emesso l’avviso di accertamento.

2. Ha ritenuto la CTR che: a) la società aveva riesportato esattamente il quantitativo importato, sicchè nessuna irregolarità era ravvisabile, essendo rimaste invariate tipologia e qualità intrinseca del prodotto ed essendo nota la provenienza di tutto il riso importato; b) apodittica e immotivata era la preferenza accordata dall’ufficio ai controlli incrociati operati in un secondo tempo con le autorità doganali straniere, rispetto alle verifiche inizialmente effettuate dall’ufficio con autonomi prelievi ed analisi, essendo tali iniziali verifiche le uniche rispetto alle quali la società avrebbe potuto efficacemente controdedurre, non potendo essa restare indefinitamente sottoposta a successive diverse valutazioni degli organi di controllo; c) non aveva fondamento l’ipotesi di un margine di utile illecito, denunciato nell’esposto dell’Ente Nazionale Risi (secondo la CTR tale ente “come è intuitivo, è portatore di interessi propri”: p. 2 della sentenza), essendo rimasto inalterato il saldo tra il prodotto ceduto dalla società e quello rimasto in magazzino una volta effettuate le lavorazioni.

3. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Dogane affidato a tre motivi, ulteriormente illustrati con memoria (nella quale si dà atto, tra l’altro, del parziale sgravio del ruolo a seguito di parziale riscossione effettuata nei confronti del presidente della società, obbligato in solido), cui replica il fallimento con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. La controversia attiene all’introduzione in Italia, da parte di (OMISSIS) s.p.a., fallita nelle more del giudizio di merito, di riso proveniente da Paesi extracomunitari (Libano e Turchia) in regime di cd. perfezionamento attivo con sospensione daziaria durante la lavorazione (consistita in operazioni di perfezionamento, con restituzione del medesimo prodotto dopo la lavorazione, ovvero in operazioni di trasformazione, con restituzione di un prodotto equivalente) ai fini della successiva riesportazione.

In generale, come chiarito da Sez. 5, 27 febbraio 2013, n. 4918, nel regime di traffico per cd. perfezionamento attivo (artt. 114 e s.s. CDC) le merci di origine extracomunitaria sono importate in esenzione di dazio (rectius: in regime di sospensione dei diritti doganali) per essere lavorate nei Paesi comunitari e poi riesportate fuori dal territorio doganale comunitario sotto forma di prodotti compensatori, tali essendo tutti i prodotti ottenuti da operazioni di perfezionamento (art. 114, comma 2, lett. d), CDC) quali trasformazione, lavorazione, assemblaggio e altro. Il sistema è esteso all’esportazione per equivalente, ossia è consentita l’esportazione anticipata di un prodotto, ritenuto equivalente, prima dell’importazione della corrispondente merce da vincolare a tale regime, mediante la cd. autorizzazione al perfezionamento attivo ex art. 115, lett. b), CDC, sicchè le merci comunitarie equivalenti sono assimilate a quelle non comunitarie e le merci importate a reintegro divengono comunitarie all’atto dell’accettazione della dichiarazione d’importazione. Nel regime di perfezionamento attivo l’esenzione del dazio è conseguita purchè i prodotti compensatori ottenuti siano esportati verso un Paese terzo, le merci importate possano essere individuate nei prodotti compensatori, non siano lesi gli interessi dei produttori comunitari e gli operatori siano stabiliti nella Comunità. Dopo il perfezionamento, le merci non scontano alcuna fiscalità, essendo destinate, per definizione, a essere riesportate verso Paesi extracomunitari ed essendo l’importazione temporanea scaricata mediante un conto di appuramento (art. 521 DAC). Il sistema della sospensione è soggetto ad autorizzazione e dà luogo alla sospensione della riscossione dei dazi e dell’IVA all’importazione finchè non siano esportati i prodotti compensatori e, per non interrompere la produzione di questi ultimi, non è possibile sostituire le merci d’importazione con merci comunitarie secondo il sistema della compensazione per equivalente. Ne consegue che nessun diritto è dovuto se l’operazione si conclude fisiologicamente con la riesportazione dei prodotti compensatori verso Paesi extracomunitari; se, invece, per le merci vincolate al regime della sospensione, esso sia appurato con una immissione in libera pratica nel Paese di vincolo, sorge l’obbligazione doganale e sono dovuti i dazi sospesi.

5. Tanto richiamato, con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Dogane denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 84-90 e 114-123 del codice doganale comunitario (CDC: reg. n. 2913/92/CEE del 12 ottobre 1992), nonchè degli artt. 496-523 e 536-550 delle disposizioni di attuazione del detto codice (DAC: reg. n. 2454/93/CEE del 2 luglio 1993). Secondo la ricorrente, erroneamente la CTR avrebbe valorizzato il solo elemento dell’identità della quantità della merce riesportata rispetto a quella importata per la lavorazione, senza considerare gli altri elementi richiesti per la regolarità del regime di perfezionamento attivo; in particolare, per 8 autorizzazioni, rilasciate per lo svolgimento di “manipolazioni usuali” (art. 531 DAC e all. 72 DAC), ossia di operazioni di semplice pulitura non comportanti la modifica della nomenclatura combinata NC, doveva essere riesportato lo stesso riso temporaneamente importato con “scarico per identità”; per le altre 4 autorizzazioni, relative alle “rotture di riso”, non risultava riesportata la percentuale del 15 per cento delle stesse (che rimanevano in territorio doganale comunitario senza pagamento dei dazi all’importazione), non trattandosi di “merci equivalenti” poichè non aventi lo stesso codice a 8 cifre NC 1006 4000 (corrispondente alle “rotture di riso”), bensì la diversa classificazione NC 1006 3000 (“riso semilavorato o lavorato, anche lucidato brillato”) (art. 541 DAC; all. 74 DAC).

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, artt. 8 e 11, nonchè delle norme comunitarie (Trattato istitutivo della CEE, art. 300) ed internazionali (accordo di associazione tra la Comunità e il Libano e decisione del Consiglio di associazione Comunità-Turchia) in materia di cooperazione amministrativa: erroneamente la CTR avrebbe svalutato gli esiti della vigilanza doganale in regime di mutua assistenza con le autorità doganali dei Paesi di provenienza della merce e le risultanze delle indagini OLAF.

Con il terzo motivo l’Agenzia ricorrente riprende in sostanza le argomentazioni di cui ai precedenti mezzi sviluppandole sotto il diverso profilo dell’insufficiente motivazione circa il fatto controverso costituito dalla qualità di riso esportato in Libano e Turchia per l’appuramento del regime di perfezionamento attivo in relazione delle lavorazioni effettivamente compiute.

6. Preliminarmente, è manifestamente priva di pregio l’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata dal fallimento allegando il difetto di autosufficienza e la violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Al contrario di quanto sostenuto da parte controricorrente, il ricorso risulta infatti correttamente confezionato e documentato ai fini della comprensione delle doglianze, mercè allegazione dei fatti salienti e riproduzione dei documenti rilevanti.

7. Il primo motivo di ricorso è fondato.

7.1. L’art. 531 DAC dispone che “Le merci non comunitarie possono essere sottoposte alle manipolazioni usuali elencate nell’allegato 72”. L’allegato 72 al DAC prevede a sua volta che “Salvo specificazione diversa, nessuna delle seguenti manipolazioni può dar luogo a un cambiamento del codice di otto cifre della NC”; tra le operazioni in questione l’allegato 72 include le “operazioni semplici di pulitura”.

Inoltre, l’art. 541 DAC dispone, tra l’altro, che “L’autorizzazione precisa se e a quali condizioni le merci equivalenti ai sensi dell’art. 114, paragrafo 2, lett. e), del codice, che rientrano nello stesso codice a otto cifre della nomenclatura combinata e presentano le stesse qualità commerciali e le stesse caratteristiche tecniche delle merci d’importazione, possono essere utilizzate per le operazioni di perfezionamento”. Il corrispondente allegato 74 al DAC (“Disposizioni speciali riguardanti le merci equivalenti”) prevede che “I risi di cui al codice NC 1006 non possono essere considerati merci equivalenti, a meno che non rientrino nello stesso codice di otto cifre della nomenclatura combinata. (…) La compensazione per equivalenza è vietata quando le operazioni di perfezionamento attivo concernono le “manipolazioni usuali” elencate nell’allegato 72 del presente regolamento”.

7.2. Orbene, da tale quadro normativo di dettaglio, specificativo delle previsioni generali del codice doganale comunitario, risulta evidente che la CTR, riferendosi al solo dato della quantità di merce riesportata, ha offerto una motivazione meramente cursoria omettendo del tutto di considerare l’identità qualitativa ovvero l’equivalenza (quest’ultima nei predetti limiti normativamente fissati) – emergente dal codice a 8 cifre NC – che deve necessariamente caratterizzare, ai sensi degli allegati 72 e 74, le manipolazioni usuali e le trasformazioni/lavorazioni (in quest’ultimo caso senza nemmeno considerare le giacenze di “rotture di riso” senza pagamento del dazio, denunciate dall’ufficio come non riesportate in violazione dei tassi di rendimento) ammesse ai fini del regime del perfezionamento attivo, come più sopra richiamato nei suoi tratti essenziali, e delle conseguenti agevolazioni che lo caratterizzano.

7.3. Le contrarie deduzioni del fallimento non possono essere condivise.

Non ha pregio quella concernente il preteso carattere parziale della censura che, secondo parte controricorrente, non attaccherebbe la ratio decidendi alternativa fondata sull’esito degli accertamenti (iniziali) eseguiti sul riso al momento dell’esportazione: in disparte il fatto che tale ratio è oggetto delle successive doglianze e che la CTR non pone affatto a fondamento della decisione “l’incontrovertibile esito” (p. 28 del controricorso) di detti accertamenti (limitandosi invece a svalutare la revisione dell’accertamento, ma così obliterando del tutto – come si dirà – i principi in tema di valore probatorio della mutua assistenza tra autorità doganali e delle risultanze delle indagini OLAF), la censura investe integralmente la frazione della motivazione (debitamente riportata in ricorso) che sottende l’interpretazione delle norme comunitarie regolatrici del sistema del perfezionamento attivo.

Nemmeno ha pregio l’altra deduzione del fallimento che, senza contestare specificamente le emergenze dell’istruttoria effettuata a posteriori relativamente alle 12 autorizzazioni alla riesportazione oggetto del contendere (come riepilogate alle pp. 5-13 del ricorso), taccia di infondatezza il mezzo ora in esame limitandosi a richiamare l’esito positivo dei primi accertamenti.

8. Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.

8.1. Come poc’anzi accennato, e al contrario di quanto sostenuto da parte controricorrente – la quale, nel replicare alla censura in esame, spende argomenti che in larga parte finiscono per attingere inammissibilmente la valutazione delle prove -, la CTR ha all’evidenza del tutto sottovalutato gli esiti della mutua assistenza tra autorità doganali e delle indagini OLAF, affidandosi ad affermazioni affatto fuori fuoco – quando non del tutto erronee – quali, tra le altre: la “non controllabilità” degli esiti della mutua assistenza; il carattere sostanzialmente “preclusivo” dei primi accertamenti effettuati dall’ufficio; l’intervento “non neutrale” dell’Ente Nazionale Risi (che, deve rammentarsi, è ente pubblico economico istituito con R.D.L. 2 ottobre 1931, n. 1237, vigilato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, avente compiti di controllo del prodotto commercializzato ai sensi del D.Lgs. 4 agosto 2017, n. 131).

8.2. Ciò posto, e come del resto evidenziato dall’Agenzia ricorrente in memoria, l’art. 10, paragrafo 3, del Protocollo n. 5 (relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale) allegato all'”Accordo Euro-mediterraneo che istituisce un’associazione tra la Comunità Europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica libanese, dall’altra” del 2006 e l’art. 11 dell’allegato 7 (relativo all’assistenza reciproca tra le autorità amministrative nel settore doganale) della “Decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione CE-Turchia del 22 dicembre 1995 relativa all’attuazione della fase finale dell’unione doganale (96/142/CE)” consentono la piena utilizzabilità come prova delle informazioni ottenute e dei documenti consultati nelle procedure di mutua assistenza tra autorità doganali.

Più in generale, poi, è appena il caso di rammentare che “In tema di tributi doganali, gli accertamenti compiuti dagli organi esecutivi dell’OLAF ai sensi del Regolamento (CE) del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1073 del 1999 hanno piena valenza probatoria nei procedimenti amministrativi e giudiziari, spettando al contribuente che ne contesti il fondamento fornire la prova contraria” (Sez. 5, 21 aprile 2017, n. 10118, e molte altre: analogamente, per Sez. 5, 6 luglio 2016, n. 13770, “In tema di tributi doganali, gli accertamenti compiuti dagli organi comunitari, anche se “a posteriori”, hanno piena valenza probatoria nei procedimenti amministrativi e giudiziari e, quindi, possono essere posti a fondamento dell’avviso di accertamento per il recupero dei dazi sui quali siano state riconosciute esenzioni o riduzioni, spettando al contribuente che ne contesti il fondamento fornire la prova contraria in ordine alla sussistenza delle condizioni del regime agevolativo”; conf. Sez. 5, 2 marzo 2009, n. 4997).

8.3. In definitiva, le affermazioni della CTR in punto di valore probatorio delle risultanze ora in discorso non hanno base positiva e non si confrontano con i suesposti consolidati principi.

9. Dall’accoglimento dei primi due mezzi consegue l’assorbimento del terzo.

10. Mette conto osservare che la riproposizione, da parte del fallimento, “delle difese e dei motivi di impugnazione rimasti assorbiti” (p. 68 ss. del controricorso) non può concretare un’impugnazione incidentale e non può avere ingresso nel presente grado di giudizio.

11. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR della Lombardia che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame attenendosi ai richiamati principi e provvedendo anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 21 febbraio 2019.

Depositato in cancelleria il 27 febbraio 2020

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